Vanna Vinci ha vinto nel 2005 il premio Gran Guinigi al Lucca Comics & Games come miglior disegnatore. Ha pubblicato in Francia e in Italia con Einaudi, Mondadori e Fabbri. Ha collaborato con le riviste “Linus” e “Io Donna”, e attualmente realizza illustrazioni per il quotidiano “l’Unità”. Insegna all’Accademia di belle arti di Bologna.
Com’è nata l’idea di dedicare uno dei tuoi fumetti a questo strabiliante personaggio?
Ho visto per la prima volta la marchesa Casati a una mostra di Boldini a Palazzo Zabarella a Padova nel 2005. All’ingresso della mostra c’era un’enorme fotografia che ritraeva la marchesa, vestita in abiti orientali, Boldini su uno sgabello (l’artista era davvero molto basso) e uno sconosciuto con un enorme turbante. Si trattava ovviamente di una festa in maschera. Poi, l’ultimo quadro della mostra era il secondo ritratto, bellissimo, con le piume di pavone, che Boldini aveva fatto alla marchesa. Il personaggio mi aveva molto incuriosito e avevo cominciato a cercare del materiale su di lei. Lo faccio spesso, anche senza per forza l’intenzione di farci un lavoro sopra. Cercare la documentazione è stato un lavoro piuttosto lungo e avventuroso. Poi, ho deciso di metterla, come fantasma e spirito guida, già vecchia, nel secondo volume di Gatti neri cani bianchi, insieme alla principessa di Lamballe e a Zelda Fitzgerald. Alla fine ho deciso di proporre a Dargaud la sua biografia a fumetti e loro hanno accettato il progetto. Diciamo che ho sentito un forte desiderio di farla rivivere, come di farla nascere ancora. Di farla muovere e apparire come se saltasse fuori in carne e ossa (e occhi!) dai libri e dai ritratti. E il fumetto mi è sembrato un linguaggio perfetto per questo tipo di “evocazione”. E’ un personaggio così forte e peculiare. E’ stato molto intenso lavorare su di lei.
Immagino che il lavoro di documentazione prima di iniziare a lavorare sulla storia sia stato lungo, che tipo di documenti hai utilizzato?
Come dicevo, avevo raccolto un bel po’ di materiale prima di decidermi a proporre a Dargaud di fare una biografia a fumetti su di lei. Della marchesa esistono due biografie, una relativamente recente, “Infinita varietà” di Ryersson e Yaccarino e l’altra, la prima, “Coré, vita e dannazione della marchesa Casati” di Dario Cecchi, pressoché introvabile. Era stata pubblicata nel 1986 da un editore di Bologna, L’inchiostro blu, che esiste ancora e che ho incontrato, insieme a altro un libro “La divin marchesa, la prima dandy della nostra storia“, che raccoglieva gli articoli usciti in seguito alla pubblicazione della biografia; tra questi anche degli scritti di Federico Zeri:
Cosa ti ha colpito di più di Luisa Casati?
Credo che sia stato una sorta di incantamento. Quando l’ho vista nella foto e nel quadro di Boldini mi sono detta “Ma chi è questa matta?!“. Da lì credo che il mio rapporto con la marchesa sia diventato una sorta di ossessione, o sarebbe meglio dire possessione. Forse il fatto che questa donna non ha fatto nulla di concreto, non ha scritto nulla, né ha lasciato detto nulla. Ha solo fatto parlare di se per le sue apparizioni strabilianti, spendendo dei patrimoni enormi e dilapidato tutta la sua eredità proveniente dal lavoro febbrile e modernissimo del padre, in oggetti, vestiti, case, feste, niente insomma di rilevante o di importante per i posteri. Nulla che rimanesse nella storia ma tutto diretto a stupire a lasciare una traccia indelebile nelle persone presenti in un preciso e fugace momento. Sì, credo che si possa dire che tutto per lei fosse basato sull’immanenza, sulla magia del momento. Ha dissipato la sua vita e i suoi soldi solo con l’intento di creare dei “quadri” come lei stessa diceva. Forse era una proto performer della sua epoca… chissà? Una donna con un carattere e un’attitudine da rock star. Una donna che non sarebbe riuscita a sopportare la noia di una vita regolare, che amava cambiare se stessa, amava alterarsi, mascherarsi.
Ma soprattutto mi interessa la decadenza, la rovina, mi affascina l’idea della “grande decaduta”. Sento molto forte il sentimento di questa dispersione forsennata e straripante di denaro, energia, giovinezza e vita, l’idea di questa donna spinta come un razzo verso l’abisso. Incurante delle conseguenze e del futuro. Tutto questo per poi essere dimenticata o quasi. La trovo una figura tragica e titanica.
“La Casati” è un fumetto molto particolare perché racconta la storia della marchesa attraverso le voci di coloro che l’hanno conosciuta, come mai questa scelta?
Quando ho cominciato a scrivere il libro mi sono messa molti dubbi e problemi. Una possibilità era l’uso della prima persona, ma come avrei potuto farlo proprio per raccontare di una persona che parlava pochissimo e non ha lasciato detto o scritto nulla di se… mi sembrava un po’ un tradimento. E nello stesso tempo mi sembrava che scavando a fondo, nell’intimo e nella psicologia di questo personaggio così sfuggente, avrei forzato la mano, avrei rischiato di dire delle bugie, di alterare la sua capacità di non essere catturata, la sua intenzione di stupire sempre.
