Kurt, al risveglio, è deciso in mattinata a fare ritorno in ospedale. Bisogna cercare qualcosa, ripete a se stesso. Quel qualcosa che consenta d’incastrare bene Wung, il quale, solo perché è a Zanzibar, crede ormai di averla fatta definitivamente franca.
Cellulare alla mano,il commissario svedese compone il numero di Geronimo, l’infermiere.
Non è sicuro di poter usufruire del suo aiuto ,conoscendo i timori dell’uomo, che riguardano la precarietà della posizione sul lavoro. Ma tentare non nuoce.
Geronimo, difatti, è amico di padre Alex e in quel contesto cittadino,come sappiamo abbastanza corrotto, si fida solo di lui in quanto sa di trovare appoggio e protezione dal missionario, che gli è stato accanto in veri e propri momenti di difficoltà.
Ma il ”pronto” dall’altro capo è abbastanza repentino e l’infermiere, senza trattenerlo a lungo o porgli difficoltà, lo invita a raggiungerlo.
E, inspiegabilmente, non domanda neanche il motivo della richiesta d’incontro.
Trascorsa una buona mezzora Kurt è già nella reception, al pianterreno dell’ospedale,dove alcune donne delle pulizie lavano i pavimenti con grossi spazzoloni mentre altre tentano di spolverare.
E qualche minuto dopo Geronimo, solerte, lo raggiunge.
Ciao, commissario. Come mai da queste parti?- lo saluta l’infermiere.
Posso esserti utile? –aggiunge subito.
Ho bisogno di dare un’occhiata a quello che fino a poco tempo fa era lo studio del dottor Wung- precisa di rimando il “nostro”.
Non mi sarà facile, commissario,devo cercare la chiave, ma è non è impossibile - replica.
Kurt è un tantino sorpreso dalla disponibilità di Geronimo.
Lo studio, chiuso a chiave da giorni, è disordinato e un tanfo di chiuso e di polvere insieme investe i due che entrano.
Ci sono fogli, libri, fotografie, opuscoli, campioni di medicinali… un po’ dappertutto.
Tra le foto Kurt ne sbircia alcune di Zoe e del direttore Julius mentre, chissà quale giorno, giacciono insieme in spiaggia in una posizione che non lascia equivocare.
Puzza di corruzione e di ricatto, pensa lo svedese.
E non si sbaglia. Sono troppe le cose che non sa. Anche di Zoe.
E che sarebbe bene venisse a sapere.
Con santa pazienza sposta, solleva, rovista e, infine,scorge una vecchia cassetta da registratore neanche mimetizzata più di tanto.
Curioso com’è, la mette in tasca e si propone, appena a casa, di procurarsi un registratore per ascoltarla.
Lasciano lo studio e Geronimo richiude a chiave la stanza che,all’apparenza è come nessuno vi fosse mai entrato.
Prima di entrare a casa,una volta a Bagamoyo, Kurt bussa il campanello dell’abitazione di una vicina.
Si tratta , come ha appreso da Henning, che la conosce bene,della signora Marlowe.
Un’archeologa americana di Filadelfia che, dopo anni di campagne di scavi nel nord del paese,ora che l’età avanza, vive una specie di buen retiro a Bagamoyo , usufruendo dei servizi della non troppo distante Dar es Salaam .
Nonché della compagnia di una governante indigena molto premurosa con lei, intorno alla persona della quale non sono mancati e non mancano tuttora pettegolezzi.
La signora Marlowe, lui immagina, di sicuro sarà in possesso di un registratore.
E, infatti, manco a dirlo, Kurt rientra, poco dopo, nella sua abitazione munito dello strumento indispensabile per poter ascoltare il contenuto della cassetta.
E non prima di aver condiviso un “Martini” bianco, per aperitivo, con la simpatica vegliarda.
Un donna che, come gli intimi sanno, ama essere accogliente e conversare per interrompere,quando le capita, quella solitudine cercata di proposito e dopo anni e anni di mondanità.
(continua...)
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)