La Cina e l’armonia con la propria storia

Creato il 28 dicembre 2012 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR

La lettura degli atti del XVIII Congresso del Partito Comunista Cinese, conclusosi a Pechino a metà novembre, conferma l’impressione del carattere fondamentale dei cambiamenti che stanno avvenendo nel mondo. Il rapporto di forze tra l’Occidente e l’Oriente continua a mutare in favore di quest’ultimo, e la Cina, indubbiamente, è all’avanguardia in questo senso. Pechino a questo scopo si appoggia alla sua impressionante forza economica e al fondamento ideologico, divenuto ormai abituale, della politica interna ed estera. Esso è ribadito nelle sue linee fondamentali nella relazione di Hu Jintao, se questa viene messa a confronto con gli atti dei precedenti congressi del 2002 e del 2007. Il Paese continua a costruire il socialismo (e, aggiungiamo, il mercato socialista1) con le specificità cinesi e a basarsi sul retaggio di Marx e Lenin e sulle idee di Mao Tse-Tung, Deng Xiaoping e Jiang Zemin, ma anche su una concezione scientifica dello sviluppo, associabile all’operato della classe dirigente uscente2.

Nonostante molti punti di questa argomentazione ideologica sembrino essersi cristallizzati nel tempo (Pechino non ha intenzione di rivedere la propria storia), la relazione è del tutto adeguata ai cambiamenti nel mondo e al posto che la Cina ha al suo interno, ma anche alla difficoltà dei compiti di fronte ai quali si trova la Cina nella fase attuale del suo sviluppo.

È importante tenere in considerazione il fatto che i comunisti cinesi hanno ancora le vertigini per i risultati ottenuti3, e la situazione interna al Paese (alla quale prestano particolare attenzione le relazioni ai congressi) è caratterizzata da atteggiamenti piuttosto preoccupati. A questo riguardo sono stati proposti cammini concreti per affrontare i contrasti sociali e regionali della sfaccettata comunità cinese, il cui aspetto esteriore, ad oggi, è in gran parte costituito dal proseguimento della modernizzazione e dalla portata dell’urbanizzazione, senza precedenti nella storia dell’umanità. Sono stati toccati con particolare attenzione i problemi riguardanti l’ambiente e la corruzione, che incombono sulla nazione. Negli atti del congresso è stata sottolineata anche la fondamentale importanza della trasformazione dell’attuale modello economico (ritengo che questo processo sia iniziato già nel quinquennio precedente, ma si sia complicato per via della crisi mondiale) in favore di un rafforzamento del ruolo del consumo interno, dell’allargamento della sfera dei servizi, del risparmio energetico e dello sviluppo innovativo.

I compiti del partito sono stati focalizzati intorno alla questione più importante: l’aumento del benessere della popolazione. Sono stati fissati degli obiettivi ambiziosi per il raddoppiamento del reddito pro-capite entro il 2020, per un trasferimento metodico dei lavoratori migranti all’intero del numero della popolazione urbana, per un deciso miglioramento dei sistemi di assicurazione sociale e di assistenza medica. Tra gli strumenti per risolvere questi problemi ci sono la crescita del ruolo di ridistribuzione dello Stato e la restituzione del debito storico alla campagna da parte dell’industria e delle città. Si tratta di una politica sul lungo periodo, chiamata a risolvere anche problemi a livello macroeconomico: una distribuzione più uniforme in grado di innalzare la domanda interna. I problemi legati alla povertà, anche nelle zone più arretrate del Paese, non sembrano irrisolvibili con il mantenimento della dinamica attuale, e neanche con una sua diminuzione.

Ai risultati della Cina nel quinquennio precedente è stato giustamente aggiunto, in particolare, il positivo contrasto alla crisi finanziaria mondiale (“Noi siamo stati i primi ad attuare una stabilizzazione dell’economia e a ripristinarne la crescita”). È necessario ricordare che un ruolo decisivo nella lotta agli effetti della crisi è stato ricoperto dalla realizzazione di un gigantesco pacchetto di investimenti statali. Le conseguenze dell’inflazione sul rating, ad oggi, sono già superate. Inoltre, proprio nei giorni in cui si svolgeva il congresso, le statistiche hanno evidenziato dei cambiamenti positivi nella dinamica economica, e sembra che nell’ultimo trimestre del 2012 i ritmi di crescita del PIL cinese cresceranno di nuovo dopo oltre un anno e mezzo. Considerando la situazione estremamente fiacca nei Paesi sviluppati e i ritmi di crescita relativamente bassi dell’export cinese, questo forse è un fatto degno di nota, che segnala il proseguimento della trasformazione del modello economico cinese, e, in particolare, una certa riduzione della dipendenza dell’economica cinese dalla domanda estera.

