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La Cina e gli Stati Uniti in un panorama energetico in mutamento

Creato il 11 novembre 2013 da Conflittiestrategie

Traduzione di Francesco D’Eugenio da: La Cina e gli USA in un panorama energetico in mutamento | Stratfor]

In breve

La crescente dipendenza della Cina dai mercati energetici esteri potrebbe spingerla a ripensare la sua politica storica di non-intervento, almeno per quanto riguarda le principali zone di produzione energetica. Il 9 ottobre l’Agenzia per le Informazioni Energetiche degli USA (EIA, NdT) ha pubblicato i dati che testimoniano il sorpasso ufficiale della Cina sugli Stati Uniti in qualità di maggior importatore mondiale di petrolio.

Anche se il momento preciso in cui gli Stati Uniti hanno passato il testimone alla Cina non è importante, i dati mettono in mostra una tendenza alla crescita che continuerà per i prossimi dieci anni: gli Stati Uniti stanno diventando meno dipendenti dalle importazioni di petrolio, mentre l’appetito della Cina per le importazioni sta crescendo.

Analisi

Sotto il miracolo economico cinese è avvenuta una rapida crescita della domanda della Cina per tutte le forme di energia. La Cina è di gran lunga il maggior consumatore mondiale di carbone ed è ben avviata per superare gli Stati Uniti nel consumo di petrolio. Il fabbisogno di petrolio cinese è salito dai 2,3 milioni di barili al giorno nel 1990 a 4,7 milioni di barili al giorno nel 2000 e si sta ora avvicinando alla soglia degli 11 milioni. Gli Stati Uniti consumano circa 15 milioni di barili al giorno.

Anche se il tasso di crescita dell’economia cinese sta rallentando e non tornerà ai valori sostenuti sopra il 10 percento, la crescente domanda di petrolio dovrebbe persistere. Gran parte della popolazione della Cina sta entrando nella fase dello sviluppo economico in cui può permettersi un veicolo per il trasporto passeggeri; quando un’economia raggiunge livelli pro capite tra i 10000 e i 20000 dollari, il numero di automobili per abitante aumenta velocemente (prima di rallentare quando i redditi superano i 20000 dollari). Sebbene sia improbabile che il numero di macchine per abitante in Cina raggiunga quello degli Stati Uniti, l’enorme popolazione della Cina farà sì che anche un piccolo cambiamento in percentuale si traduca in un sensibile aumento della quantità di carburante richiesto. In definitiva, le importazioni petrolifere cinesi continueranno a crescere per i prossimi dieci anni, consolidando la posizione della Cina quale primo importatore mondiale.

Cosa significa per la Cina

Ciò avrà diverse conseguenze per Pechino. Le tre maggiori compagnie petrolifere cinesi, — China Petroleum & Chemical Corp. (nota anche come Sinopec), China National Offshore Oil Corp. e PetroChina — continueranno la loro aggressiva espansione internazionale. Un’attenzione particolare verrà riservata ai paesi dove i livelli di produzione potrebbero crescere, come Iraq, Brasile e Venezuela, nonostante le gravi complicazioni politiche e logistiche che affliggono la sviluppo del settore energetico in questi paesi.

Sebbene parte di questa espansione serva ad assicurare i rifornimenti di petrolio alla Cina, si tratta anche di minimizzare i rischi, e diventare una compagnia petrolifera globalizzata. Ciò significa che le compagnie continueranno la loro espansione anche in paesi come gli Stati Uniti ed il Canada, dove la produzione petrolifera verrebbe verosimilmente destinata ad altri mercati rispetto alla Cina. Per esempio, la China National Offshore Oil Corp. e Sinopec hanno investito svariati miliardi di dollari nelle formazioni di scisti americane. Questi investimenti servono anche ad aumentare le capacità tecnologiche delle compagine, che un giorno forse — probabilmente tra 15 anni — potrebbe portare a un risorgimento della produzione cinese.

Inoltre, ci sarà un declino della bilancia commerciale, a causa del rallentamento della crescita dell’economia domestica della Cina e del cambio di paradigma tra un modello economico orientato all’esportazione e un nuovo paradigma che nelle speranze di Pechino farà affidamento sulla crescita della domanda interna. Le crescenti importazioni di petrolio e di altre forme di energia non faranno che accelerare l’erosione della bilancia commerciale cinese, anche se va detto che il cambio di paradigma richiederà molti anni. Anche la vulnerabilità della Cina alle forze esterne aumenterà — non solo alle forze economiche, ma anche ai rischi dell’approvvigionamento marittimo. Pechino ha cercato di mitigare tali rischi aumentando le importazioni via terra dalla Russia e dall’Asia Centrale, ma alla fine dipenderà da chi avrà il controllo delle linee di comunicazione marittima, un ruolo da lungo detenuto dagli Stati Uniti.

