Troppo avanti, però. Un giorno Zelda incontra un sottotenente destinato a grandi cose. Scott, Scott Fitzgerald si chiama, e non sarà un eroe di guerra, ma uno straordinario scrittore. Più grande, in effetti, con le parole che con i sentimenti.
E arriveranno i ruggenti Anni Venti, il successo e il lusso, i lampi dei fotografi e le sbronze di champagne. Falò di vanità in cui tutto sembrerà possibile, e forse per qualche tempo lo sarà anche. Prima di accorgersi che non rimane più niente, di questa corsa a perdifiato attraverso tutto o tutti, Niente o piuttosto il conto, salatissimo, da pagare.
A pagarlo sarà soprattutto Zelda, la Bella del Sud a cui il grande scrittore succhierà la vita per poi lasciarla ai margini della strada come un rifiuto gettato dall'auto.
Storia conosciuta, scritta anche da altri, questa. Però è bravo Gilles Leroy in Alabama Song (Baldini Castoldi Dalai) a regalarci lo sguardo di Zelda, il suo racconto in prima persona: dalle frenesie dei balli che sfidano l'alba fino alla lobotomia. Fino al sipario che cala sui ruggenti Anni Venti. Fino a quel conto saldato per intero.