La Cena di Trimalchione dal Satyricon di Petronio

Creato il 06 gennaio 2013 da Patiba @patiba1

Il Satyricon rappresenta la società di duemila anni fa, ma rispecchia perfettamente la realtà di oggigiorno: Trimalcione (un liberto¹ arricchitosi immensamente attraverso l'attività commerciale), ignorante, volgare, arrogante, ben identifica i costumi dell'Italia di oggi. Sua moglie Fortunata appare, a sua volta, eccessiva, con l’abito sfarzoso e i monili troppo appariscenti. Anche la cena rispecchia l'ostentazione dei padroni di casa in un susseguirsi di piatti teatrali, studiati per stupire e animata da giochi acrobatici dei servi del padrone di casa

La Cena Trimalchionis.
Encolpio² e i suoi compagni sono invitati nella dimora del liberto Trimalchione e di sua moglie Fortunata. La scena si snoda lungo una grottesca successione di esibizioni di cattivo gusto e portate faraoniche con cui Trimalchione vuole sorprendere i suoi rassegnati e compiacenti ospiti.

"...Frattanto cominciano a servire un antipasto scelto e abbondante. Nel mezzo del vassoio degli antipasti si levava un asinello di bronzo corinzio con due bisacce piene,  l’ una di olive bianche, l’altra, di olive nere. Sopra l’asinello, a mo’ di tetto, c’erano due piatti sul cui margine si vedevano incisi il nome di Trimalchione e l’indicazione del loro peso in argento. Graziosi ponticelli, saldati l’uno all’altro, sostenevano ghiri conditi con miele e papavero. C’erano anche salsicce calde su di una graticola d’argento e, sotto la graticola, prugne di Siria e chicchi di melograni ad imitare la brace...
Fu messo davanti a noi, che eravamo ancora all’antipasto, un gran vassoio con una cesta nella quale si vedeva una gallina di legno con le ali aperte a ventaglio come fanno quando covano. Subito si avvicinano due schiavi e, sempre a suon di musica, - e che stridula musica! - si mettono a frugare nella paglia e tiran fuori delle uova di pavone che distribuiscono ai convitati... spezziamo il guscio delle uova fatto di densa farina... togliamo il guscio con la mano e troviamo un beccafico bello grasso che nuota in un rosso d’uovo pepato...
Seguì una portata che, se non rispondeva esattamente alle nostre aspettative, attirò gli sguardi di tutti per la novità della presentazione.


Era un grande trionfo da tavola, di forma circolare, con i dodici segni dello zodiaco disposti in giro; e su ognuno di essi l’artefice aveva posto un cibo corrispondente: sopra l’Ariete dei ceci cornuti; sul Toro una bistecca di manzo; sui Gemelli testicoli e rognoni; sul Cancro una corona; sul Leone fichi d’Africa; sulla Vergine la vulva di una scrofetta; sulla Libra una bilancia che portava in un piatto una torta e nell’ altro una focaccia; sullo Scorpione un pesciolino di mare; sul Sagittario un corvo; sul Capricorno una locusta di mare; sopra l’ Acquario un ‘oca e sui Pesci due triglie.