Allora, visto che tutto quello che sappiamo di lei proviene da cose scritte e soprattutto raccontate da altri, ho pensato il libro come se fosse un documentario, a interviste. Dando un grande risalto a chi l’aveva incontrata o conosciuta direttamente. Così facendo ho anche potuto mettere in evidenza tutta la cifra del periodo storico, che è davvero peculiare e lontano anni luce da noi. Bisogna anche considerare che esistono della Casati moltissimi ritratti e fotografie. Questa scelta mi ha permesso di essere il più possibile distaccata e neutra, perché in nessun modo avrei voluto dare un giudizio morale sulla Casati o peggio farne una figura grottesca tipo macchietta. Perché non credo che sarei stata onesta e corretta. Volevo in pratica che il personaggio suscitasse la meraviglia e lo stupore che otteneva quando era in vita.
Scegli sempre di raccontare storie di donne un po’ dark (penso ad Aida, Sophia o Gilla), ma sempre molto affascinanti e dal carattere forte, io mi immagino che anche tu sia un po’ così, sbaglio?
Oddio. Difficile dare una definizione di sé… sono stata dark quando erano gli anni giusti… ero una grande fan di Peter Murphy dei Bauhaus e senz’altro ho una grande affinità con quegli universi tutt’ora… capita ancora che mi vesta di nero, mi faccia il trucco da panda e mi spruzzi prufumi da strega come Bandit o Messe de minuit… se però devo proprio dire come mi vedo io… beh… come la bambina filosofica che fa il morto in piscina… Potevo tirarmela un po’, ma tocca essere onesti…
La marchesa Luisa Casati con penne di pavone (Giovanni Boldini)
Sarebbe possibile oggi una nuova Luisa Casati?
Non saprei. Credo che esistano ancora grandi eccentrici che vivono staccati dalla realtà circostante e immersi in un loro mondo autoreferenziale. Però credo che la Casati sia in un certo modo un emblema di quell’incredibile periodo che è stato la Belle Epoque e il primo novecento. Credo che già con lo scoppio della prima guerra mondiale quel mood si sia disintegrato. Il mondo è diventato moderno. Per citare Elsa Schiapparelli “Poche donne belle e con esagerate possibilità economiche avevano uno stile di vita talmente eccessivo da risultare quasi brutale.“.
Credo che bisogni anche considerare che allora questi personaggi lasciavano una traccia leggendaria proprio perché evanescente e circoscritta, adesso tutto sarebbe immediatamente fotografato e moltiplicato sul web e social network. La leggenda durerebbe pochissimo. Tenere segreti e creare misteri è piuttosto difficile di questi tempi. La leggenda non è di questi tempi…
Secondo te qual era il “segreto” di Luisa Casati? Cioè come mai è diventata nel bene e nel male una persona così totalmente estraniata dalla realtà?
Dopo l’incontro con D’annunzio la Casati ha inventato se stessa, ha creato e ricreato la sua immagine. Potrei fare riferimento a David Bowie degli anni settanta. Solo che le apparizione fantasmagoriche di Bowie erano connesse con la sua produzione artistica, nel caso della Casati erano totalmente fine a se stesse. L’altra componente molto interessante, almeno per me, è che realmente questa donna è rimasta fedele alla sua immagine fino alla fine. Sia quando era straricca che quando è finita in bolletta. Il suo incredibile look è sopravvissuto a due guerre mondiali, a bombardamenti e a campi di sterminio. Ha tenuto testa anche al rinnovamento e all’inizio della moda moderna degli anni cinquanta, senza fare una piega. La sua lunga figura che si aggira per una Londra moderna vestita di pellicce di tigre tarmate e logore come se fosse un grande dinosauro o un rudere vivente di epoche lontanissime è un’immagine fortissima per me. Un essere umano totalmente autoreferenziale, totalmente immerso in se stesso e sconnesso da qualsiasi realtà circostante.
Per “La Casati” hai scelto l’acquerello e personalmente ho amato molto i toni “decadenti” del fumetto, come ti sei trovata alle prese con questa nuova tecnica?
Anche Gatti neri cani bianchi è colorato con gli acquerelli, solo che ha il tratto a china. Nel caso della Casati ho eliminato l’inchiostro e usato un pastello nero che rende tutto un po’ più morbido. E’ una tecnica più veloce per certi versi del ripasso a china. Certo le tavole sono molto grandi e la colorazione, che volevo fosse attinente ai colori dell’epoca, ha preso molto tempo. Di fatto però mi sono trovata molto bene con questa tecnica anche se ho abbandonato il tratto nero che io amo.
Possiamo ormai dire che sei una delle fumettiste più importanti e prolifiche d’Italia, tu come vedi la tua posizione nel panorama italiano, ti capita di confrontarti con altri autori?
Non vorrei essere io a dover storicizzare me stessa. Lo farà qualcun altro, se sarà il caso. In ogni modo io sto bene attenta a capire cosa esce in Italia e quali movimenti e cambiamenti si creano nel mercato. Spesso mi sono confrontata e mi confronto con altri autori, a parole se li conosco personalmente o cercando di analizzare il loro lavoro se non li conosco. Di fatto però sono anche io un po’ come la Casati, un po’ per conto mio, non sto molto dietro alle mode nel mio lavoro.
Un ultima domanda di rito, progetti per il futuro? Stai già lavorando a qualcosa di nuovo?
Ho diversi progetti che mi stanno frullando in testa. E frullare credo sia in termine esatto… Prima di tutto devo continuare le strisce della bambina filosofica. E poi ho cominciato ora un lavoro a fumetti per Il Piccolo di Trieste su un romanzo bellissimo che si intitola “Il richiamo di Alma” di uno scrittore Triestino, Stelio Mattioni. Inizierà a uscire dalla seconda metà di giugno.
Abbiamo parlato di:
La Casati. La musa egoista
Vanna Vinci
Rizzoli Lizard, 2013
96 pagine, cartonato, colori – 17,00€
ISBN 17065566
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