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La Banca di Sviluppo dei BRICS e i nuovi orizzonti economico-finanziari

Creato il 29 gennaio 2014 da Bloglobal @bloglobal_opi

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di Martina Vacca

Il ventilato esordio sulla scena finanziaria internazionale di una nuova istituzione economica – la Banca per lo Sviluppo dei Paesi BRICS (la BRICS Development Bank) – lascia presagire uno sconvolgimento degli equilibri economici globali futuri, suscitando molte incertezze sulle ripercussioni nei rapporti multilaterali fra grandi Potenze e Mercati Emergenti. Ma soprattutto propone un nuovo percorso monetario, deviante rispetto agli equilibri instaurati in seno agli Accordi di Bretton Woods nel 1944, quando nacquero la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, che, in quel caso, furono funzionali all’uscita dalla Grande Depressione.

I Paesi Emergenti (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), nell’ambito del Vertice di Durban tenutosi nel marzo del 2013, hanno infatti stabilito la costituzione – prevista per il 2015 – di una Banca per lo Sviluppo. Il nuovo Istituto dovrebbe disporre di riserve in divisa e di fondi per il finanziamento dei progetti di sviluppo, di una propria agenzia di rating, di un proprio sistema finanziario e di un collegamento in banda larga per lo scambio di dati. Si parla di un finanziamento iniziale che registrerebbe un importo pari a  un capitale di 100 miliardi di dollari. L’Istituzione avrebbe lo scopo di sostenere progetti infrastrutturali e di sviluppo sostenibile tra i Paesi interessati, svincolandosi dalle classiche Istituzioni monetarie facenti capo al FMI e alla Banca Mondiale. La Banca targata BRICS potrebbe incarnare infatti la rappresentanza dello sviluppo di aree globali demograficamente ricche ma che dispongono di una scarsissima offerta di servizi.

I Paesi emergenti registrano oggi il 43% della popolazione mondiale, l’unione delle loro riserve valutarie sarebbe pari a 4.400 miliardi di dollari e allo stato attuale detengono circa il 70% dei beni mondiali dei fondi sovrani. Inoltre i loro scambi commerciali ammontano al 16,8% del commercio internazionale, mentre i flussi commerciali intra-BRICS hanno raggiunto i 282 miliardi dollari nel 2012; Goldman Sachs e FMI stimano che questi raggiungeranno i 500 miliardi entro il 2015 (nel 2002 erano appena 27,3 miliardi dollari). Nello scenario globale, infine, le cinque economie emergenti rappresentano il 21% del PIL mondiale.

BRICS in pillole - Fonte: Simply Decoded Group/dati OCSE
BRICS in pillole – Fonte: Simply Decoded Group/dati OCSE

Nonostante queste condizioni e nonostante i Ministri delle Finanze dei cinque Paesi abbiano più volte ribadito che la strada verso la nuova Banca “è assolutamente percorribile”, al momento i BRICS hanno stipulato solamente due accordi: uno multilaterale per il cofinanziamento infrastrutturale destinato all’Africa e per un impegno cooperativo inerente allo sviluppo sostenibile, il secondo la creazione di un nuovo Consiglio per gli affari dei BRICS, composto da cinque membri per ciascuno dei Paesi membri, che si riunirà due volte all’anno con lo scopo di promuovere collaborazione e dialogo per il rafforzamento delle relazioni commerciali, del trasferimento delle competenze tecnologiche e della cooperazione nei settori bancario, dell’economia verde, della produzione e dell’industrializzazione. Per la Banca di Sviluppo vera e propria, dunque, bisognerà ancora attendere, per una serie di motivi che vanno dalla crisi economica in atto e che comunque si ripercuote in via diretta o indiretta sulle economie dei vari Paesi (gli ultimi dati riflettono una generalizzata decrescita, ad iniziare da quella del PIL, e una progressiva svalutazione delle monete nazionali rispetto al dollaro), passando per la carente reciprocità degli investimenti (solo il 2,5 % degli investimenti che i BRICS fanno in Paesi stranieri è rivolto verso gli altri componenti del gruppo) fino alle aspettative di leadership riguardanti soprattutto Russia e Cina. È sulla base di ciò che i BRICS vengono ancora sostanzialmente ritenuti una realtà economica, prima ancora che una potenza politica.

Previsioni di crescita del PIl - Fonte: The Economist/dati FMI
Previsioni di crescita del PIL – Fonte: The Economist/dati FMI

Posto ad ogni modo che l’obiettivo venga raggiunto, si aprono scenari imprevedibili, anche collegati alle diversità culturali, ambientali, politiche e geografiche dei Paesi coinvolti, nonché ai propri interessi economici.

