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L’Uomo di Kennewick 3:Osteobiografia ovvero la biografia delle ossa

Creato il 29 dicembre 2014 da Davide

Fino a pochi anni fa gli archeologi avevano scarso o nullo interesse per l’individuo, inteso sia come oggetto, singolo pezzo con una sua biografia sociale o come individuo umano con una sua storia individuale. Poi l’archeologo incontrò l’antropologo culturale e nulla fu come prima: la Nuova Archeologia o archeologia processuale non solo studiò culture moderne per trarre suggerimenti su culture archeologiche, ma con il progredire dell’antropologia, anche l’archeologia cominciò ad apprezzare la storia sociale degli oggetti e la biografia degli individui come fonte di conoscenza scientifica più fine. Così la biografia delle ossa dell’Uomo di Kennewick ci apre uno scenario nuovo e ci mette in contatto con un individuo vissuto nel Paleolitico Superiore, o tra il Tardo Pleistocene e il primo Olocene in termini americani, e con la sua storia individuale. Quanto è generalizzabile questa storia individuale è discutibile, ma è certo molto più di quanto potessimo immaginare prima della sua scoperta in riva al fiume Columbia.

Lo scheletro è quasi completo, con solo lo sterno e qualche ossicino di mani e piedi mancanti, e con tutti i denti presenti al tempo della morte. L’Uomo di Kennewick era un tipo tarchiato e muscoloso di circa 72 chili, alto circa 1.70 e favoriva la mano destra. Aveva speso moltissimo tempo a lanciare qualcosa con il braccio destro, con il gomito piegato, una lancia o un giavellotto, la cui forza propulsiva poteva essere stata aumentata da un atlatl o propulsore lungo tra i 45 e i 60 cm., che poteva dare un lancio di oltre 90-100 metri, anche se l’accuratezza del lancio, però, non superava i 20-30 metri, secondo quanto risulta dai test effettuati nell’ambito del’archeologia sperimentale. L’Uomo di Kennewick, come un lanciatore di baseball, aveva sofferto modificazioni muscolari simili e anche simili incidenti. Una volta lanciò così forte il suo dardo, afferma il prof. Owsley, che si fratturò il labrum del glenoide, la parte della scapola che si innesta all’omero. E’ una tipica frattura dei lanciatori di baseball e rende assai doloroso in seguito effettuare lanci di qualsiasi tipo. La gamba sinistra dell’Uomo di Kennewick era più forte della destra, anche questa una caratteristica di un lanciatore destrorso, che arresta il movimento in avanti con la gamba sinistra. Le mani e gli avambracci indicano che spesso stringeva insieme il pollice e le altre dita mentre afferrava con forza un oggetto piccolo, presumibilmente le punte di lancia di selce che si fabbricava da solo. Tutte queste informazioni sono ricavate dai segni lasciati sulle ossa dagli attacchi dei muscoli, che ci dicono quali muscoli una persona usa di più. Più stressato il muscolo, maggiore risulta il segno sull’osso.

Il propulsore consiste in uno strumento di legno o osso/corno con un gancio all’estremità dove è inserita la lancia o il giavellotto: impugnando il propulsore si cambia la leva e in più si usano anche i muscoli del polso, imprimendo al dardo una spinta anche 4 volte superiore al dardo scagliato senza propulsore. L’uso del propulsore è attestato in Europa occidentale fin dal Paleolitico superiore. I reperti più antichi risalgono al Solutreano superiore (+- 17.000 BP [Before Present]) anche se il maggior numero di testimonianze sono state rinvenute negli strati del Maddaleniano Superiore (+- 12.000BP). L’uso di dardi in legno è molto più antico ed è noto almeno sin dal Paleolitico Inferiore. In Germania sono state ritrovate sette lance nello strato Schöningen 13 II-4, un sito di circa 400.000 anni fa in cui si pensa avvenisse la macellazione di cavalli selvatici (Equus mosbachensis che rappresenta il maggior numero di resti, circa il 90%), cervi e bisonti europei da parte dell’ Homo heidelbergensis. Il propulsore o atlatl, come è comunemente chiamato dagli archeologi americani (usando un termine nahua, la lingua degli Aztechi, che ancora lo usavano al tempo dell’arrivo degli spagnoli), sembra essere stato usato dall’ Homo sapiens fin dal Paleolitico superiore, circa 30.000 anni fa. Elaborati pezzi scolpiti del Maddaleniano (Tardo Paleolitico superiore) spesso in forma di animali sono comuni, ma il primo esempio noto di propulsore è un atlatl di corno di renna del Solutreano superiore di 17.500 anni fa trovato a Combe Saunière (Dordogne), Francia.In Europa il propulsore fu accoppiato all’arco e le frecce nell’Epipaleolitico e non fu abbandonato fino al tempo dei greci e dei romani, che però non usavano un attrezzo in legno o osso, ma una striscia di cuoio, detta ankule dai greci e amentum dai romani per potenziare e stabilizzare il lancio dei giavellotti di atleti, cacciatori e soldati.

