La camorra a fumetti. Di Gianluca ed Emiliano

Creato il 03 febbraio 2014 da Tipitosti @cinziaficco1

Si conoscono da circa venti anni. Lavorano in settori diversi, ma da alcuni anni hanno deciso di condividere una passione: i fumetti. Oltre alla politica. E così, uno, nato a Napoli, ma residente a Bologna, laureato al Dams, maestro elementare, disegna. L’altro, di Formia, classe ’71, scrive i testi. https://www.facebook.com/strozzopoli

Sono Gianluca Varone ed Emiliano Di Marco, che spiegano: “Ci conosciamo da circa vent’anni, perché siamo cresciuti nello stesso comune, Sessa Aurunca e facevamo politica insieme. Eravamo tra gli occupanti del CSA Senza Filtro, il primo centro sociale nato in provincia di Caserta. Il Senza Filtro ha avuto un’esperienza breve, dal 1994 al 1997, ma intensa. Le nostre iniziative venivano pubblicizzate regolarmente su una rubrica de Il Manifesto. Il Senza Filtro si ispirava al movimento Cyberpunk ed al Movimento Zapatista, pur essendo un centro sociale molto vicino a Rifondazione Comunista e si poneva fuori dalle dinamiche di potere del casertano, provando a costruire una comunità di differenti. Nel 1994, ad esempio, abbiamo fatto parte delle iniziative ufficiali del contro vertice al G7+1 di Napoli, ospitando per una giornata intera i rappresentanti dei sette Paesi più poveri della terra. Quello è stato il primo controvertice che si sia mai fatto nella storia dei G7”.

Veniamo ai fumetti

 Emiliano L’idea era quella di provare a fare dei fumetti che raccontassero la realtà sociale della provincia di Caserta, resi in una maniera più vicina possibile anche al parlato. Abbiamo cominciato a farli per il blog di Strozzateci Tutti, che pubblicizzava un libro di saggi e racconti contro le mafie, scritto per la casa editrice Aliberti, curato da Marcello Ravveduto, con la prefazione di Marco Travaglio, a cui hanno partecipato tanti autori e giornalisti affermati. Io ero semplicemente un blogger che dal 2007 raccontava storie di camorra e mafia. Volevamo utilizzare la potenza del fumetto per fare delle storie ispirate al fumetto-reportage, tipo quelli di Joe Sacco, utilizzando, però, la carica ironica del napoletano. Gianluca poi è molto bravo a descrivere i volti, che sono assolutamente fondamentali per la resa dell’espressione del napoletano parlato. Non ci riteniamo pionieri, anche se il nostro tipo di fumetto non è classificabile come i lavori di Valerio Bindi e M.P.Cinque, oppure di Luigi Bernardi e Grazia Lobaccaro, le loro sono vere e propre Graphic Novel.

Gianluca. Beh, io, all’epoca, avevo ripreso la passione giovanile del disegno, dopo tanti anni. Da quado sono diventato maestro elementare e ho cominciato a fare piccoli disegnini in calce alle correzioni dei quadernoni, riscuotendo un certo successo tra i bimbi, avrò disegnato migliaia di Sponge Bob e Patrick ed altri soggetti amati dai bambini. E’ stato il mio primo vero pubblico. Così mi è ritornata una gran voglia di disegnare e ho iniziato a studiare, frequentando un corso tenuto da Laura Scarpa con lezioni di Saudelli, Baldazzini, Ziche, Ratigher e altri importanti firme del fumetto italiano.

I temi sono variabili?

Emiliano. I temi sono generalmente la realtà sociale di Napoli e le periferie, incluso il Casertano, in cui la mafia, in una maniera o in un’altra  entra, e non perché sia un fenomeno sempre così pervasivo, ma perché è un fatto sociale totale, una sorta di prisma, attraverso il quale si possono descrivere una intera serie di fatti e fenomeni sociali. La camorra, è l’argomento che fa più da sfondo rispetto alla descrizione delle microstorie, le quali hanno per protagonisti persone, uomini, donne, a volte  bambini, che vivono immersi in questo fenomeno, magari senza esserne coscienti. Un fenomeno che poi rappresenta i dispositivi e l’organizzazione stessa della società in cui vivono.

A cosa e a chi possono servire i vostri fumetti? 

Emiliano e Gianluca Per noi è un gioco, un esercizio, un modo per descrivere qualcosa. E’ come quando si scatta una foto oppure si dipinge un quadro. Forse  possono servire a dimostrare che ognuno di noi, in qualsiasi momento della sua vita, può provare a sfidare se stesso e gli altri, tentando di dire quello che sente o vede, non per condannare, ma semplicemente per fotografare un fatto, una attualità, per quello che sono.

Scrivete e disegnate in modo libero.  A quale prezzo?

