Carmine Di Giandomenico nasce il 13 aprile 1973. Inizia la sua carriera nel 1995 disegnando la miniserie Examen nel 1995 sceneggiata da Daniele
E’ appena uscito in edicola, dopo quattro anni dall’edizione da libreria, Magneto: Testament. Dopo tutto questo tempo, cosa pensi di questo tuo lavoro?
Che cosa penso di Magneto: Testament? Penso sia uno dei rari momenti d’incontro tra il fumetto d’intrattenimento con quello autoriale. Attraverso il carisma di un personaggio come Magneto si offre l’opportunità di far conoscere un capitolo oscuro della nostra storia, che non dovrebbe essere mai dimenticato visto il periodo storico che stiamo vivendo. Ne vado orgoglioso non tanto per il fatto di averlo disegnato, ma perché mi è stata data l’opportunità di poter raccontare tematiche delicatissime come il razzismo, la persecuzione e l’olocausto, con la speranza che quanto scritto da Greg Pack induca a un momento di riflessione.
Ti piacciono le edizioni realizzate da Panini?
Sulle scelte editoriali della Panini non metto bocca. Non sono io il redattore o il pianificatore finale delle scelte editoriali. Comunque sia, penso che il lettore
Questa miniserie e Devil: Battlin’ Jack Murdock, rappresentano i tuoi primi lavori di un certo rilievo negli USA: oggi cosa cambieresti, soprattutto nella seconda, della quale sei anche co-autore dei testi?
Non cambierei nulla. Aggiungerei solo una nota nella quale si chiarisce che non sono solo autore dei testi, ma anche sceneggiatore e “ideatore” della trama di Battlin’ Jack Murdock, giusto per evitare confusione.
Mentre per Magneto Testament posso raccontare un aneddoto su una mia piccola idea grafica riguardo l’estetica di Magneto. L’idea partiva dal passaggio narrativo in questione: Magneto resta solo, esce dal bosco vivo ma sconvolto dopo avere assistito a un episodio veramente duro. In seguito viene catturato e deportato al campo di concentramento. L’idea in questione era che, nel risalire il fosso che lo conduceva fuori dal bosco, Magneto si ritrovava con i capelli bianchi per colpa del forte shock emotivo subito. Un modo per ricollegarsi all’iconografia classica data al personaggio nelle sue origini raccontate molto tempo prima su Classic X-men. La mia idea non fu accettata, ma poco importa per lo spessore della trama.
Sì, sono in esclusiva Marvel fino a settembre 2014. Adesso sto lavorando con Peter David su X-Factor e mi sto divertendo nonostante i tempi di consegna sempre stretti.
Quello che mi da orgoglio in questo progetto, è che sarà un rinnovamento totale della serie, dove ho ideato i costumi e le tecnologie che utilizzeranno. Mi sono divertito veramente tanto nel reinterpretare stilisticamente i costumi, utilizzando riferimenti al periodo artistico del 1300/1400 che ho poi modificato per funzionare anche in epoca moderna. Quando realizzo storie cerco sempre di inserire (se la storia lo permette e se lo sceneggiatore è disposto ad ascoltare) questi rimandi alla mia cultura artistica. Questo metodo di lavoro cerco di applicarlo sempre, in modo da poter offrire anche il mio supporto e dare alcuni suggerimenti che diano uletriore forza e valore alla trama.
Suggerimenti proposti e accettati anche con progetti italiani. Per esempio attribuendo il nome “La Smorfia” al protagonista de “La Dottrina”, invece che “Maska” come pensato all’inizio, e inserendo dei numeri al posto delle onomatopee per dare un tocco più italiano. Non disegno solo le indicazioni che mi vengono fornite per una trama, ma cerco di viverla e, se possibile, dare anche il mio contributo con piccoli dettagli per donargli maggiore incisività. Naturalmente quando è possibile.
Progetti per l’Italia?
Al momento nessuno.
Come si è evoluto il tuo metodo di lavoro, negli ultimi anni? E’ cambiato qualcosa?
Il mio modo di lavorare è cambiato come sono cambiati i tempi. Utilizzo il metodo classico o digitale secondo le esigenze di mercato. Che il mio stile si sia evoluto o involuto sarà il lettore a deciderlo.
Insegni alla scuola di Pescara. Come vedi le giovani leve?
All’Accademia del fumetto di Pescara insegno ancora, anche se negli ultimi due anni, per via del mio coinvolgimento in molti progetti, ho dovuto allentare la mia presenza. Le giovani leve che incontro ogni anno hanno sempre una motivazione di base che è la passione per i loro personaggi preferiti. Quello che noto oggi è una loro incertezza e paura nel voler investire su se stessi. Questo non è un problema dell’accademia, ma della struttura sociale dalla quale
Non pensi che le decine di scuole, che sfornano decine di “diplomati” ogni anno, creino delle illusioni? Quando spazio c’è per centinaia di nuovi autori, in Italia, e volendo nel mondo? Centinaia… ogni anno, dico!
Dipende da come si pone e presenta una scuola. Io posso solo parlare per l’Accademia di Pescara, dove siamo molto chiari sul fatto che i corsi servono per apprendere le basi creative di questo mestiere. Non abbiamo mai giocato con promozioni del tipo “uscite da qui e lavorerete”. Mai fatto. Perlomeno questa è la realtà che vivo. Cerchiamo di far capire quanta fatica ci sia dietro a questo lavoro e percorso artistico, in modo che la selezione tra chi vuole continuare e inseguire la propria predisposizione e da chi si rende davvero conto cosa vuol dire questo lavoro, avvenga in maniera naturale. E non vincoliamo nessuno con nessun contratto, in maniera di essere liberi di decidere se abbandonare o proseguire il corso. Ripeto parlo per la mia realtà, per le altre non posso certo giudicare. Poi per il problema della disoccupazione di cui mi chiedi alla fine, beh… domanda difficile. E’ un problema enorme che non riesce a risolvere neanche il nostro governo. Non saprei, forse l’unico consiglio che posso dare è di provare l’auto produzione abbinata a una visibilità attraverso il web.
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