La coda dello scorpione

Da Paultemplar

Kurt Baumer, un uomo d’affari, muore in un incidente aereo; il velivolo su cui viaggia esplode mentre è in volo.
Sua moglie Lisa, mentre tutto ciò accade, è a letto con con il suo amante Philip; riceve una telefonata che la informa della triste notizia, così, qualche giorno dopo, viene convocata dalla compagnia di assicurazioni con la quale Kurt Baumer ha stipulato un’assicurazione sulla vita, con un premio di 1.000.000 di dollari.
La donna quindi si reca ad Atene, presso l’agenzia della capitale greca, nella quale è disponibile la somma che le spetta, tallonata da Peter Lync, un agente della compagnia incaricato di verificare l’estraneità della donna nella morte del marito.

Evelyn Stewart è Lisa Blummer

Ad Atene, Lisa viene contattata da Lara Florakis, un’amante di suo marito, che le chiede di dividere la somma che la donna ha riscosso, ricevendone in cambio un fermo diniego.
Inspiegabilmente, Lisa chiede di riscuotere l’intera cifra in contanti, ma la cosa le diventerà fatale, perchè mentre è in albergo, viene barbaramente uccisa, mentre il denaro scompare.

Morte di un ricattatore….

… e morte di Lisa

Da quel momento gli avvenimenti prendono un ritmo incalzante: Peter viene avvicinato da Cleo Dupont, una bella e affascinante giornalista alla ricerca di scoop, e ben presto i due diventano amanti.
Nel frattempo muore assassinata Lara Florakis, mentre la polizia insegue il fantomatico assassino, che sembra un’ombra inafferrabile.
Anche l’Interpool si muove, e mette sulle tracce di Peter e più in generale, su quelle dell’assassino di Lisa un suo agente, che ben presto si convince che in realtà Baumer non è morto, ma ha simulato l’incidente per riscuotere l’assicurazione.

Anita Strindberg è Cloe

L’agente Interpool e il commissario greco Stavros, però, seguono anche Peter, che a loro giudizio è coinvolto in qualche modo nei vari omicidi; così tra vari colpi di scena si arriva alla soluzione finale.
La coda dello scorpione, diretto da Sergio Martino nel 1971, è un buon thriller, caratterizzato da una trama ben congegnata e arricchita da colpi di scena, sopratutto nel finale quando la matassa si dipana.

Se la storia non è propriamente originale, Martino supplisce a questa mancanza con tanto mestiere, avvalendosi anche di un buon cast, nel quale figurano George Hilton, l’investigatore della compagnia di assicurazioni ambiguo e dongiovanni, Evelyn Stewart, che interpreta Lisa Baumer con sufficente bravura, la bella e affascinante Anita Strindberg,

Janine Reynaud è Lara Florakis

che interpreta Cleo, che alla fine sarà l’unica a salvarsi giustamente la pelle; bene anche gli attori di contorno, con la solita sicurezza di Luigi Pistilli, il commissario Stavros e di Janine Reynaud nella parte di Lara Florakis.
Ottimo anche Alberto de Mendoza nel ruolo di John Stanley.
Film scorrevole, nel quale Martino sceglie non a caso di puntare più sulla trama e sul suo sviluppo piuttosto che sui soliti elementi di contorno, come gli effetti splatter o le solite scene gratuite di sesso.

Difatti nel film mancano sia i primi che le seconde; di sangue non se ne vede, se non nei vari omicidi, e di sesso non c’è nemmeno l’ombra, fatti salvi due momenti in cui la Stewart e la Strindberg sono in intimità con i rispettivi compagni.
Ma sono davvero scene da educande.
Segnalo la bella sequenza in cui Janine Reynaud viene inseguita in casa e uccisa davanti alla finestra,carica di tensione; ricorda moltissimo quella successiva girata da Dario Argento nel suo Profondo rosso, in cui la sensitiva viene uccisa dal suo assassino e muore con la gola tagliata dai vetri della finestra.

Una delle vittime sul tavolo dell’autopsia

Qui manca l’elemento dei vetri in frantumi, ma in pratica la scena è pressochè uguale.
Impeccabile il commento sonoro di Bruno Nicolai, impeccabile la fotografia, impreziosita dalla location greca.
Il finale, a sorpresa ma non più di tanto, è forse l’unica nota stonata del film; l’inseguimento tra le rocce appare poco coinvolgente, così come la soluzione dell’enigma.
Ma davvero era pretendere troppo da un prodotto senza ambizioni particolari e che invece si traduce in una lieta sorpresa.

