La compassione per il personaggio

Da Marcofre

Bisogna sempre diffidare delle “lezioni”, cioè di chi afferma di avere in tasca LA soluzione capace di indicare ad altri come scrivere. L’ho già ribadito su questo blog un milione di volte, più o meno. È bene stare lontani da quanti dicono: “Devi fare così”. Costoro desiderano solo creare delle copie di loro stessi, mentre un bravo insegnante (di scrittura, ma non solo), offre un metodo. Indica la posta in palio.

Per gli aspetti pratici, la risposta è sempre e comunque: “Arragiantevi”. Se qualcuno desidera trovare delle soluzioni “chiavi in mano” farà la fortuna di qualche furbone che offrirà (indovinate un po’?) un corso di scrittura proprio per svelare i segreti su “Come costruire best-seller in poco tempo e di sicuro successo”.
Il bravo insegnante (di scrittura), agisce per sottrazione. Nella testa di chi vuole pubblicare, ammuffiscono già abbastanza fesserie, e aggiungerne altre non risolve certo la situazione.

Parliamo di personaggi? Proviamoci, ma senza esagerare. Cominciamo col dire che non devono essere “felici”, né tristi o idealisti. La qualità che deve risaltare alla prima occhiata è la genuinità. Devono essere reali, il che significa che hanno le unghie lunghe e pure sporche, sono canaglie o vigliacchi, si ficcano le dita nelle orecchie e ci lavorano a lungo mentre sbadigliano, e via discorrendo.
Tutto questo per far intendere a chi legge che è necessario, o se preferite indispensabile, che il personaggio sia di carne e sangue, e risalti con la necessaria personalità.

Chi scrive non deve essere troppo schizzinoso; ci sono in giro già un buon numero di lettori con la puzza sotto il naso che stilano pagelle. In realtà non sono lettori ma maestrini (falliti), che non perdono occasione per sottolineare come il personaggio sia brutto, sporco e cattivo, e l’insieme della storia troppo cupo.
Se ci si mette pure lo scrittore siamo fritti.

Attenzione. Un personaggio reale non vuol dire creare un comodo capro espiatorio per sé o gli altri, anzi. Anche se compie delle azioni riprovevoli, oppure che noi mai potremmo nemmeno immaginare nella nostra fantasia più sfrenata, l’atteggiamento giusto da adottare nei suoi confronti immagino sia: compassione.
Tutto il resto è affare del lettore; chi scrive deve rendere nitida e bella ogni parola, e come impegno mi pare abbastanza duro da rispettare.

Non scordiamoci poi, che ci sarà sempre qualcuno (più di uno in realtà), che capirà fischi per fiaschi. Mi rendo conto che forse ci sono da chiarire un paio di cose.

La prima: ma allora chi scrive è “sganciato” da qualunque etica o morale che dir si voglia? No, ce l’ha, sono persuaso che se scrive in un certo modo, ne abbia persino troppa. Imbarcandosi nella letteratura, cosa potrà seriamente attendersi? Poco o nulla. Se non lo fa per il denaro, la fama e via discorrendo, probabilmente ha un “motore” da qualche parte che spinge verso quella direzione.
Però costui ha anche sufficiente sale in zucca per capire che il lettore non compra un libro per leggere la sua visione del mondo. Anche se tanti lo vorrebbero.

La letteratura non è saggistica o filosofia, ma è davvero un’altra faccenda.

C’è più etica o morale in un verbo messo nel posto giusto al momento giusto, che in un consiglio di amministrazione di una fabbrica d’armi. Chi scrive deve scegliere: l’arte o no? Se la sua opera sarà una tensione costante verso l’arte, può anche scrivere di un mostro che vive nelle fogne della cittadina di Derry. Ma lo farà dall’interno di un’etica intransigente, che ha dichiarato una guerra senza quartiere alla superficialità, all’approssimazione, alla lingua sciatta e volgare.

La seconda faccenda da liquidare prima di chiuderla con questo noioso post, è quella a proposito della compassione verso i personaggi. Si tratta di un termine in disuso, e che suona male. Ma suona male solo perché pochi ne conoscono il significato.
Chi scrive deve esserci sulla pagina, e infatti c’è eccome, perché virgole e punti e virgola e parole, sono frutto del suo lavoro (anche dell’editor d’accordo: ma capiamoci!).

Per nessuna ragione al mondo ricorrerà a scorciatoie o a effetti facili per strappare il consenso, o condannare. Rispetterà sempre e comunque il personaggio, anche se nella vita quotidiana faticherebbe a restare tanto “neutrale”.
La conclusione? Cosa volete che vi dica: è una faticaccia.