E procediamo con la pubblicità ai pezzi del racconto “Dark Agony”. Questa volta è il turno di Laura Randazzo, che ha scritto l’undicesimo pezzo, tutto da leggere su “Passione Lettura”.
http://www.passionelettura.it/it/2012/08/22/dark-agony-undicesimo-episodio/
Undicesimo episodio del racconto “Dark agony”. L’autrice è Laura Randazzo
Il volo con il jet privato fu lungo, ma senza particolari turbolenze. Le alte gerarchie avevano messo a disposizione di Vincent i loro mezzi ed i loro averi: la posta in gioco era alta e lui era uno dei migliori giocatori in campo – forse il migliore – su cui puntare per la sopravvivenza della loro specie. Dopo che le ruote ebbero toccato delicatamente la pista ed il jet ebbe terminato la sua piccola corsa, i tre passeggeri misero piede al Cairo. L’aria fresca della sera li sfiorò con un dolce benvenuto. Una jeep chiusa li attendeva al limitare della pista e Vincent la raggiunse a passo spedito. Un uomo con grandi baffi scuri, un turbante grigio azzurro in testa ed una tunica a righine grigie, attese che tutti fossero in auto per avviarla e dirigersi verso il deserto. Molti chilometri più in là, quando le montagne si erano fatte ormai vicine, fermò l’auto sullo sterrato e guardò Vincent. «Ci rivediamo domani sera» gli disse questi. L’uomo annuì e, appena le portiere si richiusero, ripartì nella notte. Fra le ombre un movimento e delle sagome presero forma alla luce del firmamento. Un uomo conduceva quattro dromedari. «Proseguiremo con questi nel deserto» annunciò Vincent. «Ma non potevamo usare la jeep?» chiese Bret perplesso, mentre gli animali si chinavano sulle zampe davanti ed infine si sedevano in terra per permettere loro di salire. «Il deserto ha occhi ed orecchie ed i dromedari sono meno rumorosi di una jeep. Chi ci vedrà ci scambierà per turisti.» Bret seguì le istruzioni dell’uomo che gli disse di sdraiarsi indietro quando il dromedario si fosse alzato e di incrociare davanti le gambe durante la camminata. Ad ognuno di loro diede una kefiah per coprire il capo e poi montò lui stesso sul suo animale, cominciando a far strada. Bret osservò stupito il deserto stendersi davanti ai suoi occhi, illuminato dalla luce notturna: anche senza sole ci si vedeva perfettamente. Pian piano il movimento ondulatorio del dromedario ed il silenzio calmarono la sua mente ed il suo cuore. Si volse a guardare Aislin che cavalcava al suo fianco. Gli occhi di lei si voltarono richiamati dal suo sguardo ed intuì che sotto la kefiah sorrideva. Bret sorrise di rimando, anche se lei non poteva vederlo, ed alzò gli occhi al cielo. La sua bocca si aprì per lo stupore nel vedere le miriadi di stelle che brillavano lassù. Non ne aveva mai viste tante e mai avrebbe pensato che fossero soltanto le stelle a far così tanta luce. I suoi muscoli si rilassarono e la sua mente trovò pace in quel luogo in cui un uomo era uguale ad un granello di sabbia, piccolo, insignificante, ma, allo stesso tempo, parte integrante dell’universo. In quel momento tutte le sofferenze patite furono abbandonate al passato ed il motivo per cui erano lì affidato al futuro. C’era soltanto il presente, il suo scorrere nell’eterno… Non seppe per quanto tempo avevano camminato, quando infine scorsero un’ombra stagliarsi più scura contro la parete rocciosa. Un movimento e poi una piccola luce che ammiccò, coperta da mani prudenti. La loro guida li fece smontare e si allontanò di una ventina di metri dalla grande tenda. Un lembo venne scostato per farli entrare e la luce fece sbattere loro gli occhi. Un uomo dal turbante bianco li fece entrare e li condusse dinanzi ad un individuo seduto su cuscini ricamati e con in mano la canna di un narghilè. Il suo capo era coperto dal turbante, lasciando scoperto però il viso dalla carnagione scura ed i penetranti occhi castani. Fece loro cenno di accomodarsi ed i tre presero posto sui cuscini di pelle che erano stati posti di fronte. Bret si sedette su quello centrale mentre i suoi occhi osservavano ammirati ogni particolare: dai tappeti ai cuscini, ai candelabri che illuminavano l’ambiente. Il profumo del tè invase le loro narici e poco dopo giunse di nuovo l’uomo dal turbante bianco che depose sul tavolino innanzi a loro un vassoio d’argento con una teiera d’argento cesellato e bicchieri di vetro decorati. Versò in ognuno di essi il liquido scuro e fumante e li porse agli ospiti. L’uomo di fronte a loro attendeva in silenzio, scrutandoli con i suoi occhi attenti e continuando a fumare. Bret poteva sentire l’odore dolce del tabacco ed il suo sguardo che lo studiava.