di Cristiano Abbadessa
La conferenza stampa a Palazzo Marino ha praticamente segnato l’avvio del primo Festival della Letteratura di Milano. Certo, gli eventi inizieranno mercoledì per concludersi domenica, ma questa prima uscita pubblica di organizzatori e promotori va, per la particolare storia di questa manifestazione, ben al di là della semplice passerella preparatoria.
Come è nato il festival, chi ci segue lo sa. E la vera peculiarità di questa rassegna sta, come è emerso anche in conferenza stampa, proprio nella sua genesi e nei progenitori. In questo primo assaggio ufficiale un po’ tutti gli intervenuti si sono anche dilungati, ciascuno dal proprio punto di vista, a sottolineare altri significati e a mettere a fuoco alcuni dei contenuti più importanti. Ma la parola che più è riecheggiata nel corso della conferenza, non a caso, è stata “diversità”. Vi hanno fatto riferimento i politici (gli assessori Stefano Boeri e Pierfrancesco Majorino), i rappresentanti dell’organizzazione (Milton Fernandez e Cristiana Zamparo), la principale voce di promozione culturale (Daniela Padoan), declinando il sostantivo in tutti i possibili significati pertinenti ai temi e agli eventi del festival.
Mi pare però, e lo si leggeva sottotraccia in tutti gli interventi e nell’atmosfera generale, che la vera diversità caratterizzante stia nella storia stessa di questa manifestazione, nata dal basso, per impulso di alcuni attori del mondo editoriale (non tutti con le medesime funzioni), al di fuori del circuito della grande editoria e qualche volta persino in contrasto e in polemica con esso (seppure in forme e in ambiti non eclatanti). La vera scommessa, ora, sta nel trasferire la grande energia che molti hanno messo nel far nascere l’iniziativa (e che metteranno nel farla funzionare) in un segnale tangibile della vitalità culturale e della qualità della proposta artistica e letteraria che questo “sommerso” è in grado di produrre.
In questo senso, proprio la conferenza stampa interpella in modo diretto e non equivoco il mondo della comunicazione (quella ufficiale e tradizionale), che resta ad oggi sempre determinante nel decretare il successo o il fallimento di una pubblica iniziativa. I giornali, le tv, i siti internet di maggiore prestigio dovranno mostrare con chiarezza in quale modo si pongono di fronte a una rassegna che ha messo in gioco intelligenze e risorse, che ha saputo produrre quasi novanta eventi, che ha coinvolto tanti protagonisti della vita culturale milanese ma che nulla ha potuto investire in promozione o in immagine, che non ha sponsor potenti e nomi da dare in pasto, che si caratterizzerà per una sobrietà obbligata dalle ristrettezze. La capacità di discernimento sarà qui decisiva, perché non c’è possibilità di andare pigramente a rimorchio di un battage pubblicitario e di fare informazione velinara, ma necessita la voglia di curiosare e scoprire, vagliare e giudicare, mettendo in gioco fiuto e competenza.
La seconda parte della scommessa riguarda invece l’organizzazione e i protagonisti (editori, autori, artisti, librai, gestori di spazi culturali pubblici e privati) degli eventi. Perché, inutile nasconderselo, il successo dell’iniziativa sarà infine decretato non solo dall’intelligenza di quel che si mette in scena ma anche, e soprattutto, dalla risposta del pubblico. Sarà indispensabile riuscire ad andare oltre la passione dei partecipanti e la loro capacità di coinvolgere in forma diretta i giri più o meno amicali, affidandosi pur sempre al lavoro di relazione personale; il festival si propone di aprire la letteratura alla città e di andarle incontro, e inevitabilmente la misura del suo successo sarà data dalla capacità di radunare agli eventi persone “estranee”, che poco o nulla sanno dei protagonisti ma che vengono attratte dalla proposta, dai temi, dalle performance.
È chiaro che le due sfide sono in qualche modo collegate. La qualità della comunicazione (dall’organizzazione ai media, e da questi al grande pubblico) sarà il primo fattore determinante nell’adesione popolare, o meno, all’iniziativa. Ma credo che ci siano anche proposte in grado di per sè di accendere la fiammella della curiosità, di coinvolgere interessati e di convogliare pubblico, anche in mancanza del supporto di un battage mediatico che non tutti gli eventi in cartellone avranno.
Finora, con grande vitalità, i protagonisti del festival hanno dimostrato di avere fra loro molto da dirsi, da raccontarsi e da costruire insieme. Da domani devono dimostrare di non essere un circuito autoreferenziale, ma di essere davvero, come fermamente crediamo, i portatori di una pluralità di proposte culturali che meritano di trovare appassionato ascolto e partecipazione.