Ma anche un città non esile che aveva saputo opporsi ai fascisti di Italo Balbo proprio nell’anno della vittoria di Mussolini, decorata della medaglia d’oro della Resistenza e che dopo la guerra ambì a diventare capitale di una regione a se stante l’Emilia Lunense, una striscia di terra dal Po al Tirreno. Un sogno geografico bonario a confronto con quello xenofobo della Padania.
Insomma una città civile che tuttavia possiamo prendere a emblema dei veleni del berlusconismo e dei loro effetti devastanti: in una ventina d’anni la vecchia piccola capitale si è fatta conquistare dalle sirene della easy way promessa dal Cavaliere: è passata da giunte di sinistra a giunte di destra, ha conosciuto per prima lo sfondamento della Lega. Una mutazione non solo politica, ma di un intero ambiente come dimostra la triste vicenda di Parmalat, una deformazione e deviazione del senso di diversità. Oggi la città ha 600 milioni di debiti, è diventata un focolaio di corruzione e impotenza. Oggi è anche la città che cancella il parco Falcone e Borsellino per intitolarlo a Vianello e Mondaini, una sostituzione di cui nessuno sentiva la necessità che non è solo uno schiaffo verso la storia di questo Paese, una abdicazione dal suo senso e dall’onore che va reso ai suoi uomini migliori, ma un precipizio verso la banalità televisiva. L’ultima sponda di una paciosa e abulica inciviltà.
Altro che Maria Luigia, ormai è la città di Canale 5 e di Casa Vianello, di governi locali fatti di maneggi e di cricche. Questa sì che è una triste decadenza. E così si potrebbe dire che il parmigiano di una volta non esiste più, si è fatto corrompere dal grano padano.