Sembra che il propulsore sia stato introdotto in America durante l’emigrazione dall’Asia e, forse, anche dall’Europa Solutreana. L’Uomo di Kennewick lo usava ed è possibile che conoscesse anche l’arco e le frecce, inventati in Europa nella transizione tra Paleolitico superiore e Mesolitico. L’indicazione più antica di esistenza di archi viene dai frammenti di legno di pino di archi dritti e da circa centro frecce dello stesso legno scoperti nel sito tardo Paleolitico di Stellmoor, una torbiera in Germania, con oggetti datati +-11.000BP. L’arco più antico ritrovato, però, fa parte di una serie di archi semplici in olmo mesolitici scoperti nelle torbiere della Danimarca e noti come archi di Holmegaard, datati alla fine del Boreale (+-8000BP). Sono lunghi, con impugnatura svasata. L’arco a doppia curva apparve in Russia intorno all’8000BP.

Il sito di Odai-Yamamoto in Giappone, nella prefettura di Aomori, appartenente al Periodo Jomon Incipiente e datato 13.000 a.C., ha rivelato punte di frecce litiche e cocci di ceramica uniti a materiali caratteristici del Paleolitico. La datazione (12,680 ± 140 – 13,780 ± 170 yr B.P) di materiale aderente a un coccio ceramico suggerisce che il manufatto sia stato fabbricato circa 16.500 anni fa. Se l’Uomo di Kennewick apparteneva a una popolazione simile a quella della Cultura Jomon poteva benissimo conoscere l’arco. Tuttavia non vi è traccia nelle sue ossa, al momento, di segni tipici dell’arciere. La spiegazione è offerta da motivi sia tecnico-ecologici che storici, che vediamo qui di seguito.

Maschner e Mason (2013), in compagnia con un certo numero di studiosi, ritengono ci siano state almeno quattro ondate di uso di arco e frecce nel Nordamerica settentrionale: nel 12.000, 4.500, 2.4000 e dopo il 1300 circa. Cattelain (1997), però, insieme a molti altri archeologi, abbassa la datazione al 4.500 a.C.
Maschner e Mason riferiscono che quando i russi giunsero per primi nelle Isole Aleutine nel XVIII secolo scoprirono che gli aleutini usavano sia il propulsore e dardo che l’arco e le frecce, e in particolare l’arco era usato solo in guerra. Anche parecchie tribù amazzoniche usano ancora il propulsore per pescare e cacciare e a volte anche in guerra, come nel caso dei Tarairiu, una tribù Tapuya di cacciatori-raccoglitori che abitava le foreste di montagna e le savane del Rio Grande do Norte nel Brasile del XVII secolo. Gli Eschimesi Yupik usano ancora il propulsore, noto localmente come nuqaq, per la caccia alle foche nei villaggi alla foce del fiume Yukon. Come scrivono Maschner e Mason il propulsore è una tecnologia di fondamentale importanza per la caccia ai mammiferi marini, dato che l’arco e le frecce sono inutili in questo caso. Non si può lanciare una freccia da un kayak perché è troppo instabile e richiede che entrambe le mani restino sulle pagaie. Con il propulsore, invece, basta stabilizzare il kayak con una pagaia da un lato e lanciare il dardo col propulsore con l’altra mano. Gli aleutini della Penisola Alaskana usavano invece l’arco e le frecce per cacciare il caribù, ma quelli delle Isole Aleutine, prive di mammiferi terrestri di grossa taglia oltre agli esseri umani, usavano l’arco solo in guerra. Maschner e Mason sostengono che nei periodi in cui la preda primaria era il caribù nel nord l’arco e le frecce erano presenti, mentre quando le prede preferite erano l’alce, il bisonte o i mammiferi marini il propulsore era la tecnologia dominate e questo continuò finché l’arco semplice fu sostituito dall’arco composito e dal Complesso Bellico Asiatico nel 1300 della nostra era. L’arco, con l’accompagnamento di guardapolsi, armatura ecc., divenne quindi la tecnologia dominante tranne che nel contesto della caccia dei mammiferi marini, come abbiamo visto prima nel caso degli Yupik.

