Se la scrittrice gayfriendly Melania Mazzucco considera tale pratica di neocolonialismo un grande progresso, tanto da scriverci un libro, le femministe di “Repubblica” incredibilmente non ci stanno. Raramente accade ma in questo caso Maria Novella De Luca ha avuto il coraggio di essere coerente e remare contro l’impostazione editoriale del quotidiano su cui scrive. E’ una «forma falsamente liberal di violenza sul corpo delle donne», scrive. «E dove le donne stesse, pagando per affittare un altro utero, fanno violenza ad altre donne, povere e non istruite». «L’industria delle madri surrogate», denuncia, «è diventata una sorta di vero e proprio lavoro per le donne più povere, spesso con marito e figli a carico, che non avendo altra fonte di guadagno, affittano se stesse». Per nove mesi vivono «in case gestanti e hanno il divieto tassativo di avere contatti con la famiglia. Un isolamento che le coppie occidentali, etero, gay, ma anche single, pretendono perché le madri surrogate non vengano “inquinate” in alcun modo da situazioni che potrebbero minacciare il loro bambino esattamente il mondo da cui queste donne provengono, e dove, consegnato il bambino, torneranno». «C’è qualcosa di terribile in questa macchina della maternità», riconosce la femminista di “Repubblica”. «Il 25 aprile è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne: anche questo è sopruso, proviamo a ricordarlo».
«Ma non vi vergognate, papesse bianche e nere, intellettuali e intellettualesse femministe e progressiste, rodati garanti del diritto di avere diritti, sinistre dolci e piccanti, del traffico indecente di donne povere, sfruttate e usate nei loro corpi per figliare conto terzi?», ha domandato Marcello Veneziani. «La chiamano maternità surrogata, ma è la tratta delle schiave e insieme la fabbrica dei toy-children; però non suscita i cori indignati. Non è pure quella violenza alle donne, sfruttamento come la prostituzione, mercificazione dei corpi e dei loro organi? Non è un abuso sui minori strappare un bambino a sua madre e privarlo di un genitore? Da noi la pratica non è ancora autorizzata ma lo sarà presto, si sente già il tam tam della tribù degli abortigeni; intanto vanno a fare shopping all’estero».
Veneziani introduce giustamente la fondamentale riflessione sui bambini, oltre sulle povere donne sfruttate. Esseri umani ordinati e comprati, commerciati come schiavi. Il dott. Marco Gabrielli ha portato alla luce la storia di una coppia di Trieste che ha acquistato due gemelli, 55 anni lui, 67 anni lei. «Se ho un desiderio devo poterlo realizzare. Al di sopra di ogni legge, anche a quelle imposte dalla natura», il commento di Gabrielli. «Si chiama sfruttamento delle donne, umiliazione del loro corpo, sfiguramento del volto femminile proprio perché si colpisce il cuore stesso della persona, la generatività, il senso materno, il legame di sangue e psicologico con una creatura che cresce e si agita e vive dentro a una madre», il commento di Francesco Ognibene.
Davanti a questo sfruttamento umano femministe e laici non hanno la forza e il coraggio di alzare la voce, sono sempre i cattolici a scendere in campo contro chi viola la dignità umana. E’ nato infatti il Comitato “Di mamma ce n’è una sola”, Contro l’utero in affitto, presentato presso la Sala stampa di Montecitorio alla presenza di Eugenia Roccella, vicepresidente della commissione Affari sociali della Camera e Presidente Comitato; Olimpia Tarzia Presidente Movimento PER (Politica Etica Responsabilità) e Coordinatore nazionale Comitato; Assuntina Morresi, prof.ssa presso l’Università di Perugia e Francesca Romana Poleggi, Direttore editoriale Notizie Pro Vita. Il Comitato svolgerà un’opera di sensibilizzazione, di denuncia e di contrasto al neocolonialismo e al mercato di quella che viene definita eufemisticamente “maternità su commissione”.
La redazione