L’Universo nato da uno scongelamento

Creato il 26 febbraio 2014 da Media Inaf

In questa mappa della radiazione di fondo cosmico, le barre bianche indicano la direzione della polarizzazione della luce più antica nell’Universo. Crediti: NASA/WMAP Science Team

Chi pensa che l’Universo sia nato 13,8 miliardi di anni fa con il Big Bang potrebbe sbagliarsi. Per decenni, anzi per quasi un secolo, “la grande esplosione” è stata l’inizio di tutto, la teoria che ha messo d’accordo pressoché tutta la comunità scientifica. Da decenni l’argomento, però, è ancora al centro del dibattito accademico e di recente un fisico teorico tedesco dell’Università di Heidelberg, Christof Wetterich, ha portato sui tavoli degli esperti una nuova teoria: l’Universo non sarebbe nato da un’esplosione violenta e non sarebbe in continua espansione. Dimentichiamo tutto ciò che sappiamo sulla radiazione cosmica di fondo, sulla singolarità dello spazio e del tempo, sull’espansione dell’Universo. Questo modello implica che le masse di tutte le particelle sono in costante aumento e che, invece di espandersi, l’Universo si sta riducendo per periodi di tempo prolungati.

Secondo il fisico tedesco l’Universo è il risultato di un lungo e freddo periodo di trasformazione e che non ha nulla a che vedere con il modello cosmologico del Big Bang, predominante nella comunità scientifica, e che teorizza una condizione iniziale estremamente calda e densa da cui poi sarebbe iniziato un processo di espansione durato per un intervallo di tempo finito ma in corso ancora oggi. Il modello che propone Wetterich è all’opposto di quanto pensato finora: il nostro Universo non è nato da un’esplosione, bensì da un disgelo.

Lo scienziato nel suo studio presenta un semplice modello a tre parametri, che non prevede però il fenomeno della singolarità gravitazionale da cui, secondo molti, tutto ha avuto inizio. Per singolarità si intende quel punto dello spaziotempo in cui il campo gravitazionale ha tendenza verso un valore infinito. Come aveva già teorizzato Albert Einstein con il modello della relatività generale, il Big Bang sarebbe stato provocato da un collasso gravitazionale provocato dalle elevate temperature raggiunte dalla materia. E’ proprio questo che ha voluto smentire Wetterich.

Dal 2009 le origini dell’Universo sono studiate dal satellite Planck, la missione ESA completamente dedicata allo studio del fondo cosmico di microonde, segnale originato circa 13 miliardi di anni fa. Planck ha l’obbiettivo di determinarne la geometria, il contenuto, l’evoluzione e di studiare la fase di espansione parossistica dell’universo, detta  “inflazione”, che lo ha portato a dilatarsi in una frazione di secondo a dimensioni paragonabili a quelle attuali. Wetterich però va oltre e ribalta il modello standard di evoluzione cosmologica. Cosa c’è di diverso nella sua teoria? Se le masse di tutte le particelle elementari diventano sempre più pesanti nel corso del tempo e la forza gravitazionale si indebolisce, l’Universo potrebbe aver avuto anche una fase di partenza molto fredda e lenta. Secondo questa visione, l’Universo è sempre esistito e la sua prima condizione era praticamente statica e il Big Bang non è altro che un fenomeno che si è esteso per un lunghissimo periodo di tempo: sarebbe solo una delle tante fasi, ma non l’inizio. Per questo nello studio si dice che i primi “eventi” che sono indirettamente osservabili anche oggi risalgono a 50.000 miliardi anni fa, e non a una frazione di secondo dopo il Big Bang. “Non si parla più di singolarità in questa nuova immagine del nostro cosmo”, ha detto l’autore dell’ipotesi. Il suo modello teorico spiega l’energia oscura e il concetto di “universo inflazionario” (come detto prima, infatti, secondo molti dopo il Big Bang l’Universo avrebbe attraversato una fase di espansione estremamente rapida) con un solo campo scalare che cambia con il tempo, con l’aumento di tutte le masse. Nell’approccio di Wetterich, tutte le masse sono proporzionali al valore del cosiddetto “cosmon field”, che aumenterebbe nel corso dell’evoluzione cosmologica. “La naturale conclusione di questo modello è l’immagine di un Universo che si è evoluto molto lentamente da uno stato iniziale estremamente freddo, con una conseguente contrazione per lunghi periodi di tempo, invece di un’espansione”, ha spiegato.

Il fisico ha tenuto a sottolineare che il suo modello non rende invalida la teoria del Big Bang: “noi scienziati siamo abituati a guardare i fenomeni usando diverse immagini e teorie”, ha detto. ”Descrive la nascita del Universo senza il fenomeno della singolarità, però, offre una serie di vantaggi “, ha sottolineato il Prof. Wetterich.  ”E nel nuovo modello, il dilemma assillante del ci deve essere stato qualcosa prima del Big Bang non è più un problema”.

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Fonte: Media INAF | Scritto da Eleonora Ferroni