Cattelain (1997) scrive a sua volta che il propulsore è ancora usato (o lo era fino a poco tempo fa) in Oceania, nell’Artico e in gran parte delle Americhe. Lo studio dei propulsori di queste regioni ha portato a distinguere due gruppi principali, basati sulla funzione e il modo d’uso: i propulsori ‘artici’, usati esclusivamente da una posizione seduta in ambiente marino e i propulsori usati in ambiente terrestre o acquatico in posizione eretta. Il propulsore è un’arma che sembra essere usata principalmente su terreno aperto: deserto (caldo o freddo), savana, steppa, prateria, laghi, fiumi e mare. L’esatta condizione di uso in aree di foreste tropicali come in Amazzonia e Nuova Guinea resta da dimostrare con certezza. L’arco, invece, è attestato in tutti i possibili ambienti geografici, dal deserto alla giungla.

Grazie alle testimonianze etnografiche e ai test dell’archeologia sperimentale, Cattelain giunge alla conclusione che l’effettiva distanza dei dardi lanciati con il propulsore sembra essere limitata a circa 45 metri, ma in generale un lancio preciso non supera i 20-30 metri e, in ogni caso il cacciatore desidera avvicinarsi alla preda il più possibile. Contrariamente alle aspettative degli archeologi che non sono cacciatori, osserva Cattelain, questi sono gli stessi valori che riguardano la distanza delle frecce tirate con l’arco e gli arcieri esprimono la stessa volontà di avvicinare la preda il più possibile. La differenza consiste nel fatto che il dardo a propulsore è più penetrante e che l’arco permette di colpire un bersaglio fisso più piccolo e con maggiore precisione. Anche le strategie di caccia sono molto simili e la scelta non dipenderebbe, secondo Cattelain, dall’arma, ma dall’ambiente, il tipo di selvaggina e lo scopo della caccia. Cattelain (1997) invita a evitare la dicotomia tra ‘caccia collettiva con il propulsore/caccia individuale con l’arco’, che secondo questo studioso non ha fondamento (ma Maschner e Mason, 2013, la ripropongono). Anche la dicotomia tra ‘caccia collettiva di mandrie di grossi erbivori/caccia individuale di animali meno gregari’ non è sempre valida. Cattelain trae l’esempio degli Inuit delle Stretto di Bering riferita da Nelson (1899) per cercare di comparare (avvertendo cautela) questa situazione con una simile del Paleolitico: gli Inuit dello Stretto di Bering non esitano a cacciare grossi branchi di caribù con archi e frecce e con due soli cacciatori, che fanno a turno a dirigere le bestie verso l’altro.

Come abbiamo visto, tornando al nostro Uomo di Kennewick, egli usava il propulsore ma dalle tracce lasciate sulle ossa dai muscoli del braccio destro e della gamba sinistra più sviluppati, non lanciava il suo dardo potenziato dal propulsore da una posizione seduta, ma in piedi. Ne possiamo dedurre che non usava un’imbarcazione tipo kayak, ma un altro tipo, del genere delle canoe monossile usate dai cacciatori di balene della Costa Nordovest come i Nootka e i Makah, dalla cui prua, stando in piedi, gli arpionieri scagliano l’arpione (che è un tipo di dardo più sofisticato, ma simile al giavellotto con propulsore). Oppure poteva cacciare leoni marini, trichechi e vacche di mare (Hydrodamalis gigas chiamata anche ritina di Steller,) sulle spiagge affollate da questi mammiferi.

L’ Uomo di Kennewick usava anche un’altro strumento: passava parecchio tempo tenendo qualcosa di fronte a lui alzandolo e abbassandolo con forza e gli studiosi pensano si tratti di una lancia da scagliare verso il basso nell’acqua come fanno i cacciatori di foche, dalla barca, ma anche attraverso un buco nel ghiaccio. Le ossa delle gambe suggeriscono che egli guadava spesso rapide poco profonde e le giunture delle ginocchia mostrano che si sedeva spesso sui calcagni. Aveva anche sviluppato escrescenze ossee tipiche del cosiddetto ‘orecchio del surfista’, causate da frequenti immersioni in acqua fredda, probabilmente per pescare ricci di mare, mitili e altri molluschi e anche per recuperare grosse prede che rischiavano di affondare fuori dalla sua portata. I suoi denti erano privi di carie, ma consumati, un tratto comune in epoca preistorica, anche se nel suo caso in modo insolitamente più leggero. I denti si consumavano non solo per la presenza di polvere litica nel cibo, dovuta ai sistemi di macinazione e cottura, ma anche per il fatto che i denti erano un’utile strumento di lavoro. Il suo corpo tarchiato era caratteristico di gente abituata ad ambienti freddi: l’Uomo di Kennewick era un cacciatore di mammiferi marini con una dieta povera di amidi e zuccheri.

