“Supponiamo che la terra tremi e distrugga le case, che ci sia un’alluvione disastrosa, che il maltempo di accanisca sulle colture e metta in moto qualcuna delle mille frane in agguato nel nostro trascurato territorio. Che un qualunque disastro naturale e umano provochi danni per miliardi. Non si tratta di un’ipotesi remota, anzi statisticamente in un decennio possiamo attenderci più di una catastrofe. Ma supponiamo che a parte il primo intervento non si possa fare nulla per la ricostruzione e per la vita di chi è stato colpito, se non rinunciando a progetti in corso, oppure imponendo nuove tasse o svendendo qualcosa per fare cassa o finendo nelle mani dei cravattari internazionali.”
Chi vuol leggere il resto lo trova a questo link. Ma da allora molta acqua è passata sotto i ponti e ci troviamo sul groppone non solo il pareggio di bilancio, ma una serie di altri enormi pesi derivanti dal fiscal compact, che abbiamo firmato senza se e senza ma. Dunque con le mani legate di fronte al terremoto in Emilia che si annuncia con una vera catastrofe, qualcosa per riparare alla quale ci vorranno almeno 100 miliardi. Tanto legate che il governo con eccezionale tempismo rispetto alla prima scossa aveva annunciato il suo sobrio ritiro dalla solidarietà nazionale, dopo quello dalla solidarietà sociale, affidando tutto a piani di assicurazioni private. Un grande affare e al tempo stesso una grande truffa liberista, visto che in caso di catastrofe, come quella de L’Aquila o dell’Emilia, gli istituti non sarebbero in grado di fare fronte agli impegni. Mi occuperò dopo dei balbettii politici, ora mi preme dire che il terremoto non si può prevedere, ma le catastrofi le si prepara con le proprie mani. E sono sempre annunciate.