Pur trattandosi di patrimoni storico-politici differenti, dove non sempre è rilevabile la presenza di democrazie e/o di democrazie consolidate, come la Russia o la Cina, i BRICS sono accomunati da un alto tasso di inflazione, derivante da cause differenti. In Cina tale rilevante tasso d’inflazione viene attribuito all’ampia richiesta di moneta, in India al costante aumento dei prezzi dei generi alimentari, in Brasile al dislivello tra un recente sviluppo economico e l’insufficiente potenziale produttivo.

Non mancano i segnali che generano incertezza riguardo alle relazioni bilaterali all’interno degli stessi Paesi BRICS: Cina e Brasile, economicamente complementari, hanno finora dimostrato una sapiente cooperazione, legata soprattutto agli scambi di materie prime brasiliane contro gli investimenti cinesi in infrastrutture. Resta però il mero interesse economico della Cina verso il Gigante, accompagnato da una concorrenza aggressiva all’estero, che potrebbe restituire un’immagine precaria di una “equal partnership” col Brasile.

All’interno di un progetto come quello della Banca di Sviluppo per i Paesi emergenti, è considerevole il rischio che un Paese come la Cina tenti di prevalere sugli altri, cercando di dettare l’agenda economica e dunque di assumere un ruolo egemonico. In quest’ottica le relazioni sino-russe – nonostante i due Paesi condividano strutture di potere più compatibili tra loro rispetto a quelle di Brasile, India e Sudafrica – potrebbero entrare in conflitto per quanto riguarda la contesa del predominio nell’area eurasiatica all’interno  del nuovo organismo finanziario. Ma non solo. La “S” dei BRICS, d’altra parte, è tornata ad essere terra di conquista per le altre economie emergenti, palesemente alla ricerca di nuove opportunità economiche in Sudafrica, spesso a spese delle comunità locali e del patrimonio naturalistico e ambientale. In misura maggiore rispetto agli altri, la Cina detiene un ampio parco di interessi economici in Sudafrica, a partire dalle infrastrutture fino alla tecnologia low cost, passando per il settore agricolo e quello minerario.

All’interno di queste dinamiche, la Banca dei BRICS delinea prospettive condivise e diversificate per ogni Paese aderente, in funzione di una risposta concreta ai bisogni primari di ognuno. Orientati alla ricerca di investimenti diretti, i BRICS attraverso la Banca potranno reindirizzare le risorse che ne deriverebbero, verso progetti di sviluppo propri.

L’economia della Cina è la maggiore del blocco e raggiunge una produzione annua pari quella totale degli altri quattro; per l’India, che combatte un crescente deficit commerciale e un’alta inflazione, la Banca comune sarebbe un canale adatto all’acquisizione di nuovi finanziamenti: mentre per il Brasile, l’istituzione di fondi destinati a progetti per la costruzione di infrastrutture, accelererebbe e intensificherebbe un percorso già intrapreso.

Pur riportando tassi di crescita inferiori rispetto alla Cina, la Russia – mercato interessante sia per i produttori di beni al consumo che per quelli di beni strumentali –, in continuità con la sua storia, rincorre la fama di grande Potenza e risente del crescente peso economico cinese, soprattutto nelle regioni situate ad estremo Est.

La Banca dei BRICS, con i suoi propositi di sviluppo economico, si colloca innanzitutto come un evidente competitor del sistema finanziario occidentale. Il Fondo Monetario Internazionale, costituito attorno a un sistema in cui il peso economico degli Stati membri riflette il proprio peso politico-decisionale nell’economia globale, sottolinea storicamente il ruolo di secondo piano che i Paesi in Via di Sviluppo svolgono al suo interno. È vero che, dati i punti di debolezza e le numerose sfide che gli si pongono davanti, il nuovo organismo non riuscirà ad esercitare un’influenza determinante nel breve-medio periodo, ma l’esistenza di un dibattito in merito almeno dal 2012 (l’occasione fu il G20 di Los Cabos, in Messico, quando fu discussa  la possibilità di stabilire un Accordo di Riserva Contingente tra i cinque Paesi) e i primi round di negoziazioni come quello di Durban dello scorso anno rappresentano una sfida politica – e geopolitica – ormai avviata.

* Martina Vacca è Dottoressa in Scienze Internazionali e Diplomatiche (Università di Bologna)

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