La Capanna dello zio Mario (e il vitalizio proletario)
Creato il 25 febbraio 2015 da Ambrogio Ponzi
@lucecolore
La
Capanna dello zio Mario
Capanna
ha riconosciuto di percepire un vitalizio di 5mila euro al mese, ma
di non sentirsi un privilegiato; ohibò, mi pare proprio un ossimoro.
Questo vitalizio se l'è meritato, dice lui, epperbacco! -come,
quando, perché?-, e non ci sta ad una riduzione del 10%, perché
non si possono toccare i diritti acquisiti: ipse dixit!
Lo sbraita
nientepopodimeno che Mario Capanna, ex parlamentare e consigliere
regionale, che, insieme ad altre 53 persone, ha fatto ricorso contro
un taglio del genere, deciso dal governo.
Egli
continua, asserendo che si batte per gli altri, non per la sua
pensione, perdiana e vivaddio! “Mi cambia poco 100 o 200 euro di
meno. Prendo una cifra elevata -meno male che se ne rende conto!-, ma
il problema è alzare le pensioni minime, non abbassare per invidia
quelle alte”.
“I problemi del Paese – continua Capanna – sono
altri. La colpa è dei giornalisti che parlano di queste minchiate e
pirlate. Se il Tar non ci desse ragione, da quel momento tutti i
diritti acquisiti potrebbero essere sforbiciati, esattamente come
hanno fatto con me. Ma i giornalisti vogliono fare audience,
titillano la pancia delle persone”.
Erotomani! Che arrampicate
ridicole sugli specchi!
“Che
volete fare – dice ai conduttori della Zanzara – volete che
finisca come un barbone(!), per fortuna non lo sono. Non sono un
privilegiato, ma ho una pensione riconosciuta per un lavoro fatto.
-Quale?, mi chiedo, nuovamente-.
Non
ci sono più i compagni di una volta.
Mario
Capanna, l'eroe dei proletari.
Super-Mario
è stato Consigliere regionale della Lombardia, tra il 1975 e il
1980, consigliere comunale a Milano (1980), parlamentare europeo
(1979-84), deputato nazionale per due legislature (1983-92): in
tutto, 17 anni di duro ed indefesso lavoro.
Ora,
però, in tempi di spending review, la Regione Lombardia ha deciso di
tagliargli l’assegno, in modo, più che altro, simbolico.
Un
«proletario» come Capanna dovrebbe approvare un’operazione del
genere: tagliare a chi ha di più per aiutare chi, in questo periodo
di crisi, ha di meno. Neanche per sogno! L’ex leader del ’68 ha
subito presentato ricorso al TAR.
C'è
una frase, nella biografia pubblicata sul suo sito:
«(Capanna)...poteva diventare un bravo meccanico, come il padre e i
fratelli o, in subordine, un buon insegnante di liceo. Il Sessantotto
decise diversamente».
Già, il ’68 gli evitato di faticare e gli
donato un vitalizio. Io lo ricordo, prima alla Cattolica,
dall'autunno del '67, poi alla Statale, sempre a Milano: un
peracottaro, un tortafrittaro, come diciamo noi, qui nel Parmense,
dedicato, quotidianamente, con una barbaccia da imam salafita, al
mestiere dell'urlatore di slogans, confezionati con aria fritta e
rifritta, in olio scaduto, un parolaio fanatico, protetto dai suoi
“katanghesi”.
Quelli che, se ti andava bene, quando osavi
contestare e criticare, ti spintonavano malamente, fuori
dall'assemblea studentesca; ma se insistevi, ti pestavano a suon di
calci e pugni. Democrazia proletaria, appunto!
Avevo conosciuto, e
rispettavo maggiormente, il suo compagno di merende Curcio, più
sincero e concreto, nelle sue pur discutibili azioni. Girava, ai
tempi, una leggenda metropolitana meneghina, di rapporti tra
Mariolino e la Giulia Maria Crespi, che poteva essere comodamente sua
madre. Colpa di Montanelli o del FUAN? A Capanna dedico l'ironica
ballata degli Squallor, “Mi ha rovinato il '68”, che si può
ascoltare su YouTube.
Franco
Bifani
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