L’unica cosa concreta che in fondo abbiamo

Da Matteotelara

“Tutti i personaggi della letteratura sono fantasmi. Emma Bovary e i Finzi-Contini sono fantasmi. Sono fantasmi gli eroi dei cicli bretoni, i re shakespeariani e i mostri di Lovecraft. Achab e la sua balena sono fantasmi” dice Francesco Longo in un bell’articolo sull’ultimo libro di Michele Mari, aggiungendo, subito dopo, che è la consapevolezza che la letteratura sia l’unica “scienza esatta dei fantasmi”, appunto, a innervare il nuovo libro di Mari.
La recensione di Longo è come sempre accurata e condivisibile, né mi sognerei mai di metterne in discussione i nodi focali, e l’unica ragione per cui mi sono permesso di citarne l’incipit è che quel “tutti i personaggi della letteratura sono fantasmi…” ha liberato dal sistema di controllo che vi avevo costruito attorno, una serie di riflessioni che da tempo gravitavano ai margini di alcuni dei miei post.
Non ci sono dubbi circa i fantasmi. Nessuno sano di mente al giorno d’oggi ne metterebbe in discussione l’esistenza. Io ad esempio ne sono circondato. Mi seguono in centro, nei bar, in spiaggia, li trovo in fila al semaforo; si accendono una sigaretta al mio fianco mentre leggo alla fermata dell’autobus. Niente da ridire circa i fantasmi. Spesso vengo addirittura preso dall’inquietante certezza d’esserne a mia volta uno. Da quando hanno lasciato il palcoscenico in cui Pirandello aveva provato a confinarli, li vedi vagare coi carrelli pieni nei corridoi dei centri commerciali, o scendere in strada a volto coperto con la molotov nello zaino: tutto, pur di conquistarsi una parte in questa sempre più ovvia messa in scena, no?
Ma nel momento in cui riabbasso gli occhi sul libro, alla fermata dell’autobus, ecco che di nuovo scompaiono. Ne ho visti, credetemi, e più di una volta, di fantasmi che cercavano di entrare tra le pagine di un libro e venivano respinti dai corpi dei vivi che li popolano.
Fino a farmi pensare che quello che rende Emma Bovary l’antesignana e insieme la quintessenza delle desperate houswives dei tempi moderni (oltre che l’unica prova concreta della loro esistenza) non sia tanto la sua natura d’ectoplasma, quanto il suo essere viva e tangibile, al cospetto delle milioni d’aspiranti – e tutt’ora ectoplasmiche – mogliettine di dottori in iphone e gym-bag che guidano la Panda sognando il SUV.
E cosa dire poi di Dean Moriarty e Holden Caulfield, di Martin Eden e Zeno Cosini, di Jacopo Ortis e Sal Paradise? Cosa di Lucia Mondella, Lennie Small, Gregor Samsa, Leopold Bloom, Tom Sawyer e Robinson Crusoe? E poi Odisseo, Brunetto Latini, Dorian Gray, Philip Marlowe…
Shakespeare concludeva la sua opera dando alla realtà la medesima struttura dei sogni. Dante ne ha fatto Commedia. D.F. Wallace (“Il Re Pallido”) rende visibile, l’invisibile assenza del/nel quotidiano.
Certo, la letteratura è sempre metaletteraria, e c’è la tendenza (soprattutto qui in Europa) a far sì che quel ‘meta’ divori il resto e divenga ogni cosa. E anche la realtà è sempre metareale, soprattutto quando cominciamo a ragionarne. Ma mi chiedo se questa scienza esatta dei fantasmi non sia piuttosto l’unica arte capace di tenersene a distanza, e i suoi personaggi gli unici uomini, donne, bambini e animali in carne e ossa, e sangue e pelle e saliva e pensieri che davvero ci sono rimasti.
Mi chiedo (ecco, lo faccio, prima d’essere spazzato via dal fuoco incrociato a cui stupidamente mi sono appena esposto) se i personaggi della letteratura non siano l’unica cosa concreta che in fondo abbiamo.


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