La cena, di Herman Koch

Creato il 09 febbraio 2013 da Tiziana Zita @Cletterarie

All’inizio sembra una semplice cena, neanche troppo divertente. Uno di quegli impegni noiosi che proprio non è possibile rimandare. E’ quello che succede a Paul e Claire, protagonisti de  La cena - romanzo dell’olandese Herman Koch – che preferirebbero una serata a base di costolette fritte al bar sotto casa ed invece si trovano ben vestiti ad un elegante tavolo del ristorante più lussuoso della città. Ad aspettarli Serge, fratello di Paul, e sua moglie Babette.
Gli argomenti sono dei più svariati, dagli ultimi film visti ai progetti per le vacanze estive. Ma dietro queste “chiacchiere da ascensore”, Koch sparge i semi di una dolorosa verità che i partecipanti alla cena devono affrontare, riguardo ai loro figli adolescenti che hanno picchiato ed ucciso una barbona e ripreso tutto con i cellulari. Nel mondo multimediale, l’orrendo gesto è finito in rete e i quattro genitori hanno paura per il futuro dei figli e per il loro. 

Serge e Babette sono i genitori di Rich: lui, politico tutto d’un pezzo, ad un passo dall’elezione come primo ministro olandese, con un programma all’insegna della legalità e del rispetto; lei la sua ”donna ombra”, dedita al volontariato, alle arti e soprattutto all’ozio, molto più interessata alla carriera politica del marito che alla vita del figlio.
Paul e Claire sono i genitori di Micheal. Paul si sente responsabile, vede crescere nel figlio il germe della violenza che appartiene anche lui. Una macchia sul dna, che dal padre è passata al figlio. Koch ci mostra come “l’allievo superi il maestro” e come le intemperanze verbali e fisiche di Paul siano sfociate nel figlio, in una violenza cruda ed immotivata che supera il singolo episodio: la barbona del bancomat infatti, è solo uno dei delitti compiuti dai due ragazzi. Claire vuole proteggere il figlio ad ogni costo, nello stesso modo in cui nei tanti anni di fidanzamento e matrimonio ha protetto la violenza del marito che quotidianamente accudisce, cura e rasserena come fosse anche lui un bambino, senza metterlo mai in discussione.

Niente droga, famiglie disagiate, vite liminali nelle periferie di una grande metropoli. Qui siamo nella civilissima Olanda, con palazzi ecosostenibili ed aiuole ben curate, dove tutti i ragazzi sono biondi e belli, girano in bicicletta e non fumano neanche una sigaretta. Tutto ciò rende La cena ancora più duro e difficile da digerire.
Il romanzo è scandito in modo molto originale e ogni capitolo ripercorre una “tappa” della cena: dall’antipasto alla mancia, insieme alle pietanze vengono snocciolati episodi della vicenda ed avvenimenti della passata vita familiare che gettano una nuova luce e danno nuove risposte sul comportamento dei ragazzi.

Koch non dà giudizi, è un vero e proprio autore super partes, e lo è tanto da dar quasi fastidio. La sua totale mancanza di giudizi ed il suo non condannare un fatto così grave possono disturbare il lettore. Sicuramente hanno disturbato me. Forse perché Koch ci lascia senza speranza disegnandoci l’assoluto sfacelo dei più giovani come uno specchio di quello degli adulti che non vogliono risposte, né vogliono capire. Per loro basta dimenticare, mettere tutto a tacere, non parlarne per credere che il fatto non sia accaduto. E cosi l’argomento aleggia come un fantasma, tra le tovaglie ricamate e le portate di alta cucina, coperto da vuote conversazioni sul tempo, sul cinema, sull’estate imminente.

Autore televisivo, giornalista e romanziere, l’olandese Herman Koch, classe 1953, ha scalato le classifiche editoriali con La cena: pubblicato in Olanda nel 2009, in pochi mesi ha venduto oltre 250.000 copie.
Da segnalare su questo stesso tema, due eminenti antecedenti: la carneficina di Polanski, ovvero Carnage, il film tratto dal dramma teatrale di Yasmina Reza, Il dio della carneficina. E poi c’è il bellissimo e crudelissimo Poetry del coreano Lee Chang-dong (vedi su CLetterarie).
La cena è un silenzioso dramma contemporaneo che si trasforma in thriller, mentre una domanda permea tutto il racconto: cosa faremmo noi al loro posto?


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