La coda dello scorpione, un film di Sergio Martino. Con Luigi Pistilli, George Hilton, Evelyn Stewart, Anita Strindberg Giallo, durata 92 min. – Italia 1971.

George Hilton     …     Peter Lynch
Anita Strindberg    …     Cléo Dupont
Alberto de Mendoza    …     John Stanley
Ida Galli    …     Lisa Baumer (come Evelyn Stewart)
Janine Reynaud    …     Lara Florakis
Luigi Pistilli    …     Commissario Stavros
Tom Felleghy    …     Mr. Brenton
Luis Barboo    …     Sharif
Lisa Leonardi    …     Hostess (come Annalisa Nardi)
Tomás Picó    …     George Barnet


Piccolo gioiello del “giallo” italiano, girato con eleganza e stile, caratteristiche -queste- riscontrabili nel Martino “touch”. Il film, pur subendo l’influenza del giallo (come titolo allude) alla “Dario Argento”, si distingue per una narrazione ibrida: c’è il noir, c’è l’erotismo tipico del Lenzi “paranoico” e ci sono interpreti che offrono, con rara intensità, performance indimenticabili (Hilton, Strindberg, Pistilli e la Stewart). Né mancano una buona dose di cinema estremo (l’omicidio con bottiglia) e una bella soundtrack.

Altro buonissimo lavoro di Sergio Martino, che compensa l’incolmabile lacuna della defezione di Edwige (ma le signore presenti sono di gran classe) con la consueta accuratezza della messa in scena. L’ambientazione greca fa scattare nei veterani sceneggiatori (in anticipo sul Davinotti) il gioco delle associazioni, in particolare con i nostri thriller spionistici degli anni ’60 spesso ivi ambientati (tout se tient). La trama si incasina un po’, ma poco male. Ottimo Hilton. Eccellente riuscita

Discreto cast, discreta sceneggiatura, risultato, un discreto giallo, senza particolari pretese, con un considerevole numero di ammazzamenti (praticamente, una strage per un malloppo, giustificata solo in parte con la classica frase della vittima “Sei pazzo!”). Le uccisioni sono piuttosto cruente e anche realistiche (taglio della gola, coltellata nello stomaco, coccio di bottiglia nell’occhio…) e la colonna sonora è decente (la cosa più interessante e riuscita è la credo corda di violino pizzicata prima dell’uccisione). Un’occhiata la merita, ma non va al di là del prodotto ben presentato.

L’intricato plot gastaldiano si dispiega su una struttura narrativa simile a Psyco, nella quale l’abile mano registica di Martino inscena feroci omicidi di derivazione argentiana non estranei pure all’estetica di Bava; ad Argento si allude, quasi ironicamente, anche con il riferimento al famoso “particolare rivelatore”. Il cast è buono e Hilton, specie nel finale, riserva una delle sue prove migliori; Pistilli è un commissario amante dei puzzle e la Strindberg occupa degnamente il trono lasciato vacante della Fenech.

Martino dirige un ottimo giallo di stampo argentiano, con bravura innata. La confezione è ottima (basta citare solo la musica di Bruno Nicolai) e il regista può contare su un cast di eccelenti attori specialisti del genere (Strindberg, Hilton, De Mendoza, Pistilli, ma anche i bravi Janine Reynaud, Ida Galli e Luis Barboo). Una volta tanto la soluzione finale funziona alla perfezione con un movente solido (i soldi). Una vera e propria prova di regia l’omicidio della Reynaud. Tom Felleghy è un notaio.

Martino è forse colui che ha sfornato i gialli migliori negli Anni Settanta: storie semplici, comprensibili, girate divinamente, con un estremo gusto per l’inquadratura e sottili omaggi-citazioni. Prova ne è questo giallo esotico a metà strada tra Bava e Argento, ma che passa anche attraverso snodi narrativi colti, come l’ingrandimento fotografico preso da Blow Up  di Antonioni. È un giallo quasi spionistico (con echi di 007!) che pare un’avventura di Diabolik, iconicamente evocato nella figura dell’assassino.

Buonissimo giallo che parte leggermente in sordina per poi salire sempre più di ritmo, con una notevole mezz’ora finale. Interpretato piuttosto bene, vede la presenza di un cast di tutto riguardo, con un George Hilton veramente strepitoso. Locations suggestive.



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