L’uomo è un “animale politico” oppure l’uomo politico è una bestia?

Creato il 01 giugno 2013 da Oirpina
Il filosofo greco Aristotele definiva le formiche e le api “animali politici”, considerando “animale politico” anche l’uomo. Al contrario, il pensatore inglese Thomas Hobbes, confrontando i comportamenti degli animali che vivono “in società” con quelli degli esseri umani, rafforzò la sua convinzione: l’uomo è un essere asociale. Per caso, non avrà ragione Don Tommasino (alias Hobbes)? E non avrà torto il vecchio filosofo stagirita? A sua volta Platone riconduceva la necessità di un governo unico all’esigenza di osservare e rispettare le leggi (attribuendo in tal guisa un valore coercitivo allo Stato), mentre Aristotele ribadiva che l’esistenza di una strutturazione della città è un fatto istintivo, non subordinato a nessuna ragione pratica. E’ la natura stessa che ci spinge ad essere cittadini. Al pari di Aristotele, Karl Marx sostiene che sia “naturale” l’attività politica dell’uomo. Tuttavia, mentre per Aristotele il processo aveva per oggetto il passaggio graduale dalla famiglia allo stato, attraverso le fasi intermedie del villaggio e della città, per Marx il processo storico riguarda la trasformazione delle forme di produzione economica, dal sistema feudale a quello capitalistico, a quello comunista. Ciò che differenzia Marx da Aristotele è la perdita sostanziale dei concetti di “gradualità” e “naturalità”: la storia procede per salti, il passaggio da un tipo all’altro di formazione economico-sociale avviene non per gradi, lentamente e senza traumi, bensì violentemente e criticamente. A questo punto si potrebbe chiudere con un po’ di sano umorismo, citando una pungente battuta di Alfredo Chiappori, un geniale autore di satira politica che affermava (in senso ovviamente ironico) che “l’uomo è per natura un animale politico ... tanto è vero che spesso l’uomo politico è una bestia”. Lucio Garofalo

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