LA CITTÀ INVISIBILE - 14 La mappa, il territorio ed il potere

Creato il 01 maggio 2013 da Ciro_pastore

LA CITTÀ INVISIBILE - 14 La mappa, il territorio ed il potere
Da qualche tempo a Diarcopolis, nonostante la crisi, si avvertiva una strana aria di cambiamento o meglio, per dirla gattopardescamente, si sentiva che stava per arrivare quel cambiamento solo apparente che ha come unico obiettivo “cambiare tutto, per non cambiare nulla”.
Qwerty, da par suo, come spesso gli capitava, era riuscito ad anticipare gli eventi che in quel momento si stavano manifestando. Servendosi della sua speciale sensibilità rispetto alle dinamiche umane, corroborata dalla sua lunga esperienza presso la Confederazione di FelixiaQwerty aveva intuito – con netto anticipo sugli altri diarcopolesi – che era in atto una naturale dinamica di annessione da parte di Flegreians ed, in subordine, Eaviantes.
Così, quando prese a circolare una nuova mappa organizzativa del potere diarcopoliano, Qwerty non fu per nulla sorpreso di verificare che tutto quanto aveva anticipato si fosse tramutato, nero su bianco, in fatti concreti. Vedere i suoi disperati “amici” Vesuvianensis brancolare nella cupa disperazione, era per lui motivo di angustia ma, allo stesso tempo, di perfida soddisfazione. Infatti, la sua capacità predittiva aveva da tempo preannunciato come sarebbero andate le cose, ma pochi gli avevano dato ascolto, preferendo inabissare la testa nella sabbia, come fossero tanti struzzi codardi.
Ora che la mappa circolava, Qwerty avrebbe potuto menar vanto di tanta preveggenza, ma appuntarsi una simile coccarda gli pareva pura vanagloria, oltre che inutile sbruffoneria. Proprio nel momento in cui avrebbe potuto ergersi ad unico esegeta ufficiale delle dinamiche diarcopoliane, Qwerty preferì, invece, concentrare le proprie scarse risorse interpretative in una più approfondita analisi della mappa stessa.
Fu così che gli sovvenne una famosa frase:”La mappa non è il territorio”. La mappa, cioè, non rappresenta fedelmente il territorio. La mappa non riesce a rappresentare quella fitta trama di relazioni, visibili ed invisibili, tra abitanti, case, macchine, rumori, servizi, culture, strade, che rendono unico un territorio. Il territorio, a causa della sua composita complessità, non è raccontabile per intero mediante una mappa, che resta pur sempre una rappresentazione grafica, utile, tutt’al più, ad orientarsi nella vastità e complessità del territorio che essa ha la “presunzione” di rappresentare. Il territorio sarà sempre infinitamente più ricco della mappa che è la struttura mentale che ci orienta e che, forse, ci permette di attraversarlo ma non di “dominarlo” realmente.
Qwerty sapeva bene (e con lui pochi altri) che quella mappa circolante in quei giorni a Diarcopolis, seppure utile strumento per individuare – ma solo per grandi linee – il territorio, era troppo “grossolana” per definire in maniera puntuale la “nuova geografia” del potere diarcopoliano.
L’unica cosa certa era, ovviamente, che tale mappa indicava nettamente e chiaramente dei capisaldi naturali che, da quel momento in poi, avrebbero costituito “barriere orografiche” invalicabili. A meno di immaginare inimmaginabili trafori o valichi, la mappa poneva sul territorio tutta una serie di linee Maginot fortificate, poste a difesa di aree di sicuro interesse strategico ed economico.
Nonostante l’apparente intangibilità ed immodificabilità della mappa, però, tutti i leader dei Sindacans, almeno formalmente, avevano prontamente levato grida di sdegno e preannunciato furiosa ed instancabile battaglia. Loro intento (solo dichiarato?) era quello di impedire che la mappa diventasse “legge”. L’accusa era di aver sgarrato nel metodo e nel merito, contravvenendo in pieno a tutte le buone pratiche consociative. Questo, ripeto, almeno formalmente, il corretto e preventivabile atteggiamento dei Sindacans nei confronti della tanto odiata mappa.
Qwerty, però, sapeva bene che tutti quegli strepiti potevano benissimo nascondere una strategia più sottile e perversa. In fondo, la mappa, pur fra i tantissimi capisaldi, lasciava ancora un discreto spazio di manovra. Infatti, molti posti di “controllo” erano descritti come privi di un controllore, lasciando presagire che per quei posti ancora vacanti si poteva aprire una “fraterna” trattativa, in cui provare ad inserire qualche “orfanello” in attesa di trovare una nuova famiglia che lo potesse accogliere amorevolmente. Insomma, l’apparente contrapposizione poteva ben presto lasciare il campo ad una amichevole ricomposizione fra le parti.
La mappa, poi, evidenziava, con la sua voluta carenza di dettagli, come la gran parte delle truppe (cammellate e non) fosse ancora alla ricerca di un sicuro ricovero. Niente, infatti, veniva chiarito dalla mappa riguardo al futuro incerto di tantissimi soldatini semplici che dalla mappa potevano arguire, solo in qualche caso, il loro destino individuale.
Certo, i soldatini poco contano, essendo quasi sempre immolabili come pura “carne da cannone” e, quindi, il loro destino valeva, allora come oggi, poco più di nulla.
Il Signore degli Agnelli