Innanzitutto l’accelerazione del trattato transatlantico, che dovrebbe dare un potere straordinario alle multinazionali, anche di tipo legislativo e risucchiare definitivamente l’Europa nell’orbita economica di Washington. Una cosa talmente imperativa che siamo costretti a sopportare una pubblicità progresso della Rai infarcita di scandalose menzogne e vacuità su questo tema. In secondo luogo l’interventismo americano in Ucraina e in medio oriente per circondare la Russia e servirsi del mondo mussulmano come jolly del caos e come sparigliatore dell’influenza cinese. Persino una ipotetica epidemia di ebola è stata arruolata per permettere la costituzione di due basi militari americane nel continente africano dove, com’è ben noto, Pechino ha acquisito grande influenza nell’ultimo ventennio.
Tutte strategie fondate o sull’aggressione sostanziale a quella democrazia che si vorrebbe esportare o sull’ideologia liberista che penalizza i Paesi più deboli o sulla forza militare, ma così poco pensate, costruite con spezzoni delle vecchie dottrine della guerra fredda e con insensato utilizzo strumentale degli integralismi che alla fine rischiano di ottenere l’effetto contrario. Di questo rapsodico armamentario fanno parte anche le a dir poco pretestuose sanzioni alla Russia in cui è stata coinvolta l’Europa e che finora hanno avuto come effetto un riavvicinamento della Russia alla Cina e l’assottigliamento dell’area del dollaro. Ma il terrore di perdere una supremazia che alimenta se stessa e i consumi americani attraverso la cardinalità del biglietto verde negli scambi mondiali è troppo forte e porta ad agire in modo frettoloso e incoerente rispetto agli obiettivi.
Dopo aver fatto dell’Asia la fabbrica del mondo per sfruttare l’immenso esercito di riserva di lavoro a basso costo, ora ci accorge delle conseguenze non previste, anche se facilmente prevedibili da menti non del tutto offuscate dalle ossessioni liberiste. Da anni si è presentata come una grande vittoria del pensiero unico l’essere riusciti a trasformare un Paese comunista in capitalista, ma ora ci si accorge non soltanto del semplicismo schematico di questo giudizio, peraltro ciclostilato migliaia di volte con esasperata attenzione a dire solo ciò che fa comodo e a fare i repetosi con gli ordini del giorno, ma ci si trova di fronte alla realtà e cioè a un grande antagonista che comincia a raccogliere attorno a sé la voglia di liberazione di molte aree del mondo dai diktat occidentali che peraltro adesso si rivolgono anche contro le proprie popolazioni. E invece di ripensare al modello deviante che sta creando tutto questo si risponde menando botte da orbi.