La bufala illuminista dell’indipendenza dei Paesi latinoamericani

Creato il 11 aprile 2012 da Uccronline

Si è concluso il 23° viaggio apostolico di Papa Benedetto XVI in Messico e Cuba, due Paesi retti da regimi che in tempi e in modi diversi hanno perseguitato crudelmente la fede cattolica. Una delle occasioni che hanno portato il Pontefice nel cosiddetto “Mondo Nuovo” è stata la ricorrenza del Bicentenario dell’indipendenza dei cosiddetti Paesi “latinoamericani”, che rievoca fatti accaduti tra il 1808 e il 1826, grazie ai quali le province di cui si componeva la regione americana dell’allora Impero Spagnolo diedero vita a nuovi Stati indipendenti.

Su tali fatti si è soffermato Marco Respinti che in un interessante articolo su “La Bussola Quotidiana“ ha colto l’occasione per scrivere su una delle tante leggende nere, che vuole l’indipendenza “latinoamericana”  come l’emancipazione dei popoli “sudamericani” dalla tirannide spagnola, accomunando erroneamente tale evento ad altre 2 rivoluzioni: da un lato alla Rivoluzione Francese (1789-1799) e dall’altro lato alla Rivoluzione Americana (1775-1783), grazie alla quale al Nord nacquero gli Stati Uniti d’America, anch’essa maldestramente interpretata secondo la medesima chiave ideologica. La leggenda nasce dallo storico positivista Aldo Ferrari, sostenuto dal suo collega Robert Palmer e dal francese Jacques Godechot, tuttavia una nutrita schiera di studiosi, i più interessanti sono quelli iberoamericani, hanno da tempo dimostrato come i fatti andarono diversamente. Ad esempio il sociologo, storico e letterato nicaraguense Julio César Ycaza Tigerino che nel suo saggio “Génesis de la indipendencia hispanoamericana” (1946) parla di «falsificazione grottesca e stupefacente». Secondo Tigerino il falso storico parte dalla contraffazione dei termini con cui avvenne la conquista spagnola del “Mondo Nuovo”, nonché la sua evangelizzazione e la sua civilizzazione, descritta truffaldinamente come la storia di una sottomissione rapace e schiavistica da parte dell’Europa “colonialista” di una terra immacolata, la “rapina” e lo “stupro” di un continente intero perpetrato dai “maschi cristiani bianchi”. Una ricostruzione fantasiosa e manipolatrice, afferma, che ha la sua matrice nell’illuminismo, come d’altra parte tutte le leggende, ma che continua ad essere propinata nei sussidiari scolastici.

La verità è che l’Indipendenza iberoamerica non fu affatto una rivoluzione ideologica, come quella francese, ma una reazione all’involuzione politica di tipo assolutistico lungo cui si erano incamminati i governi coloniali di allora. Non fu un tentativo di ribellarsi all’eredità spagnola e cattolica, ma il suo esatto contrario: una rottura istituzionale resasi necessaria solo per poter perseguire con profitto un legame culturale inscindibile. Il nemico erano le nuove politiche centraliste e statalistiche che minacciavano tali legami, cioè il venire meno dell’autonomia per cui le colonie avevano lungamente goduto e grazie alle quali prosperato. Le guerre di secessione dagli imperi che diedero vita, in tutto il continente americano, a Stati nuovi furono in realtà diverse da quella ideologica e ideocratica scoppiata in Francia nel 1789, poiché miravano a conservare il patrimonio avuto in eredità dall’Europa cristiana, non a cancellarlo: fu quindi davvero un’insorgenza antirivoluzionaria col solo intento separatista, una riforma nella continuità e non la distruzione di un retaggio.

Il mito della “rivoluzione latinoamericana” è insomma un falso storico, lo dimostra la mancanza di proteste per la celebrazione della ricorrenza con la festosa accoglienza riservata al Pontefice della Chiesa Cattolica. Altri semplici esempi sono, ad esempio, l’elezione quest’estate di un sacerdote come leader degli indigeni colombiani del Cauca e la continua difesa, ancora oggi, dei popoli indigeni del Paraguay da parte della Chiesa. Sul nostro sito è possibile visionare un dossier apposito.


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