La buona amministrazione per superare la crisi della politica
Creato il 19 luglio 2012 da Leone_antonino
@AntoniLeone
Articolo di Alessandra Moretti
pubblicato su Italianieuropei n. 7 del 2012
La
crisi economica e i timori per il futuro che essa alimenta, uniti alla diffusa
percezione che l’attuale classe politica abbia perso il contatto con la realtà
e con i gravi problemi dei cittadini, rischiano di aggravare la già profonda
sfiducia nei confronti della politica. In questo scenario di fragilità del
sistema democratico, gli amministratori locali, quotidianamente partecipi dei
bisogni dei cittadini, possono svolgere un ruolo strategico per ricostruire
l’ormai sfilacciato legame di fiducia fra istituzioni e paese reale.
Nel
contesto storico attuale, dominato da un senso diffuso di smarrimento e di
sfiducia nella classe politica, il bisogno di buona amministrazione e, in
generale, di buona politica che i cittadini esprimono rimanda al desiderio di
ritrovare il senso di appartenenza a una comunità che intende ricostruire un
legame solido con le istituzioni.
Proprio
sugli amministratori locali si riversano quindi le attese e le speranze di
quei cittadini che guardano alla politica così come è stata concepita da
alcuni filosofi dell’antichità per i quali il termine indicava l’amministrazione
della polis per il bene e nell’interesse di tutti.
Troppo spesso in questi anni abbiamo seguito le vicende di “cattivi
politici” che, con i loro comportamenti orientati alla tutela dell’interesse
personale a discapito di quello collettivo, hanno profondamente danneggiato
l’immagine dell’intera categoria, facendo ricadere su chi invece si dedica alla
politica con onestà e passione responsabilità che non sono loro imputabili.
A tal
proposito, ci si deve interrogare proprio sulle ragioni dell’antipolitica e su
quanta responsabilità abbiano avuto nel suo montare coloro che hanno sfruttato
per anni, in chiave populista e demagogica, le paure e le insicurezze dei
cittadini, senza peraltro mai dare risposte o offrire soluzioni credibili ai
loro problemi e alle loro istanze. La crisi sembra aver azzerato le attese di
crescita e di miglioramento delle prospettive di vita e ha nel contempo
alimentato le insoddisfazioni e le frustrazioni delle persone, che spesso
tendono ad affidarsi a quelli che Ilvo Diamanti definisce «i Tribuni che
mobilitano le passioni “contro” i poteri politici ed economici».
La
distanza tra i problemi di chi vive la vita vera e la percezione che ne ha chi
ancora oggi rappresenta la politica è diventata insopportabile; è venuto meno
il contatto con la realtà da parte di chi quella realtà dovrebbe conoscerla e
interpretarla. La rappresentazione della politica veicolata dai mass media ha
stancato, non convince più, non è più credibile e ha profondamente deluso.
Fra le
questioni che hanno contribuito ad accrescere lo scollamento tra politica e
società civile vi è senz’altro il problema della corruzione, del malcostume,
della violazione delle regole che tocca ormai tutti gli ambiti del quotidiano.
L’Italia, da questo punto di vista, appare come un malato grave che, se non
sottoposto urgentemente a una cura energica e coraggiosa, rischia di morire.
La
questione morale diventa quindi un tema estremamente rilevante per recuperare
credibilità e autorevolezza agli occhi degli italiani, in particolare perché
la scarsa propensione al rispetto delle norme sta travolgendo anche la parte
sana del nostro paese, quella che resiste e che lotta ogni giorno per affermare
il principio di legalità. Le conseguenze più pesanti della crisi economica e
sociale che stiamo vivendo si abbattono, infatti, proprio sugli onesti, su chi
paga le tasse, richiede la ricevuta fiscale, rispetta le istituzioni e si sente
quotidianamente preso in giro da chi, come un parassita, vive sulle loro
spalle, da chi, insomma, lo sciopero fiscale lo fa da sempre e da sempre la fa
franca.
Visto che la corruzione, il malaffare e l’evasione si annidano
soprattutto nelle zone d’ombra, dove potere e discrezionalità si esercitano
senza rispettare i più elementari criteri di trasparenza, è necessario
accorciare la distanza tra periferia e centro, attraverso, ad esempio, la
pubblicazione via internet dei bilanci dei ministeri, delle pubbliche
amministrazioni, delle aziende partecipate e dei partiti politici.
Proprio in
questo momento, in cui il paese ha urgente bisogno di legalità, di affermare
il senso di giustizia e di equità, dobbiamo evitare di far sentire isolati quei
cittadini perbene che continuano a rispettare lo Stato ma che chiedono di non
essere lasciati soli. Il compito di chi ha incarichi di governo, a tutti i
livelli, è quello di sostenere le categorie più deboli, soprattutto nel momento
in cui si allarga la frattura tra i ricchi e i poveri e si vedono aumentare le
ingiustizie sociali: perché senza solidarietà non vi è una comunità.
Non meno rilevanti di quelle sociali e politiche sono le conseguenze
economiche della corruzione. È del tutto evidente che la presenza di un
capillare ed esteso sistema di corruzione impedisce lo sviluppo e frena la
crescita del paese, disincentivando anche le imprese straniere a investire
risorse in Italia dove, peraltro, alla corruzione si aggiungono le lungaggini
di una burocrazia amministrativa soffocante, un sistema di giustizia civile
inefficiente e una scarsa cultura dell’innovazione e dello sviluppo
tecnologico.