Al centro poi una zolla tagliata con la sua erba sosteneva un favo di miele... Quattro servi a passo di danza, secondo il ritmo della musica, tolgono la parte superiore del trionfo: e allora vediamo su un vassoio che stava sotto, pollame ingrassato, ventresche di scrofa e, nel mezzo, una lepre con le ali in modo da raffigurare Pegaso. Agli angoli del trionfo si vedevano inoltre quattro satiri armati di piccoli otri, intenti a versare salsa piccante sopra alcuni pesci che vi nuotavano come nello stretto di Euripo...
Iniziano i preparativi per la nuova portata. Vengono distesi sui letti tappeti raffiguranti scene di caccia: reti e cacciatori in agguato. Poi, compare una muta di cani di Laconia che corre ovunque.
Subito arriva un gran vassoio con dentro un cinghiale immenso che aveva in testa un berretto. Dalle sue zanne pendevano due cestelli di foglie di palma intrecciate, pieni l’uno di datteri freschi, l’altro di datteri secchi.   Tutt’ intorno c’erano porcellini fatti di pasta dura, che sembravano attaccati alle mammelle e facevano capire così che si trattava di un cinghiale femmina... dalla ferita su un fianco del cinghiale s’alzò uno stormo di tordi. I convitati possono anche scegliere tra tre maiali bianchi vivi, di due, tre e cinque anni da cucinarsi subito e di cui viene scelto il più grosso.
Il porco non è stato sventrato: il cuoco³ provvede immediatamente e dal ventre dell’animale escono salsicce e sanguinacci... Su un vassoio di duecento libbre fu portato un vitello con tanto di elmo in testa e uno schiavo che fingeva di essere Aiace impazzito gli si avventò contro e lo tagliò in pezzi, lavorando di taglio e di punta, e distribuì le fettine ai presenti.
In mezzo alla mensa vien posto un trofeo da tavola pieno di torte in mezzo a cui si ergeva un gran Priapo di pasticceria, che, secondo l’uso, portava nel vasto grembo, quali emblemi di fecondità, uva e frutta d’ ogni genere..."
I commensali sono sazi perché, al solo ricordo dei manicaretti, al narratore si rovescia ancora lo stomaco. Ma Trimalcione insiste affinché ciascuno mangi una gallina ingrassata e disossata, con contorno di uova d'oca incappucciate.
Poi, un altro piatto sapientemente preparato: tordi di fior di farina ripieni di uva passa e noci, a cui seguono mele cotogne irte di spine così da sembrare ricci. Infine, un piatto che ha l'apparenza di un'oca ingrassata circondata da pesci e uccelli di ogni tipo: il tutto preparato con carne di maiale.
Infine, entrano due schiavi che sembrano avere litigato presso la fontana e, con un randello, distruggono ciascuno l'anfora dell'altro. Rimangono tutti sbigottiti quando dalle anfore cadono ostriche e pesci pettine che uno schiavo raccoglie su un vassoio e distribuisce.

¹Nella Roma antica, un liberto era uno schiavo affrancato, che generalmente continuava a vivere nella casa del patronus e aveva nei suoi confronti doveri di rispetto e obblighi di natura economica.
²Il cuoco viene presentato con il nome di Dedalo: cuoco architetto, di cui sono esaltate le straordinarie possibilità creative; sa infatti realizzare qualunque piatto a partire da diverse materie prime.
³Encolpio è il giovane protagonista.

Il Satyricon è un romanzo della letteratura latina attribuito a Petronio Arbitro (I secolo d.C.). L'opera racconta le vicissitudini di Encolpio, il giovane protagonista, di Gitone, il suo amato efebo, e dell'infido amico-nemico Ascilto.

