La comunicazione di Taranto tra rinascita e programmazione

Creato il 03 luglio 2013 da Greeno @greeno_com
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Facciamo un piccolo esperimento. Chiudete gli occhi e ponetevi una domanda: cosa vi viene in mente appena sentite nominare Taranto?

Il 99% delle persone a cui viene posta questa domanda risponde, senza ombra di dubbio, “Ilva” o “inquinamento” o “lavoro” o “polemiche”.

E in effetti, nel corso dell’ultimo anno il capoluogo jonico è salito alla ribalta della cronaca per le vicende legate al più grande stabilimento siderurgico italiano.

Sui telegiornali, la carta stampata e in programmi di inchiesta come Report e Servizio Pubblico, si è discusso a lungo sull’impatto che la produzione dell’Ilva ha (e ha avuto) sullo sviluppo del territorio tarantino e la salute dei suoi abitanti. L’azienda, infatti, più volte è stato accusata di non rispettare le disposizioni per la tutela ambientale, inquinando non solo l’aria della città, ma anche l’acqua.

Conseguenze: Taranto è stata presentata all’opinione pubblica come una città malata, priva di qualsiasi altra possibilità di sviluppo e attrattiva.

Conseguenze: Taranto è scivolata al 12° posto tra le destinazioni turistiche della regione, con appena 65.000 arrivi rispetto ai poco meno di 300.000 di Bari e gli oltre di 190.000 Lecce (dati PugliaPromozione, riferiti all’anno 2011).

Conseguenze: sono rimaste inespresse le potenzialità naturalistiche, culturali ed enogastronomiche del territorio, che invece potrebbero contribuire ad incrementare l’awareness del brand Puglia ed accrescere il PIL di una Regione che, per quasi l’8% del suo PIL complessivo, vive di attività e servizi legati al turismo (dati Banca d’Italia, 2013).

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«Di Taranto  – ha spiegato il presidente della Regione Puglia in un videomessaggio – si parla prevalentemente per dirne i dolori e le pene, ma è anche una delle città più belle del Mediterraneo. Il capoluogo ionico e la sua provincia sono una delle destinazioni più inconsuete, ma anche più sorprendenti che un viaggiatore possa incontrare. Per questo Taranto vale la pena di essere scoperta».

Da qui prende le mosse la campagna “Questa è Taranto”, realizzata per conto di PugliaPromozione, l’Agenzia Regionale del Turismo Pugliese. Duplice l’obiettivo: in primo luogo, riqualificare l’immagine di Taranto, diffondendo nell’immaginario collettivo l’idea che Taranto non è solo veleni e inquinamento, ma anche una città ricca di storia, cultura, tradizioni, mare. In secondo luogo, lanciare il territorio della Magna Grecia e della Costa Ionica, di cui Taranto costituisce il fulcro, quale prodotto del brand of experience Puglia.

Perciò, si sono scelte immagini che non hanno bisogno di commenti e che mostrano un nuovo punto di vista sulla città, invitando a scoprire tutte le ricchezze di cui è piena.

Perciò, si è optato per uno slogan (“Questa è Taranto“) che si presta a due livelli di lettura: nel primo, il deittico, si asserisce che la terra ionica è fatta di mare, buon cibo e sole; nel secondo, l’oppositivo, si postula una contrapposizione tra “quella” Taranto dell’inquinamento e “questa” delle tante ineguagliabili bellezze. Il “tono di voce” è quello dello stesso tarantino che, consapevole delle difficoltà che attraversa la sua città eppure stanco di vivere sotto una cappa mediatica per cui esistono solo inquinamento e scandali, mostra con orgoglio la sua volontà di rinascere, facendo leva sulle tante risorse pulite della sua terra.

A chi parla questo tarantino doc? Parla a tutti «gli italiani, con un focus particolare per i giovani nuclei familiari, residenti principalmente nelle regioni del Nord. Il turista a cui rivolgere le azioni di comunicazione ha un livello di cultura medio alto, si informa su Internet e pondera le offerte con attenzione, poiché è disposto a spendere solo il giusto prezzo per una vacanza senza eccessi ma pur senza rinunciare alla qualità. Tale turista è in grado di spostarsi con la sua automobile per un soggiorno di una settimana. Cercherà inoltre un modello di vacanza slow e non di massa, alla scoperta dell’autenticità dei luoghi, delle tradizioni e del cibo locale» (dal brief di Pugliapromozione).

Non sorprende, quindi, che nel media planning si sia optato per le grandi stazioni italiane, le aree di servizio delle autostrade, i taxi di Roma e Milano. Grande peso, inoltre, è stato dato a web e social network, i canali su cui la Puglia, in tutte le sue recenti attività di promozione del territorio, ha deciso di puntare con maggiore forza, cercando di valorizzarne l’enorme potenziale di condivisione.

E proprio sulla Rete si è alimentato il dibattito sulla campagna. C’è che l’ha criticata perché «Riduttiva e scontata» (così commenta un utente su Youtube) e chi, invece, è felice che «Ah! Finalmente è suonata la sveglia», mentre su Twitter l’hashtag #questaètaranto colleziona i primi cinguettii. La città dei due mari, divisa tra industria e territorio, non sfugge neanche in questo caso al suo innato essere duale.

Eppure questa riappropriazione del flusso comunicativo, prima conseguenza della riscoperta del senso di comunità (a cui, indiscutibilmente, la campagna contribuisce), non può che essere un primo passo.

Perchè, come ci piace ricordare attraverso le pagine di Greeno, “comunicare la comunicazione” è un’operazione ridondante e priva di senso. Perché la comunicazione possa produrre effetti reali, essa deve trasformarsi in “pratiche virtuose”. Che, nello specifico caso di Taranto, significa abbracciare una visione lungimirante, che si traduca in azioni strategiche mirate; significa avviare una programmazione rigorosa e partecipata, capace di coinvolgere tutti gli operatori (gli economisti direbbero gli stakeholder) che, a vario titolo, agiscono sul territorio.

E chissà che, seguendo questa via, territorio, storia e cultura non diventino finalmente in grado di alimentare un’economia alternativa, in cui immaginario, immagine e immaginazione si ricompongono in un paradosso non impossibile da sciogliere.


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