La banalità del crimine. Il delitto di Erba

Creato il 07 marzo 2014 da Lundici @lundici_it

Erba, Brianza. 16.000 abitanti.

Un ricordo. In auto, di sera, sulla strada per qualche posto dove mi stavano portando a una festa, 9 dicembre 2006. Nel buio si staglia un cartello per l’uscita verso un paese e mi giro, chissà perché: Erba.

Il lunedì successivo sono di nuovo a casa, accendo la televisione e vedo, sento….c’è un signore, un giovane uomo, fratello di Raffaella Castagna, vittima di un qualche fatto di sangue che ancora non ho inteso bene come sia avvenuto. Grida qualcosa di poco gentile all’indirizzo del marito di lei, un tunisino, il quale però, al momento del fatto, si trovava al suo paese.

Uno o due giorni appresso, sullo schermo appare anche lui, il vedovo. Faccia da simpatica canaglia, oscurato dalla tragedia, con voce bassa e poco rassicurante sibila più o meno “se era me che cercavate, ora sono tornato, sono in giro”.

Siamo al nord, alta Padania. Raffaella, una trentenne brianzola di famiglia benestante (padre imprenditore e fervente cattolico), impegnata nel sociale, incappa in un maghrebino con un suo fosco fascino, Azouz Marzouk. Apprendiamo dalle cronache che lei dopo il matrimonio si è convertita e che i due hanno un bimbo di due anni, Youssef. Vivono in  una palazzina plurifamiliare, che dà su una corte di piccoli condomini similari. Tutto è tranquillo, in ordine, rassettato.

Ci dicono che qualcuno è entrato in casa, uccidendo barbaramente in un agguato Raffaella, sua madre e il bambino, appena rientrati nell’abitazione; già che c’erano hanno fatto fuori una vicina accorsa alle grida, Valeria Cherubini, praticamente sgozzata sotto gli occhi del marito, che a sua volta stava sopraggiungendo: questi viene ferito, ma si salva perché creduto morto. Dopo la strage, qualcuno ha appiccato un debole fuoco, che verrà estinto senza gravi conseguenze dai pompieri, chiamati dai vicini insospettiti, inizialmente, solo dal fumo. Forse qualche traccia utile è andata persa.

Non ho molto tempo da dedicare alle cronache di quel dicembre: passerò le vacanze natalizie fuori città, sto preparando i bagagli, rivedrò persone dopo tanto tempo.

Al ritorno, con l’anno nuovo, si è posata un po’ di polvere, rimetto a fuoco la faccenda perché se ne parla ancora e molto. Hanno arrestato due coniugi, vicini di casa delle vittime: Rosa Bazzi, casalinga e occasionalmente colf, e Olindo Romano, netturbino, tra i quaranta e i quarantacinque anni, senza figli, che tutti descrivono da tempo chiusi in un loro mondo, blindatissimo perfino per i parenti stretti. La coppia, nei giorni successivi al fatto, aveva mostrato indifferenza totale all’accaduto e questo aveva subito insospettito (ma c’è un modo migliore per far convergere i sospetti su di sé, che mostrarsi quasi contenti per gli omicidi di persone notoriamente odiate?) Certo, pare che Rosa sia semianalfabeta e poco sveglia, ma da qui a buttarsi tra le braccia degli investigatori in modo così ingenuo, un po’ ce ne passa.

In quella corazzata di ignoranza e paura la giovane famigliola multietnica aveva aperto una falla. I maturi sposi, poco aperti al mondo, non avevano gradito. Li accusavano di dare rumorose feste con i compaesani di lui; si maligna che la passione palpabile tra i giovani Marzouk urtasse quella che sembrava una certe quiete erotica invece nella famiglia Romano. Fatto sta che i dissidi erano all’ordine del giorno: liti, reciproche denunce, minacce a quanto pare, soprattutto di Rosa a Raffaella.

Raffaella Castagna e il piccolo Youssef.

Non va dimenticato che il matrimonio con Azouz non era stato preso benissimo neppure in casa Castagna. Il giovane bel tenebroso aveva (e avrà) a che fare con la giustizia per spaccio, ha fatto convertire la già cattolicissima fidanzata, e musulmano sarà anche il piccolo Youssef, quindi la famiglia si spacca. Da una parte i suoi due fratelli, Pietro e Giuseppe, fanno muro. Dall’altro papà Carlo e mamma Paola chiudono un occhio, è probabile che sostengano economicamente la figlia e il marito tunisino, accentuando l’acredine tra i due schieramenti (infatti le visite della madre alla figlia avvengono un po’ alla chetichella). Gira voce che, comunque, a breve i coniugi Marzouk se ne andranno a vivere in Tunisia e questi sono i discorsi che girano tra i Castagna in quel periodo. Il Natale si preannuncia tempestoso, perché Pietro e Giuseppe non vogliono tra i piedi il cognato, ma nemmeno che i genitori vadano a trascorrerlo dalla sorella.

