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La coda al veleno di Silvio. Meglio tenere pronto l’antidoto

Creato il 12 novembre 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
La coda al veleno di Silvio. Meglio tenere pronto l’antidotoGiornata tesa, nervosa, a momenti angosciante. Nessuno sta dando di testa, forse Silvio, ma gli occhi sono puntati al portone d’ingresso del Quirinale. La domanda è: “Andrà Silvio Berlusconi, qualche minuto prima della 18, a rassegnare le dimissioni?”.Forse la storia dell’immediato futuro dell’Italia è tutta in una risposta. Un si o un no mai così pesanti, quasi pietre, sicuramente più di un destino. A chi sta dando per cosa fatta il governo Monti per lunedì replichiamo di attendere un po’, di non farsi prendere dalle fregole, di non stappare champagne né di brindare con un proletario prosecco. Occorre aspettare perché la coda di Silvio è intrisa di veleno; perché nessuno gli ha ancora offerto “salvacondotti” né per sé ne per la sua famiglia né per l’azienda; perché Monti non può rassicurarlo né sulla prescrizione breve né sul processo lungo. Berlusconi che lascia così, senza rancor, ci sembra davvero una barzelletta e non solo il refrain di una canzone: forse la più amara, forse la più tragica, sicuramente la più penosa. Di quella maschera artificiale finta plastica non ne possiamo più. Delle sue volgarità, della sua approssimazione, del suo egocentrismo da miliardario chissà come e grazie a chi e non da spessore umano né politico né culturale, molti italiani ne hanno piene le palle mentre ci sono (ancora) nostri milioni di connazionali, che stanno vivendo queste ore come un lutto che li ha colpiti al cuore. Silvio ormai fa parte del nostro panorama. Lo vedi, lo senti e lo percepisci dappertutto, una presenza immanente da grande vecchio che è necessario elidere prima che travolga definitivamente un paese allo sbando travolto da mesi di asserragliamento nelle segrete stanze dei suoi palazzi pieni di mignotte, di servi e di bottoni da premere all’occorrenza. Se Silvio andrà al Quirinale e ne uscirà subito dopo da “dimesso” e non da “dimissionario”, l’Italia potrà dire di aver compiuto solo un primo, fragile passo verso quel ritorno alla civiltà di cui si avverte un gran bisogno. A quel primo passo dovrebbe seguire un governo di soli tecnici perché non è vero che “verrebbe minata la democrazia”, ma sarebbe semplicemente mandata a fanculo una manica di teste di minchia incapace di intendere e di volere. E poi permetteteci, se per validare il concetto di democrazia ci dobbiamo ancora trovare di fronte la Gelmini, la Carfagna, Sacconi, Calderoli, Frattini, Tremonti, Brunetta, Gnazio e Caspar meglio la dittatura dei tecnocrati: una sana, onesta, consapevole, accademica compagine ministeriale che ci ridia un po’ di dignità chiedendo ai cittadini di contribuire al risanamento dell’Italia secondo le proprie possibilità. Una piccola fisima, e se alla cultura, finalmente, mettessimo un poeta, uno scrittore, un regista cinematografico. Se alla cultura Monti chiamasse Claudio Abbado sarebbe tanto grave? La fregatura è che Galan chiederebbe: “Abbado chi?”.

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