Mi sono ripromesso di non mettere mai piede a Torino (quant'è bella Torino, mi son dovuto ricredere), né a Napoli (quant'è bella Napoli, ho dovuto ammettere). Mi sono vietato, solennemente, di tifare un giorno in più aèsseroma.
(Lumache non ne mangerò più. Martini rosso non ne berrò più)
Le ho detto che avrei conservato per sempre il suo sapore (che gusto aveva, il mio primo bacio?), e che certo, mi sarei ricordato di lei per tutta la vita (com'è che si chiamava?). Ho promesso eterna fedeltà al sacro vincolo dell'amicizia (abbiam poi fatto a cazzotti, e ci siam persi di vista, come sempre capita) e sempiterna astinenza dalla carne alla bragia, dopo quel libro di Rifkin. Mi son legato al collo chiavi che ho poi perso, e al dito rancorosi reprimenda che si son liquefatti nell'oblio, sfilacciandosi.
Ho urlato con le vene del collo rigonfie che no, un cane mai (finché poi, un giorno che c'era neve, Lapo Cronopio), e semmai, casomai, gl'avrei mica voluto del bene (passo una mano leggera sul suo muso, mentre lecca i tasti del laptop).
Ho fermamente sostenuto la mia contrarietà ai blog, alla pubblicazione delle ròbe che scrivevo, al fegato alla veneziana, a ogni genere musicale che fosse diverso dal rap, al teatro, all'epistolarietà, ai diari, al lavoro, ai partiti di sinistra moderata, all'università, all'inutile occupazione dello stirare.Tornando, per ogni aspetto, rispettivamente, certune volte col naso tappato, sui miei passi.
Mi sono convinto che non mi sarei mai innamorato. E che casomai non sarebbe stata una cosa seria, e avrei sofferto moltissimo. E che casomai non mi sarei mai sposato. Soprattutto, che non l'avrei mai fatto in chiesa.
Perché su certe ròbe, io, vedete, ècco: non transigo.Se c'è qualcosa di veramente fondamentale, è la coerenza, alla fine della fiera.
[come oggi, un anno fa, con Chiara, è stato facile, essere incoerenti: sì, sì, insomma, giàssai]