La storia del processo è, tanto per cambiare, complicatissima. Il testimone chiave, Mario Frigerio, sopravvissuto alla moglie Valeria, che quasi appare più di là che di qua, rende una prima testimonianza ancora intubato in ospedale, poi conferma il tutto in altri interrogatori, secondo alcuni, però, contraddicendosi su qualche circostanza (obiettivamente, vorremmo capire chi, dopo un viaggio all’inferno e ritorno, sarebbe in grado di essere preciso come un orologio).

L’epico generale Garofano, con i suoi RIS, trova una traccia di sangue sull’auto dei Romano, un po’ mescolato con altro, che appartiene alla quarta vittima, la Cherubini; pare che i Romano abbiano qualche macchietta a loro volta su indumenti e uno di loro anche una piccola ferita a una mano. Un extracomunitario assicura di aver sentito e visto qualcosa che andrebbe a identificare i due sospettati. Infine, i due confessano, anzi, soprattutto Rosa sarà prodiga di particolari, specialmente riguardo l’accanimento contro il piccolo.

In seguito i due ritratteranno, adducendo pressioni psicologiche, confessioni estorte o firmate già scritte e imparate a memoria (ma perché?), dirottando l’attenzione su altri possibili colpevoli, ma a nulla varrà. Separati dalla Cassazione, loro che non muovevano un passo se non insieme e tubavano anche dietro le sbarre, ora scontano l’ergastolo in due carceri diversi.

Qui il racconto potrebbe chiudersi, non fosse che qualcuno ha provato a riaprirlo.

Una nota trasmissione televisiva che si occupa di cronaca torna sull’argomento dopo la sentenza definitiva, raccontandoci, per la prima volta, che la povera Raffaella le prendeva di santa ragione dal marito ed era molto infelice, tanto, pareva di capire, da aver deciso il trasferimento in Tunisia quasi più per la vergogna del fallimento che per reale convinzione.

Ma che avranno da ridere? I due autori della strage, condannati definitivamente all’ergastolo.

Inoltre, ci fanno notare, una sola macchia di sangue è troppo poco per inchiodare un indagato. Di più, la strage ne avrebbe causato spargimenti in tutto il cortile e i Romano non si sarebbero ripuliti così facilmente, mentre la loro casa fu trovata in ordine e perfino i tubi della lavabiancheria, all’uopo scandagliati, non mostravano residui ematici.

Rosa poi lancia una bomba, rivelatasi in effetti un petardo, accusando il tunisino di averla violentata in lavanderia e ricevendo da costui un sorriso di disprezzo, rivolto con l’aria di chi può avere tutte le donne che vuole, verso una poveretta sessualmente frustrata (“non sei proprio il mio tipo…” sussurrerà in aula).

E allora?

E allora qualche rotocalco inizia a puntare i riflettori sui fratelli Castagna, soprattutto su uno, Pietro, un tipo pingue, irriducibilmente ostile al cognato e poco benevolo verso la sorella, il quale quel giorno guidava per caso la Panda di sua madre (auto, secondo alcuni, notata nei pressi della casa della strage in orario compatibile); si parla di una polizza che, all’eventuale morte di Raffaella, avrebbe fruttato centomila euro, utili, per esempio, a prezzolare un testimone; infine, era fin troppo noto che ormai anche i genitori Castagna erano sotto accusa da parte dei figli maschi per l’eccessiva arrendevolezza verso Raffaella e il continuo sostegno finanziario di cui aveva bisogno.

Dal canto suo, lo stesso Marzouk si ripresenta in scena rimestando le acque e asserendo che, in effetti, anche lui nutre dei dubbi sulla colpevolezza dei vicini (l’ora della vendetta contro i cognati?)

Giuseppe Castagna però arriva subito in soccorso, spiegando tutto della Panda, della polizza, e irridendo perfino alla mole del fratello, che mai gli avrebbe consentito di scappare per i tetti (ipotesi dei difensori di Olindo e Rosa). Noi ci permettiamo di notare che in queste faccende esistono i complici, a volte. Che potrebbero essere stati, per esempio, dei vicini di casa con un obiettivo comune. Solo per esempio.

Azouz guarda una foto della sua famiglia. Il tunisino è stato espulso dall’Italia per droga.

A quanto pare, la parola fine è arrivata e, a meno di clamorose rivelazioni o revisioni del processo causa sopravvenuti elementi di prova o nuove testimonianze, nulla cambierà.

Papà Castagna ha tenuto il consueto dignitosissimo profilo, confidando nella fede. Azouz Marzouk ben presto si è rifatto una famiglia con un’italiana. E’ stato fotografato sulla tomba della moglie e del figlio in terra tunisina, mostrando il suo dolore.


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