Leggo su La Nuova Sardegna che il Consiglio regionale sardo vuole assumere quindici nuovi dirigenti e che in Regione si vuole creare un pool di super burocrati, la cosiddetta “area quadri”, per far finalmente funzionare bene la pubblica amministrazione. “La Casta sarda promuove i nuovi boiardi”, titola il giornalista Alfredo Franchini, cronista attento che conosce bene i meccanismi della politica isolana per averla seguita e raccontata per tanti anni. Seppure – come denuncia la Cisl Funzione Pubblica – in Consiglio regionale manchi il personale (nelle categorie più basse pare siano scoperti addirittura 38 posti su cento), la massima Assemblea sarda ha predisposto un bando per l’assunzione di quindici nuovi dirigenti. Non solo: in Consiglio sta circolando una proposta di legge, a quanto pare anonima, che istituisce la cosiddetta “area quadri”: in pratica, dovrebbe essere creato un gruppo di super dirigenti con funzioni «di consulenza specifica e di gestione di progetti per conto delle direzioni politiche e delle direzioni generali, le quali pianificheranno l’impiego del medesimo personale in funzione e secondo le priorità che riterranno strategiche». Insomma, la politica sarda intende avvalersi di un gruppetto di superburocrati, ovviamente con stipendi adeguati al ruolo. Di questa ristretta cerchia potrà far parte «il personale regionale non appartenente alla categoria dirigenziale regionale che al primo luglio 2013 risultasse in assegnazione allo staff della presidenza del Consiglio, agli uffici di supporto allo staff della direzione politica, ovvero facesse parte del gabinetto; il personale della direzione politica, ovvero la presidenza del Consiglio, con funzione di capo gabinetto o capo segreteria, ovvero segretario particolare».
I nuovi dirigenti d’assalto
Ma al di là dell’incoerenza di un’amministrazione pubblica che da un lato predica la spending review e dall’altro, con la campagna elettorale alle porte, crea nuovi dirigenti di cui probabilmente si potrebbe fare a meno, la notizia riportata dalla Nuova mi spinge a fare alcune considerazioni generali sull’influenza della politica e delle lobby economiche nelle dinamiche del mondo del lavoro. Influenza enorme quando si tratta di posti di lavoro pubblici. Nel mondo del lavoro è purtroppo emersa una classe di nuovi dirigenti d’assalto pronta a tutto. Spesso si tratta di giovani che non hanno mai lavorato o comunque hanno fatto pochissima gavetta, ma ai quali sono riconosciute delle grandi doti di comando. In realtà si tratta di persone mosse dalla sete di potere che eseguono come burattini gli ordini provenienti dalle potenti lobby che le manovrano. I nuovi dirigenti d’assalto, forti con i subordinati e proni con i loro padroni, schiavizzano e mobbizzano quei pochi che ancora lavorano. Perché oggi, nel mondo del lavoro, è passata l’idea che per essere buoni dirigenti bisogna solo saper comandare con fermezza. Eseguire ordini e farli eseguire ai subordinati. Non importa la competenza. Chi lavora sul campo, chi alle angherie è in grado di opporre solo la forza della sua esperienza e non quella del padrino di turno, viene considerato un lavoratore di serie B. La verità è che l’Italia, come giustamente ha spiegato il sindacalista Maurizio Landini della Fiom Cgil, è una “Repubblica fondata sullo sfruttamento del lavoro”. La Sardegna non fa eccezione. E purtroppo non si uscirà da questo circolo vizioso se non valorizzando le persone, e fortunatamente ne esistono tante, che lavorano con passione ed entusiasmo senza cercare favoritismi e scorciatoie. E dando un calcio nel sedere alla nuova classe dirigente parassita e subordinata al potere, che sa dare ordini ma non sa lavorare. Forse in un tempo non troppo lontano anche la politica si renderà conto dell’importanza di avere a che fare con lavoratori liberi e senza padroni che non hanno altro interesse che fare il loro lavoro per il bene comune. Sperando che non sia troppo tardi. Ma oggi parlare di bene comune è putroppo ancora un’utopia.