Come sanno anche i sassi, una storia per essere tale deve avere un protagonista. Il problema che io ho spesso riscontrato, è che non di rado costui agisce come una specie di buco nero. Assorbe ogni cosa, fino a distruggere la storia, e non solo.
Il personaggio diventa talmente importante, talmente protagonista appunto, da lasciare agli altri sì e no le briciole.
Se vi sono più figure all’interno della storia, queste o sono al suo completo servizio (come schiavi), oppure scadono al ruolo di semplici specchi riflettenti i suoi pensieri, le sue azioni, eccetera eccetera.
Essere democratico, dunque. Dopo qualche utile lettura capisco (o forse lo avevo già capito, e negli anni di inattività, me ne ero dimenticato?), che ogni personaggio deve avere una dignità. Pari diritti del protagonista.
È questa la lezione che Carver lascia (ce ne sono altre, certo): se fai entrare Sempronio nella storia, questo non deve essere il servo di Caio, ma avere vita propria. In caso contrario, meglio lasciarlo fuori. Eliminarlo.
Ogni creatura che si muove in un racconto o romanzo che sia, deve avere una personalità: emergere. Non dico che debba parlare, tenere discorsi, rubare la scena al nostro baldo eroe. Nulla di tutto questo. Anche se si tratta di un cane, un gatto? Immagino di sì; oppure è preferibile escluderlo.
Se però Sempronio entra nella stanza, deve entrarci sul serio; se parla, deve dire qualcosa di interessante. Non è sul libro paga del protagonista, ma è dotato di vita propria, di una testa, e il lettore quando lo incrocia sulla pagina (analogica o digitale che sia), deve dire: “Ah”.
Non è necessario scrivere delle pagine e pagine a proposito di Sempronio (perché il protagonista è Caio, ricordi?). Però occorre rendere il suo transito chiaramente percepibile. Non entra nella stanza per caso; e anche se accade, quell’azione deve sfoderare personalità.
Benché il nostro eroe abbia sulle spalle il destino della storia, tutti quelli che incrocia nel suo viaggio non possono essere ombre; o sarà solo. Anche se si affacciano sulla soglia della porta, e salutano, quel saluto deve essere palpabile, reale, spiccare: essere appunto un saluto.
Di tanto in tanto, la balena emerge dal mare, emette il soffio, e poi torna nelle profondità delle acque, sino alla volta successiva. Il protagonista è il mare: immenso, zeppo di vita, potente. Ma quando la balena, una delle tante creature ospiti del mare, fa capolino, non ti fermi a guadarla? Ecco: così deve accadere quando il lettore incrocia nella tua storia un personaggio che non sia il protagonista: deve fermarsi, e guardare.