LA CITTÀ INVISIBILE (8) - Il Visconte Dimezzato ed il Barone Rampante
Creato il 12 aprile 2013 da Ciro_pastoreLA CITTÀ INVISIBILE (8) Il Visconte Dimezzato ed il Barone Rampante
Proseguendo nella galleria di personaggi che popolavano Palazzo Versoil, non si possono tralasciare due eminenti figure di altissimi burocrati che, da decenni oramai, erano sempre al centro delle alterne vicende di potere di Diarcopolis. Mi riferisco a due ben noti aristocratici: il Visconte Dimezzato ed il Barone Rampante.
Entrambi avevano ricoperto incarichi di altissimo prestigio e le loro due carriere si erano frequentemente intersecate in un gioco di alti e bassi simmetricamente contrastanti. Ad una fase di crescita vertiginosa del potere individuale dell’uno, quasi sempre era corrisposta una momentanea debacle dell’altro. Tutto questo avveniva, però, in un continuo susseguirsi di colpi di scena e di repentini stravolgimenti delle reciproche posizioni che aveva appassionato gli ospiti di Palazzo Versoil e gli abitanti di Diarcopolis.
Eppure, nei primi anni della loro coesistenza a Palazzo Versoil, avevano camminato di pari passo e di comune accordo. Poi, come sempre accade, anche quelli che potevano sembrare due ottimi compagni di ventura, presero strade diverse e, gioco-forza, furono costretti a farsi guerra. Mai una guerra apertamente guerreggiata, però. La loro era stata sempre una sorta di guerriglia strisciante in cui le uniche vittime si erano contate tra le truppe a loro fedeli. Mai i nostri eterni duellanti si erano sfidati a singolar tenzone.
Così, per lunghi anni l’uno sembrava aver preso definitivamente il sopravvento sull’altro. Arthur, il Visconte Dimezzato, così soprannominato per la sua breve statura, per molti anni era riuscito non solo a prendere in mano una determinante fetta del potere diarcopoliano, ma aveva subdolamente relegato il suo unico vero contendente, Pascal, il Barone Rampante, ad una lunga vita di esilio forzato che lo aveva portato a girovagare ramingo, ma non tanto sconsolato, per le contee più dissestate della Confederazione di Felixia. Ma poi era bastato un lieve cambiamento di vento nelle strategie politiche e, soprattutto, negli equilibri di potere di Felixia a ribaltare le posizioni.
Il loro duello, oramai, aveva assunto delle dimensioni epiche, tanto che le provvisorie sconfitte dell’uno, venivano salutate quasi trionfalmente dai rispettivi ammiratori che traevano proprio dalla sconfitta la sicurezza di un pronto e clamoroso ribaltamento delle posizioni. I loro successi, ma anche i loro insuccessi, influivano in maniera decisiva sulle sorti di Diarcopolis. Vittorie e sconfitte, essendo per loro eventi transeunti, non erano mai da considerare definitivi. Pertanto, anche i loro fedelissimi servitori (e molti se ne annoveravano fra i burocrati) sapevano attendere con fiducia che il proprio dux conducator fosse tornato ad essere, come sempre, in grado di riportarli in auge.
A Palazzo Versoil si vociferava – e c’era da crederci – che i due diarchi avevano una loro specifica predilizione, nonostante facessero di tutto per non rendere pubblica la loro intima scelta. Soprattutto la Principessa Valentina, a detta dei ben informati cronisti di Palazzo, aveva stretto un patto di ferro segreto con il Visconte Dimezzato. Beninteso, il loro era un “matrimonio di convenienza”, in quanto ciascuno sopperiva adeguatamente alle carenze dell’altro. Il Visconte, infatti, era rinomato per aver l’abilità di far girare le ruote degli ingranaggi anche servendosi di una buone dose di astuta diplomazia con cui aveva sempre blandito i capi Sindacans e anche quella parte più riottosa e plantigrada degli Omini, i quali, seppure debilitati, erano pur sempre in grado di bloccare il normale funzionamento degli ingranaggi.
Re Polonio, invece, aveva in alta considerazione Pascal, il Barone Rampante. Questi, così come il suo nome indicava, era un uomo forte, alto ed assertivo che dialogava poco con gli Omini ma che, invece, era capace di tessere intricate ragnatele con tutti gli uomini che contavano a Diarcopolis, ma anche e soprattutto, con i principali capi di Felixia, con cui trasversalmente e proficuamente si relazionava.
Ovviamente, anch’egli a queste virtù dichiaratamente “politiche” accompagnava un’alta professionalità nella gestione tecnica, qualità questa completata da una naturale propensione a risolvere i problemi, anche quelli apparentemente irrisolvibili. Per questo era diventato l’uomo delle “missioni impossibili”. Proprio questa capacità lo aveva reso ben visto agli occhi di Re Polonio che, dall’alto della sua lunga esperienza di vita, sapeva riconoscere gli uomini dal “polso fermo” e dai risultati sicuri.
Nelle condizioni in cui era ridotta Diarcopolis, però, ai due diarchi non era concesso di dare libero sfogo all’interminabile lotta per la supremazia dei due instancabili aristocratici. Avevano pensato, pertanto, di imporgli una tregua definendo dettagliatamente le rispettive aree di influenza, fatto questo non bastevole, però, a placare la rispettiva sete di potere che, presto o tardi, non avrebbe tardato a manifestarsi nuovamente. Nonostante la netta ma apparente “divisione” dei ruoli, i due potevano sempre trovare innumerevoli motivi per continuare a contendersi il potere.
Ecco perché, nel tentativo di placarne la comune furia devastatrice, i due diarchi avevano accondisceso ad erogare a ciascuno un considerevole premio per i loro servigi aggiuntivi di responsabili dei due eserciti. Ma un premio di 50.000 mila talleri annui pro capite poteva bastare per tenerli a freno?
https://www.youtube.com/watch?v=oNxs1Mge3vE
(continua?)
Il Signore degli Agnelli
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