La Chiesa di Santa Maria del Parto: pezzo di ciel caduto in terra

Creato il 30 novembre 2014 da Vesuviolive

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“Pezzo di ciel caduto in terra”, la definiva Aspreno Galante. La Chiesa di Santa Maria del Parto splende come un rubino incastonato tra le rocce di Mergellina, meraviglioso tesoro di Napoli. Si affacciata ad un balcone posato su incantevoli paesaggi, che parrebbero quasi dipinti. Voltandoci ci sentiamo al centro dell’ area vesuviana: il quieto golfo di Castel dell’ Ovo, il Vesuvio silenzioso e la gremita collina di Napoli si lasciano ammirare. Tutto si può osservare da questo luogo privilegiato, in cui la Chiesa di Santa Maria del Parto emerge seriosa, vestita di rosso e bianco, col suo fare neoclassicheggiante. Eppure nasconde, quasi sorridendo, un’antica leggenda d’amore profano, tramutatosi in sacro.

La facciata reca tre portali d’accesso: l’arco maggiore, che porta al vestibolo, è sopraelevato rispetto a quelli inferiori, al di sopra dei quali sono poste due epigrafi ed altrettanti tondi affrescati. Due i personaggi rappresentati: Federico d’Aragona e Jacopo Sannazaro. E’ qui che ha inizio la storia.

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Nel 1497 Federico I concesse al poeta il terreno sul quale oggi sorge la Chiesa di Santa Maria del Parto, oltre ad una cospicua rendita che ben presto gli permise di trasferirsi in un’ampia villa a Mergellina. Mentre scriveva la sua opera, il De partu Virginis, decise di cominciare la costruzione di un luogo sacro che ne recasse il nome: da qui la decisione di fondare la Chiesa di Santa Maria del Parto, successivamente donata ai Frati Serviti, i “servi di Maria”.

Secondo il progetto di Sannazaro, vi sarebbero state due chiese: una inferiore, dedicata alla Madonna del Parto, che avrebbe ospitato il presepe ligneo di Giovanni da Nola (oggi custodito nel vestibolo, in una piccola cappella a destra dell’ ingresso), in cui le donne in attesa o desiderose di una gravidanza si recavano a pregare l’effige della Vergine, ed una superiore dedicata ai santi Giacomo (Iacopo) e Nazario. La costruzione, iniziata 1504, portò già nel 1525 a terminare il cantiere sottostante: la costruzione della chiesa superiore, invece, fu interrotta da una cruenta epidemia di peste e completata dai Padri Serviti, che vi posero anche un monumento funebre dedicato a Sannazaro. Situato in un colombario, dietro l’altare maggiore, il monumento marmoreo opera di Giovanni Angelo Montorsoli suscitò non poche polemiche, a causa della presenza di elementi tipicamente pagani, come le rappresentazioni di Apollo e Minerva sulla base. Al di sopra, due putti incorniciano il busto del poeta.

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Un alone di mistero circonda l’architetto che realizzò il luogo sacro . A navata unica, con il soffitto privo di decorazione, la Chiesa di Santa Maria del Parto ha qualcosa di diverso rispetto alle chiese cui siamo abituati. Il pavimento bianco e nero, rifatto nel XX secolo, ha sostituito quello maiolicato originario che emerge ancora in una delle cappelle laterali.

Quasi silenziosi, accompagnano lo sguardo bianchi fregi che sembrano nascere spontanei lungo la navata. Si dorano in alcuni punti, lasciando intravedere piccoli putti intervallati da temi della Passione ed allegorie.

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La navata termina in un’abside decorata con stucchi ed affreschi alla quale siamo introdotti da un sistema di archi: uno slanciato arco trionfale, stuccato in bianco e cassettonato, semplice nella sua eleganza, subito seguito da un arco più elaborato. Nella semisfera voltata a botte rivolta alla navata, sono raffigurate l’Annunciazione (negli spicchi frontali) e le Scene della Vita di Maria (in volta), tutte opera di Paolo Guido Borghese. Le raffigurò nel 1593, con una composizione leggera, fatta di luci soffuse e trasparenze che celano e svelano delicati segreti. L’arco termina in due nicchie che accolgono a sinistra la statua di San Jacopo, opera di Montorsoli, e a destra quella di San Nazario, opera di Ammannati.

L’altare maggiore fu aggiunto nel XVIII secolo, opera di Pietro Nicolini e realizzato in marmo. E’ completato da una statua lignea, policroma, della Madonna con Bambino, realizzata dall’abile mano di Francesco Saverio Citarelli nel 1865.

Si affacciano sulla navata sei cappelle, tre per lato: in una di queste vi è un segreto.

Un segreto che più o meno suona così: “sì bell comm o’ riavl ‘e Mergellìn“.

Orario: festivo 8,00 – 9,30 – 11,00 – 12,00 – 13,00 – 19,00.


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