Nel campo politico-ideologico è mantenuto il cammino verso la costituzione di uno Stato socialista di diritto, e si sta pensando di impiegare alcuni utili risultati della cultura politica mondiale, pur “senza copiare in alcun modo il sistema politico dell’Occidente”. La Cina è inoltre intenzionata ad aumentare il “soft power” dello Stato, concentrato sulla cultura nazionale, “orientato alla modernizzazione, al mondo intero e al futuro”, e a diventare “una potenza culturale socialista”.

Tra i punti della relazione che affrontano la posizione internazionale della Cina, è degna di menzione la valutazione dell’attuale tappa storica come un periodo nel quale “si è inasprita come non mai la concorrenza per la potenza statale congiunta”. Riguardo a questa situazione, ma anche allo “sviluppo accelerato di una nuova rivoluzione militare nel mondo”, evidenziata nel rapporto di Hu Jintao, il Paese e l’esercito sono chiamati al compito di attuare una rotta strategico-militare verso una “difesa attiva di nuova generazione”. La Cina, all’interno di questa rotta, “dedicherà un’attenzione crescente alla sicurezza nello spazio marino, aereo e spaziale”, rafforzando le possibilità di “ottenere vittorie nei conflitti locali che si svolgono in condizioni di informatizzazione”. Allo stesso tempo, fissando la crescita delle forze congiunte delle economie di mercato in formazione e dei Paesi in via di sviluppo, la relazione sottolinea che “la correlazione tra forze internazionali si sta sviluppando in una direzione propizia per la difesa della pace in tutto il mondo”. Tra le minacce alla pace sono evidenziati l’egemonismo, la politica della forza e il neointerventismo. Pechino è preoccupata anche dall’inasprimento di problemi globali come quelli legati al cibo, alle risorse energetiche e alla sicurezza in Internet.

Negli atti del congresso è stata confermata anche la linea della politica estera della Cina, orientata contro l’egemonismo e la politica della forza, contro l’uso delle armi e la sua minaccia, ma anche contro l’indebolimento del potere costituito negli altri Paesi. È confermato anche il cammino verso relazioni sempre più strette con i Paesi vicini4. In effetti si realizza la formula “un buon vicino è più importante di un parente lontano”, quasi un contrappeso al postulato tradizionale “il nemico del mio vicino è mio amico”.

Al novero dei punti relativamente nuovi nella politica estera della Cina è necessario aggiungere l’ingresso del Paese nel gruppo dei sostenitori attivi di un’ulteriore liberalizzazione del movimento internazionale delle merci e, in parte, del capitale. “Continuando a sostenere l’uguaglianza dei diritti e dei doveri e prendendo attivamente parte all’amministrazione economica globale, la Cina promuove la liberalizzazione ed è contro ogni forma di protezionismo”, si sottolinea nella relazione. Si tratta di una dichiarazione assolutamente matura, considerando l’attuale livello di competitività della Cina, raggiunto, tuttavia, in gran parte grazie a decenni di politica protezionista.

Aggiungo che il rafforzamento del potere centrale in Russia nel nuovo secolo è stato accolto positivamente dal governo cinese e dalla comunità scientifica. Tra Russia e Cina si configura un’intesa ancora più profonda su temi sia di politica interna sia estera. Il sostegno alla multipolarità e alla stabilità socio-politica in Asia presuppongono un atteggiamento reciprocamente positivo per il rafforzamento delle rispettive posizioni. Oltre a ciò, emerge il concetto comune secondo il quale lo sviluppo politico come guida della modernizzazione non deve assolutamente limitarsi a una mera democratizzazione formale, e può presentare delle significative specificità, collegate alle peculiarità di Paesi enormi e per certi versi arretrati. Per essi è indispensabile muoversi in armonia con la propria storia.

(Traduzione dal russo di Roberto Ricci)


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