La scelta di Cristina Pezzoli mantiene l'artificio metateatrale, ma lo adatta alla contemporaneità, immaginando che una compagnia, in crisi dopo l'abbandono da parte del regista e le improbabili peripezie del produttore per tenere in piedi lo spettacolo e rispettare i contratti teatrali, sia occupata nella generale della Bisbetica domata. La regia viene in questo modo assunta da Caterina (Nancy Brilli), prima attrice e diva sempre al centro dell'attenzione e impegnata a dare lezioni a tutti i suoi colleghi e a rendere Shakespeare più intonato rispetto ai tempi mutati; la supporta Petruccio (Matteo Cremon), che con lei riadatta il copione per ridare colore ai giochi di parole, talvolta anche volgari, presenti nel testo originale, ma altri membri della compagnia rendono l'allestimento una sfida che pare impossibile da superare, come Bianca (Brenda Lodigiani), giovane attrice che ha imparato solo la propria parte e non ha idea della consequenzialità degli eventi, o come il Dr. Jolly (Valerio Santoro), il produttore che, assieme a Gremio (Federico Pacifici) vuole a tutti i costi osservare la lettera shakespeariana e inorridisce di fronte alle scelte estreme di adattamento.
Come rendere comprensibili i giochi di parole che Petruccio sfodera nella seduzione di Caterina in un'epoca che ha mutato completamente l'idea di consueto e di volgare? Come portare in scena, oggi che l'uguaglianza di genere è un imperativo e la violenza sulle donne un crimine riconosciuto, la vicenda di una sposa sottomessa da un marito che la priva del cibo, del sonno e la umilia di fronte a tutti? Qual è il limite dell'innovazione creativa e fino a che punto è lecito trasformare il testo d'autore, giacché il teatro è anche il testo, ma non il solo testo?
Questi e molti altri sono gli interrogativi che la compagnia della Bisbetica propone, pur senza far mancare il pieno godimento della commedia shakespeariana. Di fronte allo spettatore la quarta parete cade e il teatro si presenta nudo come le maschere pirandelliane, svelando i propri strumenti e avviando una profonda riflessione su se stesso e sui professionisti che vi lavorano.
Il teatro è per eccellenza, fin dalle origini, il luogo della finzione e della riflessione artistica: proprio perché esso lavora sulle apparenze e sulla finzione è la lente più straniante e lucida attraverso la quale guardare alla realtà e, nello specifico caso di questa Bisbetica, per far parlare al teatro la lingua dell'oggi, dato che il Dr. Jolly non smette di ricordare ai suoi capricciosi attori che l'arte e anche la sua innovazione devono però venire a patti con la realtà delle scritture teatrali, dei contratti e delle esigenze del pubblico.