I provvedimenti restrittivi sui movimenti delle persone e dei beni introdotti in alcuni paesi per contrastare l’epidemia di ebola devono essere revocati per impedire che aggravino le difficoltà economiche del continente.
E' quello che ha chiesto ieril’Unione Africana (Ua), al termine di una riunione che si è tenuta nella sua sede di Addis Abeba.
“È stato stabilito – ha detto ai giornalisti la presidente della Commissione dell’Ua, Nkosazana Dlamini-Zuma – di chiedere agli Stati membri di revocare tutte le restrizioni di viaggio.
In questo modo sarà possibile che le persone possano spostarsi da un paese all’altro, commercino e sviluppino attività economiche”.
Nella capitale etiopica il vertice dedicato all’ebola si è aperto e concluso,come sopra detto, nella giornata di ieri.
Per quanto ci sia un fondo di verità circa i danni economici che derivano o possono derivare dall'impedimento degli spostamenti, c'è da non sottovalutare la situazione igienico -sanitaria reale.
Inoltre, come ben sappiamo, mezzi e personale per arginare l'epidemia di ebola sono al momento irrisori.
Pertanto la prudenza, semmai, è d'obbligo.
E ciò specie se si guarda, con seria attenzione, agli autentici copri-fuoco imposti alla popolazione in Sierra Leone, dove il numero delle vittime rimane ancora attualmente il più alto.
Le autorità non hanno potuto fare altrimenti anche se consapevoli, per altro verso, che l'essere obbligati a restare forzosamente in casa era ed è bloccare ogni normale comune attività.
E, in più, fare in modo di occultare da parte delle famiglie un eventuale malato, che era ed è così impossibilitato a raggiungere un ospedale o, comunque, un centro di cura, per possibile diagnosi.
E questo si chiama, a mio avviso, semplicemente quella che denominiamo una situazione disperata.
Le parole ufficiali di Addis Abeba lasciano, in definitiva, il tempo che trovano.La gente muore.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)