La battaglia del maialino

Creato il 06 ottobre 2015 da Gadilu

Quando affrontiamo il tema dell’immigrazione, dovremmo sempre aver cura di non ingigantire i cospicui problemi che già ci tocca risolvere. Quanto è accaduto recentemente a Rovereto non è però neppure da intendersi come “ingigantimento”: siamo davanti a un puro e semplice parossismo delirante.

Riassumo brevemente i fatti per far comprendere anche a chi non avesse registrato la notizia di cosa si tratta. All’interno di un asilo nido roveretano si trovava un voluminoso pupazzo a forma di maiale, uno di quelli adoperati di solito dai bambini per salirci sopra e dondolarsi. Giudicato pericoloso dalle operatrici, il maialino è stato recintato per poi essere trasferito in un’altra scuola. A questo punto sono intervenuti alcuni politici leghisti, in primis la presidente del Consiglio comunale Mara Dolzocchio, paventando un’operazione a sfondo religioso da parte dei genitori musulmani. A nulla sono valse le rassicurazioni dell’assessora all’istruzione, Cristina Azzolini: per i leghisti la rimozione del pupazzo va considerata come un grave attentato all’identità culturale dei trentini, e dunque il pupazzo – posto che sia realmente pericoloso – dev’essere sostituito, sì, ma con un altro maialino più innocuo.

L’assurdità della vicenda non deve farci sorridere più di tanto. La deriva ermeneutica alla quale è sottoposto un fenomeno religioso come l’Islam può realmente far assomigliare gli estremisti (e non si nega che esistano frange fondamentaliste ferocemente ostili a qualsiasi tipo di trastullo, non soltanto quelli a forma di maiale) a chi pensa di opporvisi recitando l’improbabile ruolo di crociato che, al posto della spada, brandisce il salame. Non esiste comunque alcun precetto coranico rivolto alla stigmatizzazione del pupazzo in questione e scatenare una battaglia identitaria è, nella circostanza, pura e semplice follia.

Commentando alcune pratiche punitive particolarmente sanguinarie in uso tra alcune comunità islamiche, il grande reporter Ryszard Kapuściński ha scritto: “C’è poco da idealizzare l’Islam: contiene delle caratteristiche per noi assolutamente inaccettabili”. Ma non idealizzare l’Islam significa anche rinunciare a demonizzarlo quando non è il caso di farlo. “Che ci piaccia o no – affermava ancora Kapuściński –, dobbiamo rassegnarci al fatto di vivere in un mondo pluriculturale e destinato a diventare sempre più differenziato”. Perciò è essenziale dotarsi degli strumenti adeguati per ridurre al minimo le incomprensioni e le tensioni che un simile processo comporta. Altrimenti sarà la catastrofe.

Corriere del Trentino, 6 ottobre 2015