La chiesa salvata dal coraggio di un prete.
Creato il 13 marzo 2015 da Il Viaggiatore Ignorante
La terra sulla quale camminiamo è storia.Ricordi di un tempo antico.Le pietre che stiamo calpestando raccontano della regina Teodolinda e dei Longobardi.Ci rammentano che la primitiva cappella, esistente in questo luogo, fu donata da Liutprando al monastero di San Pietro in Ciel d’Oro di Pavia.
Correva il 712.Il tempo corre veloce, ed anche la storia.Nel X secolo decisero di toccare il cielo con la pietra.Costruirono lo splendido campanile che si slancia sulla sinistra rispetto alla facciata.I secoli non riconoscono l'amore, portano odio e distruzione.La chiesa, dedicata a San Pietro, conosce l’orrore e la morte.Gli eventi storici, per quanto possano essere tremendi, hanno sempre un significato costruttivo e, citando Sant’Agostino, sono posti sulla via che conduce al positivo.Nel 1631 Gemonio, paese nel quale si trova la costruzione religiosa dedicata a San Pietro, conosce la peste.L’epidemia venne denominata calamitas calamitatum a causa della sua virulenza, della cattiveria con la quale si prendeva uomini, donne e bambini.Che cosa possiamo trovare di buono in un fatto così tremendo?La chiesa iniziò a funzionare da lazzaretto e fu imbiancata a calce.Lo scialbo di calce permise la sopravvivenza degli affreschi alle mode, artistiche, che si susseguirono nei secoli. La copertura riuscì a resistere sino al 1960, anno di partenza dei primi lavori di restauro della chiesa.L’orrore non dipende solo dalla natura, deriva dai comportamenti umani.Nel 1636 Gemonio fu saccheggiato ed incendiato dall'esercito di Savoia e Francia. L’archivio parrocchiale si sbriciolò, bruciato dalle fiamme dell’odio. In quelle, tremende, ore una figura si elevò, don Francesco Clivio, parroco di Gemonio. Non un prete arrendevole, questo è sicuro. Attese sul sagrato della chiesa l’arrivo dei soldati inferociti e bramosi di distruzione. Al loro cospetto si presentò brandendo un gran crocifisso di ferro che, miracolosamente, riuscì a dissuadere le milizie dal privarci di questa grandiosa opera dell’ingegno umano....Gli affreschi dell’abside risaltano dal primo momento in cui si accede alla chiesa.Nell’ordine inferiore sono rappresentati gli undici apostoli, ovviamente manca Giuda Iscariota che venne in seguito sostituito da Mattia, con l’aggiunta di San Paolo e San Giovanni Battista. Nella calotta dell’abside ci appare Dio in Gloria, all’interno dello spicchio centrale, affiancato dai dottori della Chiesa occidentale, vicino ai quali vi sono i simboli dei quattro evangelisti.Nell’arco santo, in altre parole l’arredo esterno dell’abside, sono rappresentati l’arcangelo Gabriele e la Madonna, nella classica scena dell’annunciazione.Sotto l’arcangelo Gabriele vi è una Madonna in trono con bambino, di chiaro influsso gotico. Quest’immagine viene fatta risalire alla fine del XIV secolo. Personalmente ritengo particolare sia la posa che la struttura fisica del bambino.Il bimbo è in basso rispetto alla consuetudine.Parlavo della struttura fisica. Il frescante aveva ottima conoscenza dell'anatomia umana...Dalla parte opposta, esattamente sotto la Madonna nella scena dell’annunciazione, è visibile Sant’Antonio Abate. Complessa rappresentazione, in quanto siamo alla presenza ad una sovrapposizione di affreschi. Il più recente, coevo alle immagini dell’abside, appartiene al XVI secolo. Al di sotto di questo vi è un secondo affresco del XV secolo. Sotto quest’ultimo ci appare una sinopia, sempre appartenente al XV secolo.La sinopia è la fase dell’affresco che consiste nel disegnare, con la terra rossa, un abbozzo preparatorio del dipinto. Sinopia deriva dalla zona d’origine della terra rossa, Sinope sul Mar Nero. L’abside maggiore si raccorda con l’abside di sinistra grazie alla figura di Pietro da Verona, martirizzato nella vicina diocesi di Como.Possiamo chiudere la nostra visita, all’interno della chiesa, con l’affresco che identifica il padrone di casa.Nella navata centrale, sulla destra della stessa, troviamo il maestoso affresco di San Pietro in cattedra.Non posso lasciarvi senza qualche accenno alle attribuzioni delle opere.La maggior parte, di quelle risalenti al XVI secolo, sono riferibili, anche se non con esattezza assoluta, al “maestro dell’abside di Santo Stefano in Bizzozero”.Questo anonimo frescante era, con buona probabilità, un allievo di Galdino Campanigo da Varese, autore di alcune opere all'interno della chiesa di Bizzozero.Siamo a conoscenza della data precisa del ciclo di affreschi di Santo Stefano, 1536, per cui rimane da comprendere se le opere della chiesa di Gemonio sono antecedenti o posteriori a quella data.
Tutto quello che vi ho raccontato, e che vedete rappresentato nelle fotografie che accompagnano l’articolo, è giunto sino a noi grazie al coraggio di quel prete che si presentò sul sagrato, armato solo di un crocifisso di ferro, per respingere le orde selvagge di soldati distruttori.....Fabio Casalini.Bibliografia* A. Finocchi, Architettura romanica nel territorio di Varese, Milano, Bramante Editrice, 1966.
* AA VV, La chiesa di San Pietro a Gemonio. Caravate, Arti grafiche Aricocchi per la Parrocchia di San Pietro, 2014.
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