L'antefatto, soltanto deducibile, racconta di un oltraggio commesso da Encolpio nei confronti della divinità fallica Priapo, che da lì in poi lo perseguita provocando al protagonista una serie di insuccessi erotici.
La narrazione tràdita si apre con una discussione tra Encolpio e il retore Agamennone sul tema della decadenza dell'eloquenza. Il protagonista poi s'allontana per cercare il suo convivente Ascilto, che ritrova in lupanare. Qui i due sono forse coinvolti in un'orgia. Scampatene, Encolpio apprende che Ascilto s'è unito col suo amato Gitone. Da qui la rivalità dei due personaggi che, separatisi, intraprendono due percorsi diversi, per poi ricongiungersi in breve tempo.
I due vanno in una Graeca urbs della Campania, forse Napoli o Pozzuoli o Cuma, dove fanno i conti col sacrilegio commesso nel tempio di Priapo: la sacerdotessa, Quartilla, interrotta durante il rito, costringe Encolpio e Ascilto ad un'orgia come metodo di redenzione. In questa è coinvolto anche Gitone, che poi viene spinto ad unirsi con la settenne Pannichide. Terminata la vicenda, ritornano tutti a casa.
Il racconto da qui si sposta a casa di Trimalchione, un liberto arricchitosi immensamente attraverso l'attività commerciale. Qui s'apre la scena della "cena". Occupando quasi metà dell'intero scritto pervenutoci, l'episodio costituisce la parte centrale dell'opera. Al convivio sono ospiti, oltre ai tre giovani, anche vari personaggi dello stesso rango di Trimalchione. I convitati intrattengono poi una lunga conversazione, che tocca i più svariati argomenti: la ricchezza e gli affari di Trimalchione, l'inopportunità dei bagni, la funzione del funerale, le condizioni climatiche e l'agricoltura, la religione e i giovani, i giochi pubblici, i disturbi intestinali, il valore del vetro, il destino, i monumenti funebri, i diritti umani degli schiavi. Tutto offre uno spaccato vivace e colorato, non senza punte di chiara volgarità, della vita di quel ceto sociale.
In seguito, Encolpio, allontanatosi dagli altri due compagni, incontra Eumolpo, un vecchio letterato che, notato l'interesse di Encolpio per un quadro raffigurante la presa di Troia, gliene declama in versi il resoconto (la Troiae halosis (la conquista di Troia). I due diventano quindi compagni di viaggio, rivali in amore a causa di Gitone e dopo una serie di avventure, che li vedono viaggiare per mare e rischiare anche la vita, si ritrovano insieme nella città di Crotone, dove Eumolpo si finge un vecchio danaroso e senza figli, ed Encolpio e Gitone si fanno passare per i suoi servi: così essi scroccano pranzi e regali dai cacciatori di eredità.
Nei frammenti successivi, Eumolpo recita un brano epico, in cui viene descritto il Bellum civile ("La guerra civile") fra Cesare e Pompeo, e successivamente si legge di Encolpio che, per l'ira di Priapo, diventato impotente, è vittima di una ricca amante che si crede disprezzata da lui e lo perseguita. Eumolpo, invece, scrive il suo testamento dove specifica che gli eredi avranno diritto alle sue ricchezze solo se faranno a pezzi il suo corpo e se ne ciberanno in presenza del popolo.

Il Satyricon rappresenta la società di duemila anni fa, ma rispecchia perfettamente la realtà di oggigiorno: Trimalcione (un liberto¹ arricchitosi immensamente attraverso l'attività commerciale), ignorante, volgare, arrogante, ben identifica i costumi dell'Italia di oggi. Sua moglie Fortunata appare, a sua volta, eccessiva, con l’abito sfarzoso e i monili troppo appariscenti. Anche la cena rispecchia l'ostentazione dei padroni di casa in un susseguirsi di piatti teatrali, studiati per stupire e animata da giochi acrobatici dei servi del padrone di casa

La Cena Trimalchionis.
Encolpio² e i suoi compagni sono invitati nella dimora del liberto Trimalchione e di sua moglie Fortunata. La scena si snoda lungo una grottesca successione di esibizioni di cattivo gusto e portate faraoniche con cui Trimalchione vuole sorprendere i suoi rassegnati e compiacenti ospiti.

"...Frattanto cominciano a servire un antipasto scelto e abbondante. Nel mezzo del vassoio degli antipasti si levava un asinello di bronzo corinzio con due bisacce piene,  l’ una di olive bianche, l’altra, di olive nere. Sopra l’asinello, a mo’ di tetto, c’erano due piatti sul cui margine si vedevano incisi il nome di Trimalchione e l’indicazione del loro peso in argento. Graziosi ponticelli, saldati l’uno all’altro, sostenevano ghiri conditi con miele e papavero. C’erano anche salsicce calde su di una graticola d’argento e, sotto la graticola, prugne di Siria e chicchi di melograni ad imitare la brace...
Fu messo davanti a noi, che eravamo ancora all’antipasto, un gran vassoio con una cesta nella quale si vedeva una gallina di legno con le ali aperte a ventaglio come fanno quando covano. Subito si avvicinano due schiavi e, sempre a suon di musica, - e che stridula musica! - si mettono a frugare nella paglia e tiran fuori delle uova di pavone che distribuiscono ai convitati... spezziamo il guscio delle uova fatto di densa farina... togliamo il guscio con la mano e troviamo un beccafico bello grasso che nuota in un rosso d’uovo pepato...
Seguì una portata che, se non rispondeva esattamente alle nostre aspettative, attirò gli sguardi di tutti per la novità della presentazione.