Diminuzione della dipendenza energetica degli USA

Mentre l’aumento dei consumi della Cina la conduce all’incremento delle importazioni, gli Stati Uniti stanno riducendo la loro dipendenza dal petrolio estero. L’industria petrolifera USA ha attraversato una drammatica rivoluzione tecnologica che ne ha aumentato la produzione petrolifera quasi del 40 percento negli ultimi tre anni, proiettando la produzione domestica ai livelli precedenti la Prima Guerra del Golfo. Questo fatto da solo ha contribuito a una diminuzione drammatica delle importazioni USA, ma il Canada a sua volta ha incrementato drammaticamente la propria produzione di greggio e sta esportando negli Stati Uniti via terra. Il risultato è stato un declino ancora maggiore delle importazioni petrolifere via mare degli Stati Uniti. Ci si aspetta che queste tendenze continueranno per il resto del decennio, con Stati Uniti e Canada che continueranno ad aumentare la propria produzione.

E’ tuttavia improbabile che la produzione petrolifera di USA e Canada raggiunga livelli abbastanza elevati da affrancare Washington dalle importazioni da altri partner. Inoltre gli Stati Uniti sono molto integrati nel flusso commerciale e nei mercati finanziari globali. Come conseguenza, gli Stati Uniti continueranno a interessarsi al mercato petrolifero internazionale ed alla sicurezza delle linee di comunicazione marittima, non solo per il transito di energia, ma anche per il flusso di altri beni commerciali. Per esempio, anche se le importazioni USA di energia dal Medio Oriente si sono ridotte, una grave destabilizzazione in Medio Oriente avrebbe conseguenze catastrofiche sull’economia della Cina e di altri paesi asiatici, finendo così con il coinvolgere negativamente gli Stati Uniti.

Nonostante tutto, gli Stati Uniti continueranno ad importare greggio mediorientale per ragioni strutturali. Per esempio, la California e la costa occidentale non sono collegate al resto del paese mediante oleodotti, la cui costruzione in queste aree è risultata ostica. Ne segue che le raffinerie ivi situate continueranno a procurarsi petrolio dal Medio Oriente, anche se gli Stati Uniti continuassero a produrre petrolio a tassi maggiori.

L’influenza dell’OPEC in declino

L’aumento della produzione di energia USA può essere in parte attribuito agli elevati prezzi del petrolio. Non è la prima volta che il prezzo del barile ha portato a una rivoluzione tecnologica nelle economie sviluppate, sbloccando grandi quote di produzione. Durante le crisi petrolifere degli anni ’70, gli elevati prezzi del greggio portarono i produttori a sviluppare regioni meno remunerative — il Golfo del Messico, l’Alaska e il Mare del Nord — portando a una crescita sostenuta della produzione non-OPEC per tutti gli anni ’80. Ne risultò un crollo del prezzo del petrolio, che rimase basso anche durante un periodo di turbolenza geopolitica nel Medio Oriente — un periodo che vide la guerra tra Iran e Iraq. L’Arabia Saudita e altri produttori OPEC tentarono inizialmente di ridurre l’output di petrolio per aumentarne il prezzo, ma furono incapaci di influenzare il prezzo del petrolio perché la produzione non-OPEC stava aumentando troppo rapidamente. Ciò ebbe fine quando l’Arabia Saudita decise di aumentare la produzione per incrementare la propria quota di mercato, facendo sì che i prezzi del petrolio rimanessero relativamente bassi fino ai primi anni del 2000, quando emerse una nuova tendenza — il massiccio incremento della domanda dai paesi emergenti.

Oggi, l’aumento della produzione negli Stati Uniti, in Canada, Russia e Brasile ha eroso la capacità dell’OPEC di influenzare i prezzi. Eppure, al contrario degli esempi storici di aumento della produzione, la crescita rapida e costante della domanda in Cina, India ed altri mercati emergenti ha finora mitigato l’impatto dell’aumento di produzione non-OPEC, e una crescita continua e sostenuta di tale produzione sarà necessaria per mantenere i prezzi del petrolio ai livelli attuali.

Tutto questo è di fondamentale importanza per molti paesi del Medio Oriente, perché la loro capacità di ridurre la produzione di petrolio è in dubbio. Non solo l’Arabia Saudita, l’Oman e altri produttori di petrolio mediorientali hanno aumentato il loro consumo interno di petrolio, ma in risposta ai tumulti del 2011 nel mondo arabo, molti di questi paesi hanno fatto ricorso all’aumento della spesa sociale — finanziata dai ricavi del petrolio — per superare la tempesta.

L’aumentata dipendenza della Cina dai mercati energetici esteri significa che la Cina dovrà interessarsi sempre di più negli sviluppi geopolitici in Medio Oriente e in altre regioni di produzione petrolifera. La politica storica di Pechino in tali dispute è stata quella di non intervenire, ma con l’aumento della dipendenza, tale politica potrebbe diventare meno pratica. Gli Stati Uniti rimarranno estremamente coinvolti nei mercati energetici mondiali ed eventi geopolitici significativi influenzeranno tali mercati, ma la diminuzione della dipendenza dalle importazioni straniere darà a Washington una maggiore libertà nel condurre la propria politica estera nelle regioni strategiche di produzione di petrolio e gas naturale.


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