La caccia alle frasi innocue

Da Marcofre

Quando rileggi, e poi riscrivi, capita di incontrare delle frasi del tutto innocue. Se ne stanno lì. Attente a non far rumore, a non invadere territori estranei. Le conosci bene, le hai messe tu sulla pagina. Sono perfette, non contengono errori né refusi. Hanno persino una loro dignità, una certa bellezza, ma non hanno ambizioni particolari. Desiderano solo esserci.

Sono da cancellare. Eliminare, gettare nell’immondizia. A volte, penso che la scrittura sia anche una questione di economia. Ma mentre in quella vera spesso si tiene solo l’utile, di rado il bello, la sfida per chi scrive è mantenere l’utile che trasmette il bello. Con tutti i rischi che questo comporta.

Sto revisionando, quando ho tempo, i miei dieci racconti; e di queste frasi me ne capitano tra i piedi un discreto numero.

In fondo, per quanto uno si dia da fare, non riuscirà mai a costruire la storia perfetta. Ci sarà sempre qualcosa che ne offusca per un attimo lo svolgimento. Un dialogo che funziona male, una parte che appesantisce la trama.
Però oggi parlo dei dettagli. Delle piccole zeppe che finiscono sulla pagina.

A esse affidiamo un compito che solo il duro lavoro, e la mancanza di pietà, possono portare a termine. Costruire una storia che dia del tu all’arte. Iniziamo a renderci conto della loro inutilità dopo l’ennesima rilettura. Non è che quella frase stoni, o sia brutta, come ho già scritto in precedenza.

È eccessiva.
Con la memoria cerchiamo di risalire al momento preciso in cui è stata scritta. Intanto è già stata evidenziata. Ci diciamo che è solo per vederla meglio. Però rileggiamo quello che c’è prima e dopo senza di lei.

Ripetiamo l’operazione ad alta voce, con lei. Un attimo dopo, la pressione del tasto “canc” la elimina dalla pagina. La questione è: ma alla fine non si rischia di buttare anche qualcosa che ha valore? Forse non si tratta di una smania che rischia di indebolire la storia?

Buona domanda. Ma nella scrittura non ci sono certezze.

Fino a ora ho la sensazione di non aver commesso enormi errori (anche grazie a una persona che legge le mie storie). Posso affermare che c’è una certa evoluzione nella scrittura, non involuzione: il che è buono. Ma questo vuol dire tutto e nulla. Alla fine bisognerà vedere se tutte queste parole hanno davvero vigore e valore. Questa persona dice di sì. Io pure, ma non faccio testo.

Intanto, andiamo a caccia della prossima frase.