Siccome mi sto togliendo i sassolini dalla scarpa e siccome posso anche prender come scusa che è l'acidità di stomaco che ancora mi fa male, aggiungo l'ultimo carico alla questione della pornografia del dolore. Così mi confermo cuor di pietra una volta per tutte.
Le candele. Le fiaccolate simboliche. Le preghiere al piccolo angelo che non è più tra noi. La corsa al ci-sono-anche-io-e-forse-sono-più-straziato-di-te-perché-mentre-scrivevo-questo-post-sul-blog-o-in-bacheca-piangevo-e-tu-non-sai-nemmeno-quanto. Mi stomacano. Sarà che per indole ho una percezione molto intima e privata del dolore, tendo a interiorizzarlo e a considerare l'interiorizzazione una giusta necessità, da salvaguardare da tutte le pur buone intenzioni. E' la corsa al dolore collettivo che rifuggo. Quel dolore collettivo che non porta conforto a nessuno. Preferisco la muta preghiera, per chi l'ha nel cuore. E la riflessione che cerchi di sondare le radici di quel male che vive nel mondo. Altrimenti è solo un miserevole dolore. Privo anche di misericordia.