Era un grande trionfo da tavola, di forma circolare, con i dodici segni dello zodiaco disposti in giro; e su ognuno di essi l’artefice aveva posto un cibo corrispondente: sopra l’Ariete dei ceci cornuti; sul Toro una bistecca di manzo; sui Gemelli testicoli e rognoni; sul Cancro una corona; sul Leone fichi d’Africa; sulla Vergine la vulva di una scrofetta; sulla Libra una bilancia che portava in un piatto una torta e nell’ altro una focaccia; sullo Scorpione un pesciolino di mare; sul Sagittario un corvo; sul Capricorno una locusta di mare; sopra l’ Acquario un ‘oca e sui Pesci due triglie.

Al centro poi una zolla tagliata con la sua erba sosteneva un favo di miele... Quattro servi a passo di danza, secondo il ritmo della musica, tolgono la parte superiore del trionfo: e allora vediamo su un vassoio che stava sotto, pollame ingrassato, ventresche di scrofa e, nel mezzo, una lepre con le ali in modo da raffigurare Pegaso. Agli angoli del trionfo si vedevano inoltre quattro satiri armati di piccoli otri, intenti a versare salsa piccante sopra alcuni pesci che vi nuotavano come nello stretto di Euripo...
Iniziano i preparativi per la nuova portata. Vengono distesi sui letti tappeti raffiguranti scene di caccia: reti e cacciatori in agguato. Poi, compare una muta di cani di Laconia che corre ovunque.
Subito arriva un gran vassoio con dentro un cinghiale immenso che aveva in testa un berretto. Dalle sue zanne pendevano due cestelli di foglie di palma intrecciate, pieni l’uno di datteri freschi, l’altro di datteri secchi.   Tutt’ intorno c’erano porcellini fatti di pasta dura, che sembravano attaccati alle mammelle e facevano capire così che si trattava di un cinghiale femmina... dalla ferita su un fianco del cinghiale s’alzò uno stormo di tordi. I convitati possono anche scegliere tra tre maiali bianchi vivi, di due, tre e cinque anni da cucinarsi subito e di cui viene scelto il più grosso.
Il porco non è stato sventrato: il cuoco³ provvede immediatamente e dal ventre dell’animale escono salsicce e sanguinacci... Su un vassoio di duecento libbre fu portato un vitello con tanto di elmo in testa e uno schiavo che fingeva di essere Aiace impazzito gli si avventò contro e lo tagliò in pezzi, lavorando di taglio e di punta, e distribuì le fettine ai presenti.
In mezzo alla mensa vien posto un trofeo da tavola pieno di torte in mezzo a cui si ergeva un gran Priapo di pasticceria, che, secondo l’uso, portava nel vasto grembo, quali emblemi di fecondità, uva e frutta d’ ogni genere..."
I commensali sono sazi perché, al solo ricordo dei manicaretti, al narratore si rovescia ancora lo stomaco. Ma Trimalcione insiste affinché ciascuno mangi una gallina ingrassata e disossata, con contorno di uova d'oca incappucciate.
Poi, un altro piatto sapientemente preparato: tordi di fior di farina ripieni di uva passa e noci, a cui seguono mele cotogne irte di spine così da sembrare ricci. Infine, un piatto che ha l'apparenza di un'oca ingrassata circondata da pesci e uccelli di ogni tipo: il tutto preparato con carne di maiale.
Infine, entrano due schiavi che sembrano avere litigato presso la fontana e, con un randello, distruggono ciascuno l'anfora dell'altro. Rimangono tutti sbigottiti quando dalle anfore cadono ostriche e pesci pettine che uno schiavo raccoglie su un vassoio e distribuisce.