Il cibo e l’acqua lasciano una firma chimica nelle ossa sotto forma di differenti variazioni di carbonio, azoto e ossigeno. Anche se il suo scheletro è stato ritrovato a circa 300 miglia dal mare, egli non ha mangiato abitualmente nessuno degli animali terrestri che abbondavano nella zona, ma per almeno gli ultimi venti o più anni della sua vita sembra aver vissuto quasi esclusivamente di una dieta di mammiferi marini e di pesci. In particolare gli amino acidi e gli isotopi stabili indicano una grossa dipendenza da pesci anodromi, cioè pesci che vivono per la maggior parte del tempo in acque salate e si riproducono in acque dolci, come i salmoni e altri tipi di salmonidi, storioni e lamprede. Oltre a questa dieta, l’Uomo di Kennewick beveva in generale acque di fusione glaciali, cioè acqua molto fredda proveniente da neve o ghiaccio a grandi altezze e convogliata nei fiumi. Novemila anni fa l’ambiente marino costiero dove si poteva trovare acqua di fusione era l’Alaska. La mancanza di deformazione del cranio dovuta alla culla a tavola (tipica delle tribù della zona dove è stato trovato lo scheletro, fino ad epoca storica), il livello minimo di artrite nelle ossa robuste e adatte a trasportare pesi, e l’usura dei denti insolitamente leggera rispetto alle popolazioni più recenti dell’area del fiume Columbia, oltre ai tratti del volto e la forma del cranio, la dieta legata alla fauna marina simile a quella degli Inuit (che giunsero dall’Asia in America in tempi assi più recenti) fanno pensare agli antropologi fisici che provenisse da gruppi asiatici come gli Ainu o i progenitori dei polinesiani. Le sue radici appartengono ai cacciatori raccoglitori dipendenti dai mammiferi marini e dai salmoni e gli studiosi pensano che fosse un viaggiatore proveniente dal nord, forse sceso a commerciare pietre da scheggiare o altre cose, scendendo lungo la costa del Pacifico fino all’attuale stato di Washington.

Chatters, uno degli autori che ha contribuito al libro, contrariamente ad altri autori presenti nel libro, non pensa che l’Uomo di Kennewick venisse da molto lontano e afferma che se era un cacciatore di foche era nel posto sbagliato, dato che il suo scheletro si trovava a più di cento miglia dalla foca più vicina. La cittadina di Kennewick si trova alla confluenza di tre fiumi, il Columbia, lo Snake e lo Yakima. Chatters ritiene che Primo Olocene vide un clima più continentale con estremi stagionali e piogge estive che favorivano le praterie e gli erbivori che vi abitano, mentre secondo lui la produttività dei salmonidi doveva essere più bassa rispetto a periodi successivi, ma la loro risalita doveva passare per Kennewick. Il periodo in cui visse l’Uomo di Kennewick vide un cambiamento di condizioni climatiche: tra l’8.000 e l’8.500 BP radiocarbonio, cioè 9.500 e 8.900 BP calibrato, gli inverni divennero più caldi e le risalite dei pesci anodromi in grande numero dimostrate almeno dall’8.100 BP radiocarbonio (9.000 BP calibrato), anche se i siti mostrano ancora una prevalenza di pesci non anodromi nella dieta.

