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La Cina punta sulla Via della Seta, patrimonio dell’umanità

Creato il 07 luglio 2014 da Pietro Acquistapace
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Jiayuguan – Gansu (China)

Che la Via della Seta sia ormai un punto fermo nei piani di sviluppo cinesi sembra essere ormai un dato di fatto. Ad agevolare le politiche di Pechino è giunta anche la decisione dell’UNESCO di inserire la Via della Seta nell’elenco dei luoghi patrimonio dell’umanità. Nel corso della trentottesima conferenza dell’UNESCO, tenutasi a fine giugno in Qatar, è stata infatti approvata la proposta cinese, presentata con Kazakistan e Kirghizistan, relativa ad uno dei tratti della rete che fu la Via della Seta: per l’esattezza il Corridoio Chang’an – Tien Shan. Oltre all’esito della richiesta vi sono motivi d’interesse anche nelle questioni geopolitiche ad essa collegate.

Gli esperti dell’ICOMOS (International Council on Monuments and Sites) e dell’IUCN (International Union for the Conservation of Nature) hanno valutato positivamente 22 siti in territorio cinese, 8 in quello kazako ed infine 3 in Kirghizistan. L’interesse dell’UNESCO per la Via della Seta risale al 1988, quando questi iniziò a promuovere studi incentrati sul continente eurasiatico, arrivando alla sponsorizzazione, insieme alla Cina, di una conferenza tenutasi a Turpan (Xinjiang) nel 2006. In questa occasione la Cina si accordò con le cinque repubbliche centroasiatiche per una proposta congiunta, modificata poi dalla decisione dell’UNESCO di accogliere progetti relativi solo a singoli corridoi, viste le dimensioni della Via della Seta.

L’approvazione del progetto relativo al Corridoio Chang’an – Tien Shan sarà seguita, a detta dell’UNESCO, da altri riconoscimenti. Tuttavia i progetti presentati sinora da Iran, India e singolarmente dalle altre repubbliche centroasiatiche non sono stati ancora approvati, a partire da quello congiunto di Uzbekistan e Tagikistan (Penjikent-Samarkand-Poykent Corridor) respinto proprio in Qatar in vista di ulteriori verifiche. L’interesse cinese per la Via della Seta viene dimostrato anche dal numero di proposte fatte all’UNESCO, all’inizio ben 48, presto ridimensionate e limitate alla terraferma, abbandonando il progetto relativo alla Via della Seta marittima passante per Singapore. Significativa l’assenza del Turkmenistan da entrambe le proposte all’UNESCO citate, segno forse del crescente isolamento del paese.

Dietro a questo interesse si nascondono forse importanti interessi geopolitici, accresciuti anche dal fatto che l’approvazione di proposte congiunte ha tra gli effetti quello di aumentare la cooperazione tra i paesi che presentano la domanda, essendo, nonostante il patrocinio dell’UNESCO, la cura e la promozione dei siti compito dei singoli paesi. In ogni caso la cooperazione tra la Cina e gli altri due paesi sembra già essere ben avviata visto che il Kazakistan ha da tempo visto in Pechino la possibilità di sfuggire ad un legame troppo stretto con la Russia. Il Kirghizistan è invece lo stato centroasiatico più povero e nella Cina vede un importante partner commerciale, non attirando gli stessi interessi russi che il vicino Tagikistan.

La decisione dell’UNESCO porterà ai tre paesi anche denaro e turismo. I soldi attraverso donazioni di singoli paesi per il finanziamento dei progetti (nel caso specifico da Giappone e, almeno a quanto previsto in un primo momento, Norvegia), mentre per quanto riguarda il turismo il riconoscimento porterà i vari siti all’interno di un circuito internazionale da cui si presume giungeranno importanti introiti. In Cina ben 19 città hanno già firmato una dichiarazione congiunta per la sviluppo dell’attività turistica legata alla Via della Seta. Proprio in Cina la Via della Seta sembra essere sempre più presente nei discorsi politici e programmatici, compresi quelli del presidente Xi Jinping che ha ribadito l’importanza della ricostruzione di tale rotta commerciale.

In particolare l’accento viene messo sull’esigenza di rendere sicura e pacifica la Silk Road Bell, in modo da poter diventare un pilastro dello sviluppo eurasiatico. Quello che resta da capire è come la Cina reputi essere realizzabile tale scopo, soprattutto per via del fatto che la Via della Seta si snoda attraverso il Xinjiang, regione autonoma della repubblica cinese sempre più instabile. Il riconoscimento dell’UNESCO del Corridoio Chang’an – Tien Shan potrebbe costituire infatti una sorta di “certificazione” della regione in quanto territorio cinese, incontrando lo sforzo del governo di Pechino nel promuovere il turismo nel Xinjiang proprio in ottica di contrasto delle spinte autonomistiche, se non separatiste, di certi movimenti uiguri. Il rischio è inoltre quello di aumentare il numero dei turisti in concomitanza di una radicalizzazione dello scontro.

Resta da vedere se la Cina vorrà assumersi il compito di vigilare sulla sicurezza della Via della Seta, arrivando ad una riedizione della pax mongolica, ma soprattutto se per arrivare a ciò gli interessi cinesi porteranno o meno a posizioni egemoniche nella regione.

http://news.xinhuanet.com/english/photo/2014-06/15/c_133408735.htm

http://www.china.org.cn/travel/revitalize_the_silk_road_in_Shaanxi/2013-11/01/content_30468580.htm

http://www.unesco.kz/new/en/unesco/news/2874


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