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L’unicità di Maroni, il piano B per tenere i soldi al Nord e il ritorno di fiamma col Cavaliere (di Don Pizzarro)

Creato il 22 gennaio 2013 da Cremonademocratica @paolozignani

 

Gli occhiali rossi, ormai divenuti un must. E che gli stanno come la mitica coperta sta a Linus. Sala Zanoni, qualche giorno fa. Pochi minuti prima delle cinque. Tra garrule ali di militanti, parlamentari uscenti e magari entranti, si fa largo – ingabbiato da microfoni e telecamere – Bobo Maroni.  Nella città padana, intesa come pianura, per presentare la sua lista, Maroni Presidente, “una lista vera”. Con candidati veri che, in carne e ossa, erano presenti in sala.
Prima di un disarmante, nella sua sincerità, “forse sarà di parte, ma Maroni sarà un grande presidente”, declamato dal deputato uscente (e, perché no?, magari entrante, vista la buona posizione di lista nella quale è stata inserita dallo stesso segretario federale) Silvana Comaroli, c’è stato anche il tempo per una breve presentazione dei tre candidati della ‘civica’ alle Regionali. I tre, con lo stampino e davvero a corto di originalità – si sono presentati così.
Mussetola, che sostiene che “l’unico che mi può dare speranza è Maroni”. Villa, che ci confida che secondo lei Bobo è “l’unico” in grado di risolvere le criticità lombarde, e non solo pare di capire. Il leccese Stasi,
la nonna di Soresina, che trova il tempo di dire che Maroni è “l’unico” che fa i fatti. Unico. Unico. Unico. Ok, ma d’altra parte, come già si domandava uno scrittore del primo Novecento, “ogni cervello non è qualcosa di solitario e di unico?”.
La palla passa quindi al segretario federale lumbard, che mette sul piatto le due portate principe, le specialità della casa che l’ex ministro vuole realizzare standosene sul cucuzzolo dell’edificio più alto di Milano: macroregione del Nord e tasse lombarde ai lombardi nella misura del 75 per cento. Sommessamente, un giornalista in sala fa notare che se non si vince a Roma, sempre che si vinca in regione, è dura come il ferro vincere la battaglia sulla tassazione, pur assolutamente legittima che sia. Ma Maroni, la sicumera
tipica del condottiero, del nuovo barbaro, del trascinatore di folle: “Le regioni del Nord, tutte insieme, andranno a Roma a trattare”. Trattare, speriamo nel senso etimologico del termine, ossia di “prendere in esame un argomento, affrontandolo a voce o per iscritto”.
Sbagliato, illusi: trattare per Maroni significa che si farà. “Si farà, si farà”, ripete come un mantra.
Quindi votatelo. E spiega l’eventuale piano B nei minimi dettagli: “Ci tratterremo i tributi, via Equitalia. Che ci mandino i carabinieri a riscuotere le tasse”. Ma è solo una provocazione, precisa Bobo. Cosa avevate capito? E con i soldi (16 miliardi, la stima) che avanzano nella casse lombarde che si fa? Pronti: diritto allo studio, via il bollo (l’Imu sarà già in soffitta), abbassamento della tasse (creazione della fiscalità di vantaggio per il Nord, anche se non è dato sapere l’estensione di questo Nord), bonus bebè, incentivi
all’occupazione, raddoppio del 5 per mille. E tutto si farà, perché tutto è scritto nel programma elettorale targato Pdl-Lega. Pdl-Lega? Ma Maroni, (scripta manent: leggete i lanci d’agenzia dell’epoca) non aveva detto mai più con Berlusconi se appoggia Monti (l’ha appoggiato) o niente accordo se B.
Non fa un passo indietro (ne fa due in avanti ogni giorno)? Senza contare le carinerie che generosamente si sono reciprocamente regalati B. e Bossi e B. e Maroni durante il 2012. Sì sì, Bobo conferma tutto. Ma come conferma tutto…
Ci saremmo aspettati: ‘Solo gli stolti non cambiano opinione’. O qualcosa del genere. Una citazione, qualcosa di fico. Ed invece fa: “Ha accettato le nostre condizioni”, Berlusconi, quindi “c’è stata l’intesa”. Capito? Tre parole in croce e un anno di dichiarazioni al vetriolo, oplà, finiscono direttamente nel cesso. Sciacquone, e passa tutto in cavalleria. Non serve a nulla fargli notare che “mai più” significherebbe, in teoria, mai più, senza se e senza ma. Fine di un ciclo politico, come lui stesso ha detto mesi fa. Siamo già oltre. In
particolare alle bordate ai due principali suoi competitor. Su Albertini (“è umiliante che dica di candidarsi solo per farmi perdere, essendosi messo in lista anche al Senato”), su Ambrosoli (“persona seria, ma non ha fatto nemmeno il consigliere comunale”).
Di una cosa va dato atto a Maroni: di non essersi candidato anche a Roma. Se perde in Lombardia, resta solo segretario del partito. Si chiude con un gran finale: un riempipista in salsa padana. Una hit  d’annata: “La differenza con la Sinistra? Per lei vengono prima gli extracomunitari, per noi i lombardi”.

Boato. Gol! A porta vuota, però.


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