L’Uomo di Kennewick visse in un periodo di transizione tra due tradizioni culturali distinte nell’area: la Western Stemmed Tradition stava avvicinandosi al suo termine sul Columbia Plateau, mentre cominciava la Old Cordillera Tradition. La Western Stemmed Tradition occupava siti di ogni genere dall’11.600 BP radiocarbonio (13.400 BP calibrato) fino a un periodo tra l’8.500 e l’8.000 BP radiocarbonio (9.500 e 8.900 BP calibrato). Nell’area del sito di Kennewick le date più recenti sono una data al radiocarbonio di 8.525 +- 100 BP (9.604-9.426 BP) e una del 7.200 +- 500 BC (8.700-9.700 BP cal.). La Old Cordillera Tradition, che si pensa derivi dalla cultura Dyuktai della Siberia orientale appartenente al Paleolitico superiore, si trova ovunque sul Columbia Plateau e l’adiacente Costa Nordovest per tutto l’Olocene medio. La tradizione appare prima lungo la Costa Nordovest settentrionale intorno al 9.300 radiocarbonio BP (10.500 BP cal.) e avanzò verso sud e verso l’interno durante un periodo di 1600 anni, giungendo a dominare il Plateau per tutto l’Olocene medio. Nonostante abbia ricevuto vari nomi oggi è comunemente nota come la Fase Olcott nello stato di Washington occidentale e la Fase Cascades nel Columbia Plateau. A differenza delle popolazioni della Western Stemmed Tradition che li precedettero e che fecero ampio uso dell’ambiente del Plateau, i popoli della Old Cordillera Tradition confinarono le proprie attività ai maggiori corridoi fluviali e le circostanti catene di montagne. Le carie dentali mostrano che questi popoli avevano come parte importante della dieta carboidrati processati, mentre la fauna sfruttata consisteva soprattutto da pesce e molluschi, seguiti da piccoli mammiferi e qualche ungulato. La Old Cordillera Tradition appare nell’area delle Cascades dopo l’8.100 BP radiocarbonio (circa 9.000 BP cal.) e il sito più antico scoperto finora, associato con resti faunistici dominati dal salmone, è datato all’8.090 +- 90 BP radiocarbonio (circa 8.990 BP cal.). Quale tradizione abitasse l’area dove fu trovato l’Uomo di Kennewick non è certo: esistevano ancora i Western Stemmed Tradition, anche se il clima stava cambiando e il loro stile di vita basato sulle risorse terrestri rendeva l’area meno appetibile, con l’accentuarsi dello sfruttamento della fauna fluviale. Gli Old Cordillera Tradition già occupavano parti della regione a ovest delle Cascades, anche se non avevano fatto ancora incursioni dentro il Columbia Plateau. L’Uomo di Kennewick poteva essere uno dei primi esploratori della Old Cordillera Tradition oppure veniva da più lontano, dall’Alaska o addirittura dall’Asia? In realtà tutte tre le ipotesi hanno i loro sostenitori.

Il fiume Columbia vede numerose specie di pesci anodromi risalire a decine di milioni la sua foce per andare a deporre le uova nell’asta principale del fiume e su per i suoi affluenti. Lo storione bianco (Acipenser transmontanus) risale il fiume parecchie volte durante la sua vita, ma si conoscono anche popolazioni che passano tutta la loro vita nei fiumi. Può raggiungere i 610 cm di lunghezza e vivere fino a 104 anni. Gli esemplari anodromi possono pesare fino a 682 kg. Vi è poi la lampreda e quattro principali tipi di salmone del genere Oncorhynchus, che migrano una volta sola dall’oceano al fiume e muoiono dopo aver deposto le uova (tranne una piccola percentuale di trota arcobaleno): il salmone Chinook noto anche come King (Oncorhynchus tshawytscha) la specie più grossa di salmone, che può raggiungere i 120 cm, il salmone Coho o salmone argento (Oncorhynchus kisutch), il salmone Sockeye (Oncorhynchus nerka), e salmonidi come la trota arcobaleno o Steelhead (Oncorhynchus mykiss) e la trota Cutthroat (Oncorhynchus clarkii). Le risalite del salmone in genere si estendono da marzo a ottobre, tranne che per la trota arcobaleno che risale anche in inverno. E’ perfettamente possibile che l’Uomo di Kennewick fosse in zona non per cacciare foche, ma salmoni, non che non potesse cacciarli anche più a nord, ma se si trovava sul fiume Columbia per qualche ragione, ne avranno approfittato lui e il suo gruppo. Infatti nulla ci dice che lui fosse solo. Chatters pensa che facesse parte di un gruppo di 20-40 persone, ma nulla ci induce a credere che il nostro Uomo di Kennewick si fosse messo in viaggio da solo. In effetti potrebbe essersi messo in viaggio tutto il gruppo in cerca di una nuova casa oppure con una parte del gruppo in cerca di un buon affare commerciale. E’ anche possibile che qualcun altro sia stato sepolto vicino a lui, dato che è stata trovata una mandibola nei pressi. Purtroppo gli scienziati, ancora nel pieno della causa contro gli USA, non se la sono sentita di cominciarne un’altra per avere la possibilità di studiare la mandibola e così il genio militare che è il proprietario dell’area l’ha fatta sparire. Nulla ci dice che fosse un altro abitante della zona di 9.000 anni fa, poteva anche essere uno morto solo il secolo scorso, ma ormai è inutile fare congetture. In ogni caso, afferma il co-editore del libro, l’antropologo fisico Richard Jantz, tendiamo a sottovalutare la mobilità dei primi uomini e in effetti l’Uomo di Kennewick poteva, secondo lui, essere addirittura un viaggiatore asiatico. Owsley rinforza il concetto: era un viaggiatore su lunghe distanze. Che uno potesse arrivare dall’Alaska a commerciare non era affatto un’eccezione: in epoca storica abbiamo testimonianze di commercianti europei e militari di presidi inglesi, russi e spagnoli che raccontano come i Tlingit dell’Alaska o gli Haida delle isole canadesi Queen Charlotte, tanto per nominare due tribù tra le altre, usavano le loro grandi canoe monossile per compiere razzie di schiavi fino in California, molto più a sud di dove è stato trovato l’Uomo di Kennewick.

