La banda del buco

Da Marcoscataglini

M'è venuta un'autentica fissazione per il buco, mannaggia. No, che avete capito? Nessuna perversione sessuale (sebbene...), parlo del buco stenopeico, quello che i fotografi fighetti chiamano "foro" (anzi "foo", perché hanno quasi sempre la "r" moscia). A me "foro" non piace, piace di più buco, chissà perché. Comunque, buco o foro che sia -diciamo pinhole, all'inglese, così ne usciamo con stile esterofilo- a me intriga, e tanto. Sono giorni che vado pungendo lamierini vari per creare questi buchini piccoli piccoli (0,2 mm, mica giuggiole) e osservare poi i risultati, quelle foto deliziosamente soft e poco definite di cui parlo in un post che ho appena pubblicato sul mio blog di colorseppia. Non so che m'ha preso. C'è stato un tempo in cui non avevo i soldi per gli obiettivi di qualità, ultranitidi (veramente non ce li ho neanche adesso, ma questa è un'altra storia) e cercavo di sopperire ai limiti delle ottiche che possedevo allora studiando quali erano i diaframmi in cui rendevano di più (sono stato un avido lettore di test MTF); lavoravo sempre sul cavalletto, con cura maniacale e controllavo con il loupe (la lentina) 10X ogni singola diapositiva per verificare che fosse perfettamente esposta, nitida, ben contrastata. Anche col digitale, stavo sempre lì a indagare ogni millimetro quadrato della foto osservandola al 100% di ingrandimento, strizzando gli occhi sul monitor. E ora? Ora faccio foto con obiettivi che farebbero saltare le valvole di ogni test MTF che esista sulla faccia della terra, e mi dedico alla fotografia stenopeica, in cui più che linee per millimetro si contano pali a metro quadro. Mah. Sarà l'età. Ma forse è solo che in questo modo mi diverto. Ecco sì: è come una di quelle attempate persone di una certa età che un giorno, casualmente, passano vicino ad un campetto dove un gruppo di ragazzini sta tirando calci a un pallone e non resiste, deve slacciarsi la cravatta, deve togliersi la giacca, buttare a terra la valigetta 24 ore e correre anche lui nel campetto, giocare a calcio con quei ragazzi, urlando come un coglione, felice e libero. Ecco, si, direi che la fase che attraverso è un po' questa. Ora debbo solo stare attento a non far rientrare tutto nelle vecchie logiche. Anche qui: è come l'attempato signore che gioca a calcio nel campetto e inizia a organizzare tutto, a dire a ogni ragazzino come deve giocare, a dettare regole, a organizzare per bene le porte. Sapete come finisce no? I ragazzini lo mandano a quel paese e se ne vanno e lui resta solo lì, a guardarsi intorno, incredulo. Senza libertà dalle regole, che divertimento è?