Emiliano: La cosa non mi è costata alcuna minaccia, fino ad ora. Le uniche mie fonti di preoccupazioni sono per il momento la crisi economica e il fallimento delle istituzioni pubbliche con le quali lavoravo e grazie alle quali vivevo a Napoli, facendo il mio onesto lavoro di accoglienza ed integrazione dei Rifugiati a Napoli, nell’ambito di un programma Sprar. Ho dedicato 12 anni della mia vita ai rifugiati e richiedenti asilo politico e devo a loro il punto di vista con il quale oggi osservo la società. Le uniche difficoltà negli ultimi anni le ho avute a Napoli soprattutto quando qualcuno ha deciso di utilizzare il sistema della shock economy per risolvere i problemi irrisolti di Napoli, come è successo per i rifiuti, il pogrom di Ponticelli,  gli sgomberi delle palazzine occupate dai rifugiati a Napoli. Quando la partecipazione è stata ristretta a pochi soggetti embedded.

Quanto ci mettete per realizzarli?

Emiliano. In genere propongo delle storie a Gianluca e insieme scegliamo quella che lo convince di più. Gli invio una specie di sceneggiatura. Magari con foto di location, visto che vive a 600 chilometri da Napoli. Lui, poi, organizza il lavoro nei ritagli di tempo. Ci sentiamo ed eventualmente modifichiamo qualche frase. In genere l’ultima parola spetta sempre a lui. Ci ispiriamo a storie di vita vissuta, ai libri di Peppe Lanzetta, oppure a film come “Mi manda Picone”, di Nanni Loy; “Così parlò bellavista” ed altri di De Crescenzo, oppure ad alcuni aspetti surreali della comicità di Totò. Ci ispiriamo alle canzoni, a volte ad una frase sola di una canzone, anche la più inaspettata di un autore famoso. Poi si prova anche a filosofeggiare, cercando magari di utilizzare qualche concetto appreso qua e là sui libri di Deleuze, oppure di Derrida, Foucault, autori che certo non scrivevano in napoletano.

Gianluca. Il tempo di realizzazione può variare molto, dipende, come ha detto Emiliano, dal mio tempo, soprattutto. Disegno quando non sono sommerso dal lavoro, quando non ho voglia di suonare il sassofono e compatibilmente con la pratica dell’Aikido. Diciamo che sono uno di quelli che crede che nella vita sia meglio fare dieci cose male, piuttosto che una benissimo.

Emiliano: Gliel’appoggio. Ha ragione su questo fatto.

Potremmo discutere a lungo su questo. Ma meglio non annoiare i lettori.  Quanto è tosto far passare certi messaggi attraverso i fumetti?

Emiliano. A me sembra che i fumetti veicolino dei messaggi, se ci sono, in maniera molto più efficace di altri mezzi. Questo perché con il fumetto si può controllare tutto quello che si vede e tutto quello che si dice, in maniera totale. Poi chiaramente ognuno si fa il suo effetto Barnum.

Chi vorreste che li leggesse? 

Emiliano. I fumetti sono su internet. Chi vuole leggerli, li trova lì. La Rete è uno strumento abbastanza interessante per il fumetto. Forse una vera e propria rivoluzione. Le storie sono brevi anche perché i tempi di lettura su internet spesso sono brevi. Lo vedo con le statistiche di lettura, in genere 1,30 minuti. Quindi è necessario cercare di dire in poco spazio qualcosa di efficace.

Gianluca. Sono fumetti alla Ungaretti

Consigli a chi voglia provarci, come avete fatto voi? 

Emiliano. Chiunque abbia voglia di dire qualcosa, lo faccia, utilizzando tutti i mezzi che Internet offre, dalla musica alle immagini, anche facendo foto con un cellulare. Conosciamo persone che fanno delle cose straordinarie, grazie a pochi mezzi tecnologici. I social network poi, se presi come uno strumento di condivisione, possono rappresentare un mezzo straordinario di evoluzione dei linguaggi. Oggi è possibile creare comunità virtuali di persone armate di sorrisi e risate sagaci e capaci di demolire le leggi morali che paralizzano il Paese.

Ma si può campare di fumetti?

Gianluca ed Emiliano. Non si campa di giornalismo, figuriamoci di fumetti. Se sei un grande nome sì, ma non aspiriamo a diventare dei giganti. Siamo abbastanza felici della simpatia che riusciamo a trasmettere, a volte, a chi ci conosce ed apprezza.

Vi sentite tosti?

Emiliano. Non ci sentiamo tosti. Non facciamo alcuno sforzo. Anzi, ci divertiamo. Però, bisogna ammettere: ci abbiamo provato e i nostri fumetti piacciono.

Gianluca: Io più che tosto, mi sento flaccido.

Emiliano: Gliel’appoggio. Ha ragione su questo fatto.

In futuro?

Vogliamo invecchiare bene, in buona compagnia, possibilmente con un lavoro che lascia il tempo da dedicare alle altre cose.

                                                                                                                           Cinzia Ficco


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