Remake, reboot. Chiamatelo come volete. Non importa. La casa (Evil Dead, 2013) di Fede Alvarez non raggiunge l’originale di Raimi, ma poco ci manca.
Mia è una drogata e i suoi amici (compreso il fratello) vogliono aiutarla. Per riuscire nella disintossicazione i cinque ragazzi si recano in una piccola casa nel bosco di proprietà di Mia e del fratello David. Durante la prima notte i ragazzi trovano una botola sotto il tappeto; la perlustrano ed Eric trova uno strano libro, dal quale legge delle strane formule. La lettura provocherà il palesarsi di uno spirito demoniaco, che prenderà possesso del corpo della fragile Mia per cercare di uccidere tutti gli abitanti della casa.
Molto più sangue e meno ironia, la protagonista è una donna e non un uomo. Queste sono le principali differenze che contraddistinguono La casa di Alvarez da La casa (Evil Dead, 1981) di Raimi. Difatti il regista sudamericano segue il canovaccio ed esegue un’ostentazione pura della cinematografia demoniaca, sfociando in un gore più crudo ed esplicito del suo predecessore. Non ci troviamo di fronte a un capolavoro indiscusso, ma sicuramente di fronte a una pellicola che raggiunge appieno i suoi obiettivi: celebrare senza ricalcare, ma terrorizzando. Auto amputazioni, stupri surreali e posseduti dal demonio si alternano sullo schermo cinematografico in modo invasivo e incalzante. Lo spettatore non ha un attimo di tregua, nemmeno a inizio film, nel quale vengono mostrate le origini del male, del “libro” e della cantina. Alvarez rimane ben aggrappato al cult raimiano e, pur avendo a disposizione un ingente budget produttivo, non si lascia andare all’abuso di effetti speciali digitali, anzi si limita all’effetto meccanico e molto più verosimile. Naturalmente si sta parlando di un horror senza mezzi termini e come qualsiasi opera di genere si tende non solo a stigmatizzare la curiosità umana, ma anche a celebrarne la stupidità. Tutto il pubblico seduto in sala si aspetta il momento in cui uno dei protagonisti (in questo caso il nerd Eric) libererà la bestia satanica. Tuttavia Alvarez fa un ulteriore passo avanti perché rende funzionale la botola della casa. Difatti se nell’originale si apriva senza preavviso, qui viene trovata, perlustrata e in seguito resa funzionale per chiudere in un luogo senza vie di fuga Mia, che sta intraprendendo un percorso di disintossicazione. Questo è il pretesto, l’incipit che Alvarez cavalca dall’inizio alla fine e con la benedizione di Raimi (produttore del film insieme alla star Bruce Campbell) si allaccia nelle battute conclusive al secondo capitolo della saga La casa (qualcuno ricorda la motosega?).
Come già anticipato Alvarez esibisce più sangue, mentre annulla l’ironia, quel sarcasmo che nel proseguo della saga si è trasformato in pura e semplice demenzialità trash, grazie anche all’apporto fondamentale dell’ “eroe per caso” Bruce Campbell, alias Ash. Tuttavia questa scelta è sicuramente decisiva, perché probabilmente il risultato sarebbe stato una copia priva di originalità e personalità. Inoltre il linguaggio filmico dell’opera capostipite si sarebbe mal sposato con l’attuale pubblico, abituato a vedere qualsiasi cosa e a non rimanere minimamente impressionato. Diversamente con La casa si rimane incollati alla poltrona e si fatica a rimanere indifferenti per il suo carico di intensa volontà di stupire e, a volte, di disgustare. E questi aspetti tramutano sicuramente La casa di Alvarez in uno dei prodotti horror più riusciti dell’ultimo periodo.
Uscita al cinema: 9 maggio 2013
Voto: ***1/2