Abbiamo visto che l’Uomo di Kennewick poteva appartenere a una banda di 20-40 persone, ma com’era organizzata socialmente? Bill Angelbeck e Ian Cameron (2014), basandosi sulla ricerca sui Central Salish della Costa (Suttles 1990), ritengono che la caccia con dardo e propulsore, che è particolarmente usata con i mammiferi marini, sia soprattutto efficace se praticata in gruppo e se alcuni individui dominano il processo, possedendo i mezzi di produzione, avendo diritti ereditari su certe aree e le loro risorse o attraverso protocolli culturali che determinano la gerarchia della famiglia allargata o del gruppo. Presso i Salish simili gerarchie erano presenti tra le squadre di caccia dei mammiferi marini che usavano l’arpione, che come sappiamo è un’evoluzione del dardo e propulsore. Data la pericolosità della caccia al leone di mare, un arpioniere (o ramponiere) idealmente doveva possedere un potere spirituale appropriato al suo compito, come lo spirito dell’orca e vi erano rituali simili ai protocolli dei balenieri Nuu-chah-nulth (Nootka) che abitano un po’ più a nord. Gli arpionieri facevano a turno a infilzare il leone di mare e, come i balenieri, dividevano poi la carne in base a un rigido protocollo tra cacciatori, esploratori e vogatori, rinforzando non solo lo status del cacciatore più fortunato (l’arpioniere riceveva la parte più grande e migliore di carne, i vogatori erano gli ultimi), ma ricapitolando così l’ordine sociale. Tra i balenieri artici a volte la porzione maggiore andava non all’arpioniere, ma al capitano della squadra di caccia che possedeva la canoa e forse l’arpione, cioè i mezzi di produzione. Una simile redistribuzione avviene per le squadre che si occupano di cacciare il salmone con le reti dalle rocce.

E’ possibile supporre una simile organizzazione sociale gerarchizzata per il nostro Uomo di Kennewick e la sua banda? E’ un fatto che gli esseri umani del Paleolitico superiore/Mesolitico (Tardo Pleistocene/Primo Olocene in America) rivelano una complessità che fa a pugni con l’immagine di bruti che gli studiosi del XIX e gran parte del XX secolo avevano loro cucito addosso. Brian Thom (1996) ritiene che la complessità sociale tipica delle tribù della Costa Nordovest tra cui i Central Coast Salish dell’area tra il Basso Fiume Fraser, gli Stretti di Georgia, il Northern Puget Sound, e la parte sudorientale dell’Isola di Vancouver, abbia avuto origine intorno ai 1500 anni fa tra il Marpole Period e il Late Period, quando le elite stabilizzarono il sistema sociale fortemente gerarchizzato. E’ peraltro il periodo in cui l’arco e le frecce si diffondono nel Nordamerica e l’area artica e pacifica entra in contatto con il cosiddetto Complesso Bellico Asiatico, la tecnologia baleniera e società fortemente gerarchizzate dopo il 1200 BP. A mio parere è però molto improbabile che l’Uomo di Kennewick appartenesse a una banda dall’organizzazione sociale fortemente gerarchizzata, anche se è innegabile che doveva avere un’importanza sociale che lo fece seppellire con rispetto. Torneremo su questo.
(segue)


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