De brevitatae vitae affronta un tema di sicuro interesse per l’uomo antico come per quello contemporaneo. In essa, infatti, Seneca tratta della durata della vita, che secondo l’opinione comune è breve, mentre in realtà è solo il nostro malcostume a farla apparire tale. Se fosse tutta spesa bene, infatti, la vita sarebbe bastevole, finanche di lunga durata, per portare a termine grandi cose. Seneca, cioè, nega che la vita sia in sé breve, sostenendo che essa è resa tale da quanti non ne fanno un buon uso: in verità la vita che ci è stata data è «satis longa», abbastanza lunga, e anzi «large data», fin troppo abbondante, per coloro che sanno spenderla bene.
In che modo ci rendiamo rei di abbreviare le nostre vite? La risposta è quanto mai attuale, visto che, come ammoniva già Seneca col suo caratteristico stile parenetico, gli uomini sprecano la maggior parte del tempo esibendo le proprie attività, tutti lì a mettere in mostra le loro abilità e investendo in modo infruttuoso una parte cospicua del proprio tempo e, a conti fatti, della propria vita.
«Vergognoso è colui che il fiato abbandonò difendendo litiganti del tutto sconosciuti e cercando l’assenso di un uditorio ignorante»: come può questa sentenza non far pensare a quanti, oggi, prima lamentano la mancanza di tempo e poi ne sprecano a iosa battibeccando sui social network con persone che neanche conoscono? Come non pensare a quanti, come gli affaccendati di cui parla Seneca, investono molto meno tempo a “fare” che ad esibire quel po’ che fanno?
Persistendo in questa condotta giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, molti muoiono senza aver mai vissuto. Si ricordi, però, che in verità «Non abbiamo poco tempo, ma ne perdiamo molto».
Personalmente, leggendo quest’opera mi viene in mente che in diverse culture, soprattutto orientali, il significato dell’imperativo “non rubare” non è circoscritto al solo “non taccheggiare”, ma viene esteso anche al furto di beni immateriali e spirituali. “Rubare”, cioè, può voler dire anche “estorcere affetto” o “estorcere tempo”. Sottrarre del tempo a chi non te ne darebbe spontaneamente è infatti considerata una grave pecca morale da varie filosofie e dottrine soteriologiche.
Voglio tuttavia concludere questo articolo in modo leggero e non troppo solenne: ho scelto di recensire quest’opera in quanto oggetto di una simpatica rivisitazione da parte degli Elio e le Storie Tese nella nuova canzone Il tutor di Nerone, inserita nell’album appena uscito. Ecco degli estratti dal testo:
Seneca diceva che la vita non è mica così breve / Però regalare tempo a destra e a manca è un errore micidiale/ Certo che il lavoro oggigiorno ha dei tempi molto stretti/ E per rispettare le scadenze tutti corron come matti / Senza correre tutti come matti si potrebbe avere il tempo di studiar filosofia / riscoprire Seneca ed accorgersi che la pensi come lui / Seneca non era mica un pirla/ era il tutor di Nerone.
Andrea Corona
Lucio Anneo Seneca, La brevità della vita, Rizzoli, Classici latini e greci, Milano 2010, 110 pp., 7,50 euro