La buca. Anche a colori, il mondo di Ciprì è sempre in bianco e nero

Creato il 23 settembre 2014 da Oggialcinemanet @oggialcinema

commento di Maurizio Ermisino

Summary:

C’era una volta il bianco e nero. E c’erano una volta Ciprì e Maresco, il duo di cineasti irriverenti siciliani che con la loro Cinico Tv, sulla Rai 3 a cavallo tra gli anni Ottanta e i Novanta, ci mostravano un mondo impietosamente in bianco e nero fatto di umanità deforme e periferie desolate. La premiata ditta Ciprì e Maresco è arrivata poi al cinema, sempre coerente con il proprio stile grottesco e surreale: da Lo zio di Brooklyn, del 1995, a Come inguaiammo il cinema italiano – La vera storia di Franco e Ciccio, del 2004, le loro storie particolarissime sono state una mosca bianca nel panorama del nostro cinema sempre più omologato secondo standard precisi. Poi il sodalizio si è sciolto, e Daniele Ciprì balla da solo. Nel 2012 ha firmato il suo primo film da “solista”, È stato il figlio, e ora fa il bis con La buca.

Doveva essere girato in bianco e nero, il film di Ciprì, in modo che fosse più evidente l’astrazione. Siamo in una città e in un tempo immaginari. Due uomini, Oscar (Sergio Castellitto), avvocato burbero e azzeccagarbugli, e Armando (Rocco Papaleo), si incontrano/scontrano grazie a un cane arruffato e ad una buca. Morso dal cane di Armando, Oscar pensa di fargli causa. Ma capisce che è un povero cristo che ha appena scontato trent’anni di galera. E allora pensa a un’altra idea: fare causa ai danni dello Stato. Così i due diventano un’improbabile coppia di detective a caccia di indizi…

È la prima commedia vera e propria di Daniele Ciprì, La buca. Per girarla Ciprì ha pensato alla grande Commedia all’Italiana degli anni Sessanta, a registi come De Sica, Risi e Monicelli, ma anche agli autori dei grandi classici americani come Lubitsch, Billy Wilder e Blake Edwards. La coppia, assolutamente inedita, formata da Sergio Castellitto e Rocco Papaleo potrebbe essere la versione italiana della premiata ditta Jack Lemmon & Walter Matthau, o la versione aggiornata di Marcello Mastroianni e Vittorio Gassman, o di Gassman e Tognazzi. Ancora controcorrente, ancora fuori dai canoni e dagli stili imposti, Ciprì, per sua ammissione, vuole girare un film lontano dalla commedia italiana (quella scritta tutta in minuscolo) di oggi, fare sorridere più che ridere, raccontare storie più che sparare battute.

Non è in bianco e nero, ma è come se lo fosse, La buca. I colori sono desaturati, le luci ovattate, solo alcuni toni, in tinte pastello, prevalgono sugli altri. La cornice in cui si muovono i nostri eroi è astratta e sospesa. Ma quello che accade è molto concreto. Lo stile di Ciprì è allo stesso tempo moderno e antico: se diventerà un classico, lo dirà il tempo. Se il cinismo di Cinico Tv si è stemperato in una storia di amicizia, quel bianco e nero impietoso, simbolo dei chiaroscuri del nostro Paese, è rimasto sempre dentro il suo autore, nel frattempo diventato uno dei migliori direttori della fotografia italiani. Premiato con il David di Donatello e il Nastro D’Argento per la miglior fotografia per il suo eccezionale bianco e nero “futuristico” di Vincere di Marco Bellocchio (per cui ha firmato anche le luci di Bella addormentata), Ciprì ha in curriculum anche La Pecora nera di Ascanio Celestini e tutti i film di Roberta Torre. Oltre a La buca, ben tre film in uscita quest’anno si avvalgono della sua fotografia: La trattativa di Sabina Guzzanti, La vita oscena di Renato De Maria e L’ultimo vampiro di Marco Bellocchio. Guardateli attentamente, perché avranno sicuramente una luce unica.

Di Maurizio Ermisino per Oggialcinema.net


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