Al Sud, la cena di Natale è un rituale a cui non si può mancare. MAI.
A Napoli, non si ammettono rifiuti: che siate vegetariani, vegani, appartenenti ad una confessione che abolisce la cioccolata fondente o qualsiasi altra moda alimentare del momento, al cenone natalizio napoletano non c'è 'ma' che tenga.
Ad una cena di Natale - anche per la sua notevole lunghezza - può succedere praticamente di tutto.
Può succedere di innamorarsi, di scoprirsi padre, di confermare un amore lungo decenni, di illudersi di essere qualcosa che non si è. Può succedere di scoprirsi vivi.
Luca Bianchini imbandisce la tavola per i personaggi di "Io che amo solo te" per "La cena di Natale" (Mondadori).
Ritroviamo Ninella e Don Mimì come se fossero amici che ci fa piacere riabbracciare, sbirciando le loro occhiate appassionate e cercando di capire se prima o poi riusciranno ad essere felici insieme.
Incontriamo Chiara e Damiano qualche mese dopo il matrimonio e il contrasto tra le due coppie, tra i due amori è stridente: laddove l'amore dei rispettivi genitori è improntato da un'appassionata e romantica fedeltà, il loro è caratterizzato da fin troppa leggerezza e superficialità.
Anche il lettore, come i protagonisti del romanzo, è invitato a cena da Matilde, la moglie di Don Mimì, una donna che ha saputo tenersi il marito facendo "finta di non vedere quegli occhi ora lucidi, ora lontani" e per cui l'amore è più quello da ostentare agli altri che quello da sentire nel cuore.
E che ora, in occasione del Natale, decide di illudersi ancora che il marito possa amarla e, complice un anello con smeraldo, decide di organizzare la cena la sera della vigilia di Natale come fanno a Bari - e come facciamo anche a Napoli - per sbandierare sotto gli occhi di Ninella quello che lei crede essere un pegno d'amore di Don Mimì.
Rivediamo anche zia Dora e zio Modesto, sempre più comici nei loro piccoli sotterfugi per riciclare i regali e cercare di dare l'idea di un finto benessere e di una falsa ricchezza.
Incontriamo Nancy sempre più schiacciata dal peso della propria verginità, ma stavolta inizia a vedere una possibile soluzione al "problema".
Ed è un vero piacere riabbracciare Orlando, più maturo, più sereno nella pelle che indossa, più consapevole di se stesso e dei propri sentimenti, tanto da dare una possibilità - per una volta - ad un amore possibile.
Confesso di aver "consumato" il libro in meno tempo rispetto alla durata della vera cena di Natale a casa mia ma, a differenza di quando poi mi alzo da tavola, nel caso del libro, ne avrei voluto ancora e ancora e ancora.
Luca Bianchini ha saputo disegnare così bene i suoi personaggi che, una volta finito il libro, poi ci mancano.
Mi è già successo con "Io che amo solo te" e ora ho bissato con "La cena di Natale".
Spero che l'autore non ci lasci con queste storie in sospeso, ora che sappiamo quanto appassionato può essere l'amore di Don Mimì per Ninella - e viceversa - e ora che vorremmo capire come declineranno l'amore alla maniera moderna Chiara e Damiano.
Perché, sebbene ogni anno ci sono cene di Natale, "ci sono cene che si ricordano per tutta la vita".
Auguri!