La colpa degli Aquilani

Creato il 11 giugno 2012 da Laperonza

Entrare a Collemaggio a L’Aquila è sconvolgente. Non te lo aspetti un colpo così duro perché, procedendo verso la Basilica, vedi la facciata integra e nulla può prepararti a quello che ti attende all’interno, a quella luce chiara al posto di quella diffusa che ci dovrebbe essere, a quelle colonne tenute insieme da fasce di ancoraggio gialle, a quei basamenti mutilati. Si resta senza parole perché non ci sono parole davanti al transetto distrutto e al rumore che fa il vento che sbatte contro i fogli di plexiglass che fanno da tetto.

Vedere L’Aquila fa male. Fa male perché, passo dopo passo, l’impressione che si sta camminando all’interno di una città morta diventa convinzione. E monta la rabbia nel constatare che gli Aquilani, popolo fiero, onesto e laborioso, diventano pietra di paragone per la virtù dei terremotati, nel confronto col Friuli ricostruito e con le Marche e l’Umbria rinnovate e lo saranno per l'Emilia che verrà aiutata con maggiore attenzione di quanta ne ha avuta la città di Celestino V.

Cade sugli Aquilani la colpa di chi ha sperperato quei quattro soldi destinati a guarire le ferite di una città splendida per realizzare quello che, nella mente malata di chi ci ha governato fino a poco fa, era chiamato “new town” e che si traduce in quegli orridi scatoloni prefabbricati che costeggiano la Statale 17 e che hanno tolto le ultime risorse per far rivivere la città, quella vera.

Ci si dimentica la pioggia di soldi che ha investito Marche, Umbria, Friuli dopo i rispettivi terremoti e che venivano distribuiti come a seminare il grano anche dove non c’era bisogno. Ci si dimentica che, invece, a L’Aquila i soldi sono serviti per il G8 più stupido della storia e per le tante passerelle televisive del nano di Arcore.

Ed eccoli là i puntellamenti eretti tre anni fa dai Vigili del Fuoco di tutta Italia per mettere provvisoriamente in sicurezza le mura castellane e che nessuno ha potuto rimuovere. I riflettori sono spenti da tempo. C’è un gran silenzio intorno alla Fontana delle 99 Cannelle. Il cartello pubblicitario di un ristorante che invita improbabili clienti. Qualche turista temerario. E qualche Aquilano. Li riconosci dall’espressione del viso gli Aquilani: non sorridono, sembrano rassegnati. Speriamo non lo siano davvero.

Luca Craia


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