¹Nella Roma antica, un liberto era uno schiavo affrancato, che generalmente continuava a vivere nella casa del patronus e aveva nei suoi confronti doveri di rispetto e obblighi di natura economica.
²Il cuoco viene presentato con il nome di Dedalo: cuoco architetto, di cui sono esaltate le straordinarie possibilità creative; sa infatti realizzare qualunque piatto a partire da diverse materie prime.
³Encolpio è il giovane protagonista.

Il Satyricon è un romanzo della letteratura latina attribuito a Petronio Arbitro (I secolo d.C.). L'opera racconta le vicissitudini di Encolpio, il giovane protagonista, di Gitone, il suo amato efebo, e dell'infido amico-nemico Ascilto.

L'antefatto, soltanto deducibile, racconta di un oltraggio commesso da Encolpio nei confronti della divinità fallica Priapo, che da lì in poi lo perseguita provocando al protagonista una serie di insuccessi erotici.
La narrazione tràdita si apre con una discussione tra Encolpio e il retore Agamennone sul tema della decadenza dell'eloquenza. Il protagonista poi s'allontana per cercare il suo convivente Ascilto, che ritrova in lupanare. Qui i due sono forse coinvolti in un'orgia. Scampatene, Encolpio apprende che Ascilto s'è unito col suo amato Gitone. Da qui la rivalità dei due personaggi che, separatisi, intraprendono due percorsi diversi, per poi ricongiungersi in breve tempo.
I due vanno in una Graeca urbs della Campania, forse Napoli o Pozzuoli o Cuma, dove fanno i conti col sacrilegio commesso nel tempio di Priapo: la sacerdotessa, Quartilla, interrotta durante il rito, costringe Encolpio e Ascilto ad un'orgia come metodo di redenzione. In questa è coinvolto anche Gitone, che poi viene spinto ad unirsi con la settenne Pannichide. Terminata la vicenda, ritornano tutti a casa.
Il racconto da qui si sposta a casa di Trimalchione, un liberto arricchitosi immensamente attraverso l'attività commerciale. Qui s'apre la scena della "cena". Occupando quasi metà dell'intero scritto pervenutoci, l'episodio costituisce la parte centrale dell'opera. Al convivio sono ospiti, oltre ai tre giovani, anche vari personaggi dello stesso rango di Trimalchione. I convitati intrattengono poi una lunga conversazione, che tocca i più svariati argomenti: la ricchezza e gli affari di Trimalchione, l'inopportunità dei bagni, la funzione del funerale, le condizioni climatiche e l'agricoltura, la religione e i giovani, i giochi pubblici, i disturbi intestinali, il valore del vetro, il destino, i monumenti funebri, i diritti umani degli schiavi. Tutto offre uno spaccato vivace e colorato, non senza punte di chiara volgarità, della vita di quel ceto sociale.
In seguito, Encolpio, allontanatosi dagli altri due compagni, incontra Eumolpo, un vecchio letterato che, notato l'interesse di Encolpio per un quadro raffigurante la presa di Troia, gliene declama in versi il resoconto (la Troiae halosis (la conquista di Troia). I due diventano quindi compagni di viaggio, rivali in amore a causa di Gitone e dopo una serie di avventure, che li vedono viaggiare per mare e rischiare anche la vita, si ritrovano insieme nella città di Crotone, dove Eumolpo si finge un vecchio danaroso e senza figli, ed Encolpio e Gitone si fanno passare per i suoi servi: così essi scroccano pranzi e regali dai cacciatori di eredità.
Nei frammenti successivi, Eumolpo recita un brano epico, in cui viene descritto il Bellum civile ("La guerra civile") fra Cesare e Pompeo, e successivamente si legge di Encolpio che, per l'ira di Priapo, diventato impotente, è vittima di una ricca amante che si crede disprezzata da lui e lo perseguita. Eumolpo, invece, scrive il suo testamento dove specifica che gli eredi avranno diritto alle sue ricchezze solo se faranno a pezzi il suo corpo e se ne ciberanno in presenza del popolo.


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