LA COCA COLA NON LAVORERà PIù CON GLI ARANCETI CALABRESI PER NON COMPROMETTERE LA SUA IMMAGINE

Creato il 26 febbraio 2012 da Madyur
Coca Cola ha disdetto le ordinazioni di arance alle aziende della Piana di Rosarno. A darne notizia è il primo cittadino della città reggina, Elisabetta Tripodi, che si dice preoccupata per le ricadute economiche (e forse anche sociali) che questa decisione di Coca Cola potrà avere sul suo territorio. Un territorio delicato e particolare, dove gli agrumeti sono fra le poche fonti di ricchezza.

Tutto è partito un paio di giorni fa da un'inchiesta della rivista britannica The Ecologist  riguardante il coinvolgimento della Coca Cola nello sfruttamento della manodopera africana in Calabria. (http://www.pensierimadyur.blogspot.com/2012/02/scandalo-coca-cola-usa-arance-di.html) Secondo The Ecologist la multinazionale americana acquisterebbe a costi ridottissimi succo d'arancia concentrato dalle aziende calabresi.  Pietro Molinaro, presidente della Coldiretti Calabria, interpellato da The Ecologist aveva confermato il fatto, raccontando che «il prezzo che pagano le multinazionali non è giusto» e che «così costringono le piccole aziende dell'area a sottopagare gli operai». «Basterebbe che le multinazionali pagassero il giusto prezzo di 15 centesimi - aveva aggiunto Molinari - e la situazione cambierebbe radicalmente».
La Coca Cola ha disdetto gli ordini con le aziende calabresi per tutelare la propria immagine. Un disimpegno economico che metterebbe ko il comparto agrumicolo reggino. E il sindaco di Rosarno, Elisabetta Tripodi, affida a poche frasi la sua preoccupazione: «Al danno si aggiunge la beffa. Il proprietario di un'azienda di trasformazione delle arance - dice il sindaco - mi ha telefonato per comunicarmi che la Coca Cola ha disdetto il contratto per tutelare la sua immagine. Se la notizia verrà confermata la nostra economia subirà un danno devastante». «Il vero problema - aggiunge la Tripodi (che da mesi vive sotto scorta per le minacce subite dal clan locale) - è che gli agricoltori non raccolgono il prodotto perché il prezzo è troppo basso. Questa situazione ha quindi provocato un impoverimento di tutto il settore ed è ovvio che a risentirne sono anche i lavoratori».

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