Ecco
perché il ruolo degli amministratori locali può essere in questa fase strategico
per ricostruire il rapporto di fiducia tra le istituzioni e il paese: il loro
essere a contatto con le persone e con i problemi reali, il loro essere
percepiti come persone “normali” e non come dei “privilegiati”, il loro essere
disponibili all’ascolto e alla comprensione, il loro saper motivare le risposte
anche quando queste sono negative possono fare la differenza.
Appare indispensabile, proprio in questo scenario di fragilità del
sistema democratico, attivare meccanismi di partecipazione e di cittadinanza attiva
che facciano sentire i cittadini al centro delle scelte amministrative e che li
mettano anche nelle condizioni di controllare l’operato di chi amministra le
città. Penso alle assemblee tra Giunta municipale e comitati di quartiere per
discutere su come investire le poche risorse disponibili; penso alla
facilitazione del rapporto tra i cittadini e l’amministrazione che è possibile
realizzare attraverso l’introduzione di sistemi informatici in grado di
snellire i tempi di attesa per i pagamenti o per il rilascio di certificati;
penso alla valorizzazione della vita nei quartieri di periferia, possibile
puntando sulla scuola come luogo ideale per promuovere la crescita
interculturale tra generazioni e facendo attecchire l’idea che solo una comunità
aperta all’esterno riesce a sopravvivere alle complessità che caratterizzano la
nostra epoca.
Essere un
buon amministratore significa anche intraprendere scelte coraggiose di
cambiamento e di innovazione che non sempre rispondono alle aspettative della
generalità dei cittadini e questo perché la politica non può essere schiava
esclusivamente del consenso, ma deve necessariamente avere uno sguardo lungo
sul futuro con il quale ripensare, anche dal punto di vista urbanistico, una
città al passo con i rapidi e spesso imprevisti cambiamenti della società.
Su questi
presupposti e su questa idea di città, a Vicenza abbiamo inteso promuovere un
percorso culturale e educativo al fine di mettere al centro dello sviluppo
cittadino la scuola come motore di democrazia e di crescita interculturale,
partendo dal presupposto che le diversità sono la regola e non l’eccezione,
che il diverso non ci inquina ma ci arricchisce. La scuola come meccanismo
propulsore delle scelte strategiche per uno sviluppo sostenibile che tiene
conto, seppur in una visione globale e complessiva, anche delle peculiarità di
ciascun quartiere.
Se infatti
è vero che il 70% degli apprendimenti e dei nuovi saperi avvengono al di fuori
della scuola, questo significa che chi amministra deve favorire lo sviluppo
armonico dei quartieri, a partire dall’attenzione verso i bambini e gli alunni
che diventano così gli “indicatori ambientali della qualità della vita nel
contesto urbano”, nella convinzione che una città a misura di bambino sarà sicuramente
più vivibile per tutti.
Ecco
quindi l’idea di un patto, della realizzazione di uno sforzo congiunto da
parte di tutte le agenzie educative del territorio – l’ente locale, l’ufficio
scolastico provinciale, gli 11 dirigenti scolastici cittadini e le associazioni
degli stranieri – per raggiungere l’obiettivo di governare le iscrizioni
scolastiche attraverso delle regole comuni a tutti secondo la convinzione che
le pari opportunità formative non possono prescindere dalle pari opportunità di
accesso alla scuola, arginando così l’anarchia assoluta che ha prodotto
inevitabilmente scuole di serie A e di serie B.
Altro elemento che supporta questa idea di città è rappresentato dal
Centro per la documentazione pedagogica e la didattica laboratoriale: prima
esperienza italiana che offre oltre 60 laboratori e sportelli gratuiti
finalizzati all’educazione, alla formazione e alla crescita della persona e
rivolti ai bambini, ai ragazzi, agli insegnanti e agli adulti, con oltre 100
volontari esperti professionisti che settimanalmente mettono a disposizione il
loro tempo e le loro competenze in favore della comunità.
Una buona
amministrazione di centrosinistra è quindi quella che lega le proprie scelte
amministrative a un ideale educativo e a valori etici che contribuiscano a
rafforzare nel cittadino il senso di appartenenza a una comunità e la cultura
della legalità coniugata al principio della solidarietà, collegando i comuni doveri
con la capacità di integrare, di estendere diritti, di includere nuove popolazioni,
favorendo il mescolamento tra culture.
Spetta pertanto alle amministrazioni locali accorciare la distanza
e favorire lo sviluppo di un nuovo umanesimo democratico che riesca a rimettere
al centro del fare politica la persona come soggetto di diritti e di doveri, e
cioè come cittadino inserito in un contesto di relazioni sociali e di
responsabilità individuali e collettive. In questo contesto lo sforzo della
politica deve essere quello di potenziare il ruolo dello Stato come promotore
della realizzazione dell’uguaglianza delle opportunità, di garantire il
rafforzamento delle capacità di scelta e autodeterminazione degli individui, lo
sviluppo di relazioni sociali umanamente ricche.
A questo Stato, tuttavia, si chiede di rispettare gli enti locali
come ultimo anello istituzionale che quotidianamente fatica a garantire la
gestione delle città e ad assicurare i servizi essenziali ai cittadini. A
questo Stato noi amministratori locali chiediamo di essere ascoltati perché
attraverso la nostra voce può conoscere davvero quali sono le sofferenze vere e
profonde delle famiglie italiane, quali sono le attese e i bisogni delle nuove
generazioni, riconquistando così una fiducia indispensabile e quanto mai
necessaria per la ricostruzione di questo paese.
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