La Cambogia che ti entra dentro in 24 ore: la città di Angkor

Creato il 19 novembre 2014 da Mamma In Oriente

Con questo post concludo il racconto delle mie 24 ore in Cambogia. Nella prima parte vi avevo raccontato di come, anche solo il viaggio e l’attraversamento del confine via terra con la Thailandia, fosse stato pieno di sensazioni ed emozioni sia belle che sconvolgenti. Oggi vi racconto di quella che era la nostra meta: l’antica Angkor, uno dei siti Patrimonio dell’Umanità. E’ uno dei siti turistici più visitati di tutto l’Oriente e devo dire che diversamente da quanto spesso mi succede, nonostante la grande aspettativa, non sono affatto rimasta delusa. Anzi, il rammarico è stato di non averla potuta visitare con calma.

Si tratta di un sito grandioso, che trasmette un senso di maestosità, potenza, armonia e nello stesso tempo di decadenza. Armonia paragonabile all’architettura classica greca e romana
Ormai tutti gli edifici sono del colore grigio della pietra arenaria con macchie di verde dove la vegetazione ha intaccato i muri. Tutto intorno prati e foreste in tutte le sfumature del verde. Colori interrotti solo dal rapido passaggio dei monaci nelle loro vesti color zafferano o arancio.

Bellissimo il contrasto che il colore acceso delle loro vesti crea con il panorama.

Oppure dagli abiti sgargianti dei ballerini e figuranti dallo sguardo triste che si prestano ad essere fotografati dai turisti.

Camminando lungo le tante gallerie di Angkor Wat non ci si stanca mai di ammirarne la perfezione e la prospettiva.

Ed anche per i bimbi è stato divertente esplorare un edificio per loro così anomalo.

Bellissimi anche gli scorci dall’alto di una delle torri, visti attraverso le balaustre.

Le origini e le motivazioni della costruzione del sito di Angkor sono ancora un mistero oggetto di molti studi e teorie. E’ ormai certo che si tratti della più vasta città abitato del mondo preindustriale. Gli edifici giunti fino a noi sono solo quelli religiosi, in quanto abitazioni ed edifici pubblici venivano costruiti in legno e sono andati quindi deteriorati e distrutti nell’arco del tempo. Centro di questo vasto complesso è il tempio di Angkor Wat, il sito religioso più grande al mondo. Ancora non si è riusciti ad accertare se costruito per venerare delle divinità o come tempio funerario del re.

Un altro mistero ancora è legato al motivo della presenza di quasi 2000 “Devata”, attraenti figure femminili tipiche del periodo Khmer, scolpite lungo le pareti di Angkor Wat. La donna, stranamente, costituiva grande importanza per questo popolo antico. La linea di successione era infatti quella materna e le donne avevano molto peso nella vita quotidiana, nell’economia e negli affari.

La città venne misteriosamente abbandonata nel XV secolo e le prime notizie della sua esistenza giunsero in Europa intorno al 500′. Solo a metà dell’800′ si ebbero però i primi racconti dettagliati della “città di pietra racchiusa nella giungla”. Parte del fascino del sito è dato proprio dal luogo in cui si trova: una vasta pianura attraversata da corsi d’acqua e laghi ricoperta dalla giungla.

La maggior parte dei templi sono stati ripuliti dalla vegetazione e restaurati, Ta Prohm invece è stato lasciato così come è stato trovato: semi diroccato e invaso dalla vegetazione.

I grandi esemplari di alberi di “Ficus strangolatori” e “Tetrameles nudiflora” cresciuti letteralmente sugli edifici, ricoprendoli di radici e recuperando lo spazio che l’uomo gli aveva sottratto, rendono questo luogo molto suggestivo. Non a caso ci sono stati girati vari film fra cui il famoso “Tomb Raider”. I bimbi si sono sentiti dei veri esploratori ed erano stupiti da come gli alberi fossero cresciuti sulle pietre.

All’uscita di Ta Prohm siamo stati investiti dal rumore forte di una musica sparata da delle casse installate su un camion. Sopra anche bimbi ed adulti in festa che cantavano e ballavano.

Un piccolo corteo che seguiva un gruppo di donne in processione con le loro offerte alle divinità portate sul capo. Probabilmente già un festeggiamento del Loi Krathong. L’allegria di questa scena contrastava fortemente con il gruppo di venditori bambini che con sguardo triste si aggrappavano ai nostri abiti proponendoci piccoli souvenirs in maniera ossessiva.

Un altro dei contrasti di questo paese.
Occhi malinconici che arrivano dal non aver dimenticato anni di sterminio ed occhi allegri di chi vuole vivere una nuova vita.


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